2020-12-23
Citato in giudizio e attaccato da M5s. Adesso Speranza inizia a vacillare
Il comitato dei familiari delle vittime di coronavirus lo chiama in causa davanti a un giudice. E persino gli alleati chiedono la sua testa per via delle misure di protezione mancanti: «Conte deve rimuoverlo»Dopo il ricorso di Fdi, l'avvocatura dello Stato finalmente lo mette nero su bianco: non esiste alcun protocollo «completo e formale» oltre a quello vecchio di 14 anniLo speciale contiene due articoliFedele a quel suo cognome che, sin dall'inizio della pandemia, ha avuto un suono beffardo, il ministro della Salute Roberto Speranza continua a non scomporsi. Non risponde, non spiega, non dà chiarimenti. Magari starà persino scrivendo il seguito del suo libro: Perché siamo guariti, immancabile secondo capitolo del già leggendario Perché guariremo, ritirato prima ancora di uscire per manifesta intempestività. Lo scandalo del report dell'Oms censurato, la vergogna del piano pandemico mai aggiornato dal 2006 e della mancata applicazione di quello vecchio, i verbali della sua task force secretati e negati ai parlamentari dell'opposizione che vorrebbero consultarli: nulla, finora, ha indotto Speranza a uscire dal suo splendido isolamento fatto di sorrisetti, raccomandazioni paternalistiche e fuga dalla trasparenza. Peccato che ignorare i problemi si riveli sempre un pessimo modo per farli sparire. E così, adesso, sul serafico ministro si abbatte anche il fuoco amico. «Se nel governo della salute pubblica la responsabilità politica non è un'opinione, davanti alle inchieste di Report e alle dichiarazioni del ricercatore dell'Oms Francesco Zambon che il programma Rai ha trasmesso ieri sera (lunedì, ndr), il presidente del Consiglio Giuseppe Conte deve sostituire subito il ministro della Salute». La bordata non arriva dai banchi di Fratelli d'Italia o della Lega, ma da quelli della maggioranza. A chiedere la testa di Speranza è infatti il deputato del M5s Francesco Sapia, che alla Camera siede in commissione Affari sociali e che sull'argomento ha presentato un'interrogazione allo stesso Conte. L'esponente grillino non le manda a dire: «Di fronte al dolore, alla sofferenza e alla crisi sanitaria, economica e sociale del Paese, non è ammissibile che vi siano sospetti di condizionamenti politici dell'Oms, chiamata a svolgere un ruolo essenziale per la tutela della salute pubblica. La vicenda raccontata dalla stampa è troppo grave, per cui va affrontata con azioni immediate, compresa, come ho chiesto nella mia interrogazione al presidente Conte, la verifica di eventuali responsabilità dirigenziali all'interno del ministero della Salute». Per Sapia, «qui ci troviamo innanzi ad un problema serissimo, che rischia di compromettere la credibilità dell'intero governo italiano. La questione è molto più grave di quella per cui si dimise il commissario alla Sanità calabrese, Saverio Cotticelli. Ritengo», incalza l'onorevole pentastellato, «che il ministro Roberto Speranza non possa più restare al suo posto. La politica deve dare segnali inequivocabili, intanto ai più alti livelli istituzionali». Certo, ai grillini si potrebbe pur sempre ricordare che per circa 16 mesi al ministero della Salute c'è stata una di loro, Giulia Grillo, senza che anch'ella mettesse mano al piano pandemico. Ma, coerenza a parte, la presa di posizione resta forte. È tuttavia probabile che presto non siano solo le aule della politica a ospitare le spiegazioni di Speranza, ma anche quelle della giustizia. Il comitato dei familiari delle vittime del Covid ha infatti citato in giudizio il ministro della Salute, Giuseppe Conte e la Regione Lombardia «per aver leso il diritto alla salute ed alla vita costituzionalmente garantito». Il testo della citazione è un vero atto d'accusa contro le istituzioni. «È evidente, è incontestabile, è un obbligo morale e giuridico», vi si legge, «stabilire quali responsabilità vi siano state in una gestione della pandemia che ha provocato una strage, che ha provocato migliaia di morti che reclamano verità e giustizia e prima ancora chiarezza». Sul fronte governativo, l'attenzione del comitato e dei suoi legali si concentra proprio documento pubblicato e poi rimosso dall'Oms e sulle rivelazioni che esso conteneva in merito al nostro piano pandemico. Secondo la citazione in giudizio, «è un dato incontrovertibile, ormai, l'assenza di un piano pandemico italiano adeguato così come risulta inconfutabile che se ci fosse stato un piano pandemico adeguato ed aggiornato secondo le direttive date dal Parlamento europeo a far data dal 22 ottobre 2013 e dalle successive direttive dell'Oms fino al 2018 si sarebbero risparmiate, almeno nella prima fase pandemica, circa 10.000 mite umane». Insomma, l'arma del delitto, in questa vicenda, è proprio «ciò che noi non avevamo, ma che eravamo tenuti ad avere come obbligo giuridico, e che altri avevano: un sistema efficace di sorveglianza sanitaria integrata e piani pandemici armonizzati a livello centrale, regionale e di comunità locale. Lo scopo di un piano pandemico è mitigare, non annullare, le conseguenze di una pandemia. Contribuisce cioè a ridurre sia il numero di vittime, sia le conseguenze economiche sul sistema Paese», si legge ancora nella citazione in giudizio. Per Speranza, fare finta di niente sarà sempre più difficile.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/citato-in-giudizio-e-attaccato-da-m5s-adesso-speranza-inizia-a-vacillare-2649623177.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ministero-costretto-a-dire-la-verita" data-post-id="2649623177" data-published-at="1608676825" data-use-pagination="False"> Ministero costretto a dire la verità Alla fine, sia pure obtorto collo, la realtà è venuta a galla. Ed è abbastanza sconvolgente. Se il ministro della Salute Roberto Speranza non ha voluto render noto il piano pandemico richiestogli dagli onorevoli Galeazzo Bignami e Marcello Gemmato di Fdi, costoro si sono rivolti alla magistratura e ieri, in seno alla sezione III quater del Tar del Lazio, ciò che fino all'ultimo si era cercato di celare è emerso: l'Italia un piano pandemico ce l'ha. Ma risale al 2006; e ancora oggi il Paese non ha, in materia, alcun provvedimento «completo e formale». Ad ammettere il dato, che spiega più di mille parole l'inadeguatezza del nostro Paese ad affrontare il coronavirus - inadeguatezza che ha portato la John Hopkins University ad attribuire all'Italia una mortalità di Covid senza pari -, è stata l'avvocatura dello Stato, intervenuta in tribunale per conto del ministero della Salute. Dunque, abbiamo un piano pandemico vecchio di 14 anni; il che spiega come mai, intervistato mesi fa dal Corriere della Sera, il direttore generale della Programmazione sanitaria, Andrea Urbani, lo avesse definito «troppo drammatico» per essere diffuso. Perché è quasi preistorico, considerano i ritmi serrati della ricerca scientifica su questi ed altri versanti. Chiaramente, l'età quasi veneranda dal piano anti pandemia non è certo ascrivibile in toto al ministro Speranza, che guida il dicastero della salute dal settembre 2019 e che, nel 2006, altri non era che un componente dell'esecutivo nazionale della Sinistra giovanile, movimento giovanile degli allora Ds, partito dalle cui ceneri è poi nato il Pd. Tuttavia, non si capisce come mai Speranza abbia fino a ieri negato questa realtà, costringendo Bignami e Gemmato ad adire le vie legali, come i due onorevoli han fatto tramite l'avvocato Silvia Marzot. La sensazione, infatti, è che il ministro della Salute abbia volutamente nascosto l'anzianità del nostro piano pandemico; un'operazione che gli sarebbe effettivamente riuscita, se i due parlamentari del partito di Giorgia Meloni non avessero scelto, come poi hanno coraggiosamente fatto, di andare sino in fondo. «Ora il governo deve venire a rispondere a rispondere alle Camere per dirci con chiarezza come stanno le cose», ha commentato in una nota diffusa ieri la Meloni, appunto. In effetti, c'è ancora molto da chiarire. Lo prova per esempio il fatto, ricordato ieri dalla Verità, che restano ancora inaccessibili i verbali della task force costituita dal ministero della Salute in data 22 gennaio 2020 per contrastare il Covid-19. Seguendo il normale iter, Bignami e Gemmato hanno infatti inoltrato una richiesta di accesso agli atti; che però è stata respinta affermando che i due non avrebbero sostanzialmente titolo e interesse per accedere a tali atti. Su come il governo si sia mosso almeno nelle fasi iniziali della pandemia, insomma, l'opacità resta. La sola certezza, ora, è l'esistenza di un piano pandemico magari ottimo. Una volta.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)