2024-06-19
Il Colle corre in soccorso dell’Eliseo sull’unione di mercati e Difesa
Sergio Mattarella sposa le tesi di Emmanuel Macron e parla della necessità di dare più poteri a Bruxelles. Ma il voto prova che gli europei vogliono il contrario. Non manca poi l’attacco contro le presunte fake news russe.Unione finanziaria, esercito europeo, lotta alle fake news russe. «Perché è in atto una campagna di disinformazione insistente in tutta Europa». Da Chisinau, in visita ufficiale in Moldavia, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lancia il salvagente a Emmanuel Macron, prefigurando un’agenda della nuova Unione europea spalmata sui desiderata dell’uomo più sconfitto alle elezioni continentali. Sono tre e sono essenzialmente questi, come se la chiamata alle urne di due settimane fa non fosse mai avvenuta. Come se non fosse arrivato chiaro nei palazzi del potere il messaggio per un’Europa meno finanziaria, meno belligerante, meno fintamente ingenua e più vicina agli interessi dei cittadini.Secondo il capo dello Stato «per l’Unione è fondamentale darsi modalità decisionali che consentano di rispondere velocemente ai problemi, perché questi non aspettano i tempi di procedure lente e ritardate. È perciò indispensabile completare la dimensione finanziaria dell’Ue, perché non può restare incompleta una costruzione economico-finanziaria. Così come è indispensabile dar vita realmente e finalmente a una politica estera comune e di Difesa comune, sollecitata particolarmente oggi dall’aggressività della Federazione russa, ma che è sempre stata un’esigenza forte dell’Unione, ora moltiplicata nella sua necessità e urgenza ed è finalmente all’ordine del giorno. Questi compiti sono affidati ai vertici che saranno formati nelle prossime settimane e mesi».Accanto alla premier moldova Maia Sandu, Mattarella ha insistito sull’unione finanziaria, un’araba fenice osteggiata soprattutto dai tedeschi quando l’economia di Berlino doppiava tutte le altre. E storicamente vista con sospetto dai francesi, refrattari a sottostare a nuove regole comunitarie perché gelosi della loro sovranità nazionale. Poi Macron ha cambiato idea, ha inserito nel pacchetto europeista anche l’unione dei mercati nel tentativo di guidarli (come l’esercito) e improvvisamente il tema è diventato di stretta attualità. Per una coincidenza involontaria o forse no, le parole del presidente sono state replicate e ampliate in contemporanea dall’ad di Mediobanca Alberto Nagel all’apertura della decima edizione dell’Italian ceo conference. «Il mercato unico europeo dei capitali consentirebbe l’accesso a fonti di finanziamento più ampie, incluso il canale bancario, il capitale proprio, le obbligazioni e altri strumenti di finanziamento», ha sottolineato Nagel. «Favorendo gli investimenti, la diversificazione e la resilienza economica, l’unione dei mercati dei capitali non può che portare benefici ai cittadini, agli investitori e alle aziende. E non può che contribuire alla prosperità, alla stabilità e alla competitività a lungo termine dell’Europa. I singoli Paesi europei non possono camminare da soli, e quelli altamente indebitati ancora meno per via del Patto di stabilità. Inoltre la riforma tratterrebbe nella Ue i 300 miliardi di euro che fluiscono annualmente verso gli Stati Uniti».Tornando a Chisinau, Mattarella ha voluto esprimere vicinanza e ammirazione al popolo della Moldavia, nazione confinante con l’Ucraina che ha subito direttamente le conseguenze drammatiche della guerra, dall’impennata dei prezzi energetici all’afflusso massiccio dei tanti rifugiati, anche in transito verso l’Unione europea. E proprio lì ha tenuto a rimarcare che «completare la comunità europea in senso pieno è un’esigenza storica ineludibile. Quindi l’allargamento va promosso, realizzato, aiutando i Paesi candidati a raggiungere gli standard comunitari velocemente». Velocità ed efficacia - secondo il presidente - servirebbero anche contro le fake news russe (lui vede solo quelle, mentre il fenomeno è molto più ampio) «che si intensificano particolarmente nei momenti elettorali. Una diffusa tempesta di disinformazione, di falsità, volte tutte a screditare e destabilizzare anche nel nostro Paese, con iniziative attraverso alcuni siti permanenti, e con siti web che nascono e scompaiono velocemente. Sono forme di ostilità inaccettabili che richiederanno in sede di comunità internazionale delle regole di comportamento che riguardino il rispetto degli altri Paesi».A questo punto è partita la critica più bruciante del capo dello Stato a Bruxelles, alle pigrizie comunitarie, alla passività su temi cruciali. «C’è un’esigenza di velocità che riguarda i Paesi componenti l’Unione europea e quelli destinati a farne parte». Qui Mattarella ha voluto uscire dal protocollo e calarsi nella realtà problematica dei cittadini, di fatto stigmatizzando le ultime scelte pasticciate dell’Europa. «Nella vita quotidiana i problemi nascono velocemente e velocemente vengono sostituiti da altri. Quindi ciascuno di questi problemi richiede risposte immediate, tempestive. Se l’Unione europea non è in grado di fornire risposte immediate, tempestive, veloci, i problemi saranno risolti secondo le scelte di altri grandi soggetti internazionali». Vale a dire Stati Uniti, Cina, Big tech. Chi arriva ultimo parcheggia male.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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