
Il gigante olandese Takeaway.com punta ad acquisire il concorrente Just eat. Nasce così uno dei maggiori player nel mercato della consegna di cibo a domicilio. Un settore in forte sviluppo cresciuto sull'ipercompressione di salari e diritti dei lavoratori. Takeaway.com, società olandese di consegna di cibo a domicilio, ha offerto 5 miliardi di sterline per acquisire la rivale Just eat, dando il via alla nascita di uno dei maggiori player del settore. E in Borsa volano i titoli delle società di food delivery. Cifre da capogiro per un settore in costante crescita che in buona parte si regge sulle spalle dei rider tra orari pesanti, paga bassa e zero tutele. Il gigante olandese del food delivery Takeaway.com si mangia il concorrente Just eat. L'operazione era nell'aria da diversi giorni, ma solo ieri i media inglesi ha reso noti i dettagli ufficiosi dell'accordo. Per mandare in porto l'affare, Takeaway.com ha messo sul piatto la bellezza di 5 miliardi di sterline (circa 5,5 miliardi di euro), dando così il via alla nascita di uno dei maggiori player del mercato. Stando agli analisti, infatti, il valore combinato del gruppo è stimato intorno alle 8,2 miliardi di sterline (9 miliardi di euro) per un volume d'affari annuale pari a 7,3 miliardi di sterline (8 miliardi di euro), per un totale di 360 milioni di ordini all'anno. Takeaway.com ha sede ad Amsterdam e opera in 10 Paesi europei (Portogallo, Svizzera, Austria, Germania, Lussemburgo, Belgio, Paesi Bassi, Polonia, Romania e Bulgaria), oltre che in Israele e Vietnam. Sfogliando l'ultima relazione annuale disponibile, relativa al 2018, si scopre che l'impresa è convenzionata online con oltre 43.000 ristoranti, ha processato 93,9 milioni di ordini per un equivalente di un giro d'affari di 240 milioni di euro, mentre gli utili sono stati negativi per circa 14 milioni di euro. Niente male anche i conti di Just eat, che opera in mercati complementari rispetto al proprio acquirente: oltre che dall'Italia è possibile infatti ordinare anche dal Regno Unito, Australia, Brasile, Canada, Danimarca, Francia, Irlanda, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Spagna e Svizzera. Nel 2018 Just eat ha realizzato ricavi per 779,5 milioni di euro, realizzando un utile di 157,3 milioni di euro. A capo della joint venture, ricoprendo gli attuali incarichi già posseduti, siederano l'attuale amministratore delegato di Takeaway.com Jitse Groen, e il presidente di Just eat Mike Evans. Sul versante azionario, invece, il 52% delle quote andrebbe alla società britannica, mentre la restante parte a quella olandese. Ora le due aziende hanno un mese di tempo per siglare l'intesa, altrimenti l'offerta di Takeaway.com verrà automaticamente considerata decaduta. Numeri da capogiro per un settore in costante crescita. Solo in Italia, come conferma una ricerca pubblicata alcuni giorni fa dall'Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano e Netcomm, il food delivery è il primo mercato online nel 2019 con 566 milioni di euro di spesa e un tasso di crescita pari al 56%. Ovviamente in cima alla classifica delle località che sfruttano di più questo servizio troviamo le grandi città come Milano, Roma e Torino, ma appena dietro fanno capolino centri più piccoli come Palermo e Lecce. Cifre impressionanti anche quelle su scala mondiale, con il peso del mercato globale stimato intorno agli 80 miliardi di euro (1% del mercato alimentare) e un tasso di crescita annuo del 3,5%. Eppure, nonostante la rapida ascesa, il comparto soffre la presenza di un sempre maggior numero di operatori. È il caso della stessa Just eat, in difficoltà da diversi mesi e per questo motivo da tempo alla disperata ricerca di un partner di peso. In particolare, a dare fastidio all'azienda londinese ci hanno pensato negli ultimi tempi Uber eats e Deliveroo, entrati di prepotenza sul mercato britannico. Sarà anche per questo che, alla notizia dell'acquisizione da parte di Takeaway.com, il titolo di Just eat ha guadagnato quasi il 24% sui listini azionari della City. Giri d'affari miliardari, quotazioni in borsa, espansione a ritmo incessante: viene spontaneo chiedersi le ragioni dell'esplosione di questo fenomeno. E come spesso accade, ci vuole ben poco per accorgersi che non è tutto oro quello che luccica. Quello del food delivery, infatti, è un mercato che in buona parte si regge sulle spalle dei riders. Secondo una recente inchiesta pubblicata da Agi, in Italia il rapporto tra dipendenti veri e propri e fattorini di due aziende delle quali si dispongono di questi dati (Glovo e Deliveroo) si aggira tra 25 e 30 a 1. La tentazione sarebbe quella di incasellarli come piccoli lavoretti per rendersi autonomi oppure mantenersi agli studi, e invece no. Il fattorino tipo, rivela una recente ricerca dell'Università statale di Milano, è un maschio tra i 22 e i 30 anni, spesso straniero, lavora a tempo pieno perché consegnare cibo è la sua unica fonte di reddito. Orari pesanti, paga bassa e zero tutele. Gli scioperi ormai si moltiplicano un po' in tutte le città, ma i capi sembrano non curarsene e preferiscono contare i soldi, pianificando fusioni gigantesche come quella annunciata ieri. Per loro il pranzo è servito, per i riders invece rimane arduo mettere insieme il pranzo con la cena.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






