
Il caso di Anzio rimette il sale su una ferita aperta del nostro sistema giudiziario: perché gli irregolari violentatori non si riescono a cacciare? Agli elettori interessa questo più che il lavorìo diplomatico con Ue e Africa. L’esecutivo deve rispondere il prima possibile.Accoglierli tutti? Davvero? Sempre? Non espellere nessuno? Nemmeno questo nigeriano di 32 anni che bivacca nel nostro Paese, che vive di furti e espedienti, e quando non sa cosa fare stupra una ragazza? Ce lo dobbiamo tenere? Ancora? Fino al prossimo stupro? Fino alla prossima violenza? Davvero c’è qualcuno che pensa, come i maestri del pensiero da talk show, che è da razzisti chiedere che questa gente non entri in Italia? O che, se entra, venga immediatamente cacciata? Davvero dobbiamo star qui ad aspettare l’Europa, gli accordi, la Tunisia, gli equilibri internazionali, le cene di gala e i comunicati finali dei vertici di Bruxelles, mentre nelle nostre città si aggirano liberamente immigrati clandestini che violentano e violentano e poi violentano ancora senza nessuna pietà? Mi piacerebbe sapere dove sono i buonisti dei salotti televisivi. Che cosa hanno da dire a loro discolpa. Se potessi li caricherei tutti insieme su un torpedone e li porterei ad Anzio, in quel sentiero di 200 metri tra la fermata dell’autobus e le case, dove il 12 maggio scorso è stata violentata una 19enne. Tornava a casa dopo una serata con le amiche. Gli scherzi, le chiacchiere, i sorrisi. E lo stupro. Un uomo l’ha aggredita proprio in quei 200 metri, l’ha trascinata fra i cespugli, l’ha derubata e ha abusato di lei. Ora quell’uomo ha un volto: è un nigeriano, di 32 anni, clandestino, quindi senza alcun diritto di rimanere in Italia. Nel 2016 era già stato arrestato per aver derubato e stuprato un’altra donna. Quindi, traduco: da sette anni teniamo serenamente nel nostro Paese un signor nigeriano che non dovrebbe star qui, e gli permettiamo di stuprare chi vuole, dove vuole e quando vuole. Davvero opporsi a tutto ciò significa essere razzisti? O, forse, non opporsi significa essere masochisti? Il nigeriano è stato arrestato alla stazione di Aprilia. Forse stava cercando di trasferirsi a Roma per confondersi nella massa di immigrati clandestini che zeppano le nostre città e che vengono tollerati come se fosse normale che intere zone del nostro Paese diventino proprietà dei balordi. Come se fosse normale aver paura a transitare attorno alle stazioni. Come se fosse normale che i parchi siano diventati i quartier generali di spacciatori e delinquenti. A questo proposito: un ministro dell’Interno ce l’abbiamo ancora? O si è disperso nella nebbia delle sue incaute dichiarazioni? Oltre a dire che l’insicurezza è soltanto percepita, che cosa fa? Il nigeriano è arrivato in Italia all’incirca una decina d’anni fa. Solito soggiorno nel centro d’accoglienza, poi nel 2016 stupro e rapina. Arresto. E ora di nuovo eccolo qui, libero di ripetere l’impresa. Ritenta e sarai più fortunato. Ma chi lo incontra non è fortunato. Per nulla. Ad Anzio, per dire, c’è una ragazza assai sfortunata che verrà marchiata a vita da questo strazio. Bisognerebbe almeno chiederle scusa. E non basterebbe neppure. C’è un dettaglio non irrilevante da aggiungere, infatti: a quanto pare, per la prima violenza il nigeriano 32 enne era stato processato e condannato. Ora domando: com’è possibile che una persona clandestina condannata per stupro, aggressione e rapina, torni libera così presto? Si può chiamare giustizia questa? La punizione per uno stupratore non dovrebbe essere leggermente più severa? E poi: com’è possibile che, una volta uscito dal carcere, un soggetto del genere non venga immediatamente espulso da questo Paese? Perché dobbiamo tenercelo? E soprattutto: fino a quando dobbiamo tenercelo? Il sospetto infatti è che anche stavolta finisca come l’altra. Processo, punizione lieve, breve soggiorno in carcere (a spese nostre), libertà, bivacco, nuovo stupro. Poche settimane fa è stato arrestato a Latina lo stupratore di un’altra ragazza. Rumeno, anziché nigeriano. Anche lui viveva per strada. Anche lui aveva precedenti. Anche lui è stato lasciato libero di ripetere l’impresa. Bisogna accogliere tutti, no? E qui viene il punto centrale della questione. Perché mentre continuano sbarchi su sbarchi, mentre il flusso degli arrivi aumenta a dismisura, triplicando rispetto agli scorsi anni e avviandosi a superare quota 200.000 a fine anno, beh, forse è venuto il momento di chiedere seriamente a questo governo, che fu messo subito sotto scacco a Cutro, di riprendersi, di scrollarsi di dosso la timidezza sul fronte immigrazione e di dare un segno di vita. In campagna elettorale era stata promessa linea dura, blocco navale e espulsioni. Questo si aspetta la maggioranza degli italiani. Hanno cambiato idea? Hanno paura di spiacere alle terrazze? O ai palazzi che contano? Hanno paura delle reazioni dei benpensanti? Si sono spaventati per le campagne preventive della sinistra? Capiamo tutto, per carità. Ma non pensino di poter continuare a raccontare la favola dell’Europa che adesso cambia passo e del modello Tunisia che insegna la strada da percorrere mentre nigeriani clandestini stuprano una donna dopo l’altra, liberi e impuniti per le strade del nostro Paese. Perché lì, fra i cespugli di Anzio, in quei 200 metri che hanno visto l’orrore, le promesse e le parole dei vertici di Bruxelles suonano maledettamente lontane. E chi sta ora al governo dovrebbe ricordarselo bene.
Chiara Ferragni (Ansa)
L’influencer a processo con rito abbreviato: «Fatto tutto in buona fede, nessun lucro».
I pm Eugenio Fusco e Cristian Barilli hanno chiesto una condanna a un anno e otto mesi per Chiara Ferragni nel processo con rito abbreviato sulla presunta truffa aggravata legata al «Pandoro Pink Christmas» e alle «Uova di Pasqua-Sosteniamo i Bambini delle Fate». Per l’accusa, l’influencer avrebbe tratto un ingiusto profitto complessivo di circa 2,2 milioni di euro, tra il 2021 e il 2022, presentando come benefiche due operazioni commerciali che, secondo gli inquirenti, non prevedevano alcun collegamento tra vendite e donazioni.
Patrizia De Luise (Ansa)
La presidente della Fondazione Patrizia De Luise: «Non solo previdenza integrativa per gli agenti. Stabiliamo le priorità consultando gli interessati».
«Il mio obiettivo è farne qualcosa di più di una cassa di previdenza integrativa, che risponda davvero alle esigenze degli iscritti, che ne tuteli gli interessi. Un ente moderno, al passo con le sfide delle nuove tecnologie, compresa l’intelligenza artificiale, vicino alle nuove generazioni, alle donne poco presenti nella professione. Insomma un ente che diventi la casa di tutti i suoi iscritti». È entrata con passo felpato, Patrizia De Luise, presidente della Fondazione Enasarco (ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio) dallo scorso 30 giugno, ma ha già messo a terra una serie di progetti in grado di cambiare il volto dell’ente «tagliato su misura dei suoi iscritti», implementando quanto fatto dalla precedente presidenza, dice con orgoglio.
Il ministro Nordio riferisce in Parlamento sulla famiglia Trevallion. L'attacco di Rossano Sasso (Lega): ignorate le situazioni di vero degrado. Scontro sulla violenza di genere.
Ansa
Il colosso tedesco sta licenziando in Germania ma è pronto a produrre le vetture elettriche a Pechino per risparmiare su operai, batterie e materie prime. Solito Elkann: spinge sull’Ue per cambiare le regole green che ha sostenuto e sul governo per gli incentivi.
È la resa totale, definitiva, ufficiale, certificata con timbro digitale e firma elettronica avanzata. La Volkswagen – la stessa Volkswagen che per decenni ha dettato legge nell’industria dell’automobile europea, quella che faceva tremare i concorrenti solo annunciando un nuovo modello – oggi dichiara candidamente che intende spostare buona parte della produzione di auto elettriche in Cina. Motivo? Elementare: in Cina costa tutto la metà. La manodopera costa la metà. Le batterie costano la metà. Le materie prime costano la metà. Persino le illusioni costano la metà.






