2019-06-24
Cmc va in concordato in Italia. In Kenya attende l'inchiesta per corruzione
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La cooperativa e quarto gruppo di costruzioni in Italia ha ricevuto il via libera da parte del tribunale di Ravenna alla procedura di concordato preventivo, uno step importante per consentire la continuità aziendale. D'altra parte il problema a Nairobi, dove pende l'accusa di presunta corruzione internazionale. I vertici hanno versato extra Iva per 1,5 milioni e attendono i risultati delle indagini che vedono coinvolti quattro ministri del precedente governo Kenyatta.Da un lato la soddisfazione per l'ammissione al concordato preventivo, dall'altra il problema in Kenya, dove continuano le indagini per presunta corruzione internazionale. La situazione di Cmc Ravenna, cooperativa storica e quarto gruppo di costruzioni in Italia, prosegue tra alti e bassi. La scorsa settimana c'è stato il via libera da parte del tribunale di Ravenna alla procedura di concordato preventivo, uno step importante per consentire la continuità aziendale della cooperativa con la soddisfazione integrale dei creditori. A dicembre, va ricordato, erano sotto osservazione i cantieri siciliani, da cui dipendono 70 tra aziende appaltatrici e fornitori dell'isola e che da più di un anno vantano crediti da quasi 50 milioni di euro per lavori già effettuati con proprio con la coop di Ravenna. Ma soprattutto il passaggio giuridico in tribunale permette a Cmc di smentire le voci che la darebbero come un altro tassello di Progetto Italia, il nuovo grande gruppo di costruzioni proposto da Salini. Progetto Italia dovrebbe, in accordo con Cassa depositi e prestiti, salvare le nostre aziende del settore in difficoltà economica. Ma se in Italia la situazione pare tranquillizzarsi, nonostante i cantieri ancora in alto mare lungo la Penisola, a Nairobi i kenyoti non mollano la presa. Lo scandalo riguardante Cmc è legato alla costruzione di tre dighe che la cooperativa si è aggiudicata nel 2015. Il caso si è già trascinato via pezzi importanti della politica locale: quattro finora i ministri indagati. E la lista potrebbe ulteriormente allungarsi. Lato Cmc, il problema è che i giudici del Paese africano proseguono sul fronte economico. L'ultima causa contro l'Agenzia delle Entrate del Kenya (Kra) costerà a Cmc quasi 1,5 milioni di euro: secondo quanto stabilito dai giudici della Corte suprema di Nairobi, la cooperativa del ravennate dovrà infatti pagare l'Iva sui tre progetti delle dighe. La sentenza kenyota respinge la richiesta di rimborso che il dirigente di Cmc, Adriano Donadon, aveva sottoposto alla Corte. Per i giudici è stata fatta senza seguire la procedura prevista dalla legge e soprattutto omettendo l'esistenza di una richiesta identica pendente di fronte alla Commissione tributaria del Kenya (Commission of domestic taxes). La principale argomentazione si basava sul fatto che i finanziatori dei progetti per le dighe si trovano fuori dal Kenya (Bnp, Intesa Sanpaolo, Sace) e che i progetti avevano una classificazione giuridica speciale. Non è però bastato per farsi restituire l'Iva. Le inchieste su Cmc vanno avanti da mesi. E riguardano le commesse che furono vinte dal colosso delle costruzioni durante il governo di Matteo Renzi. Un contratto fu siglato nel 2014, gli altri due nel 2015, durante la celebre visita dell'ex premier con un giubbotto anti proiettili al fianco del presidente Uhuru Kenyatta. Il valore complessivo delle tre dighe è di oltre 800 milioni di euro. Le opere di Cmc – in joint venture con la società Itinera (gruppo Gavio) – rientrano in un mega piano di ridistribuzione dell'acqua in Kenya, una delle promesse elettorali proprio di Kenyatta. Ma solo nella diga di Itare, secondo i media locali, sarebbero cominciati i lavori. Nelle altre due, ad Arror e Kimwarer, invece, è ancora tutto fermo. Il caso è cominciato con un presunta tangente, di cui non è stato definito l'importo da parte degli investigatori, ma che farebbe parte dei 4,9 miliardi di scellini (corrispondente a circa 44 milioni di euro) transitati da una banca di Westland, quartiere di Nairobi dove vivono gli expat e hanno sede le principali multinazionali. Dopo i primi approfondimenti sulla banca, a metà febbraio circa, è cominciata appunto l'inchiesta che ha coinvolto anche quattro ministri in Kenya: Simon Chelugui, titolare del dicastero dell'Acqua, Henry Rotich del Tesoro, Najib Balala del Turismo e Mwangi Kiunjuri dell'Agricoltura. Sorprese giudiziarie potrebbero arrivare già nella prossima settimana. Giphy
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