2020-04-16
«Cig solo a fine mese per oltre 1 milione»
Il presidente della vigilanza dell'Inps Guglielmo Loy: «Si poteva scegliere una strada molto più rapida, attraverso l'attribuzione alle aziende del compito di anticipare il reddito alle persone sospese dal lavoro. E fare verifiche a campione. Ma si è preferita la via ordinaria».Guglielmo Loy, 63 anni, è il presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Inps. Ieri ha partecipato all'insediamento del nuovo cda dell'ente previdenziale.Ora cambieranno gli equilibri interni? Ad esempio Tridico, così impegnato nella gestione, sarà ridimensionato?«L'insediamento del cda è una tappa importante perché ridefinisce le funzioni che sino a oggi erano avocate all'“uomo solo al comando". Da oggi speriamo che venga riaffermata l'importanza dei tre livelli. Il presidente dovrebbe tornare a essere il coordinatore della programmazione, affidata al cda, e non dovrebbe più entrare nel campo della gestione che spetta ai dirigenti dell'istituto, o dell'indirizzo strategico, che invece è affidato al Civ. Insomma non dovremmo avere più un presidente che fa anche l'amministratore delegato, per usare un termine privatistico. Inoltre la pluralità di professionalità del cda renderanno più credibili le decisioni sulla programmazione».L'Istituto ha fallito nella gestione iniziale delle domande di indennità da 600 euro. È stato lento anche con l'erogazione della Cassa integrazione ordinaria e in deroga. È normale aver lasciato i cittadini senza un euro sino a dopo Pasqua, al contrario di quanto fatto da altri Paesi europei?«Si poteva scegliere una strada più rapida, in una situazione che potremmo definire di guerra, attraverso l'anticipazione alle aziende del compito di garantire un reddito alle persone sospese dal lavoro. Detto questo due terzi dei lavoratori, a fine mese, avranno continuità retributiva, anche se lo stipendio sarà ridotto, perché molte imprese hanno la possibilità di anticipare l'indennità di cassa integrazione; un milione, invece, quelli che riceveranno il pagamento direttamente dall'Inps, temo che dovranno aspettare almeno sino a fine mese. Ancora più complicata è la questione dei lavoratori tutelati dal Fondo di integrazione salariale (1,9 milioni) e dalla cassa in deroga. Quest'ultima è regolata da un federalismo un po' strambo che ha avuto come conseguenza che 13 regioni hanno autorizzato le casse in deroga e altre sette non ancora. Tra quelle che mancano all'appello c'è la Lombardia che, però, rappresenta il 30 per cento del Pil del Paese. Forse ci voleva più coraggio e il governo doveva garantire la liquidità per consentire a tutte aziende di anticipare la Cig. Invece si è scelta strada ordinaria del vecchio sistema autorizzativo della cassa».È normale che una struttura informatica come quella dell'Inps, che costa più di 400 milioni di euro l'anno, abbia fallito tanto clamorosamente nell'erogare le prestazioni?«L'Inps oggi vive di informatica e per ammissione dell'istituto il sistema era da cambiare. Poi è arrivata la grandine anziché la pioggia. Forse conveniva rallentare l'affidamento di nuove prestazioni all'istituto in attesa di ulteriori investimenti. La politica ha deciso di affidarsi a una sola struttura informatica per erogare prestazioni e l'Inps non si è opposta. Dare un monopolio del genere nelle prestazioni sociali e non diversificare con altri soggetti, come Poste o l'Agenzia delle entrate, ha condotto a questo».Chi ha sbagliato?«Tutti coloro che hanno diretto l'Inps negli ultimi anni, da Antonio Mastrapasqua a Tito Boeri a Tridico. La generosa volontà di mettere il petto in fuori e dire faccio io porta dei rischi.È chiaro che un istituto che gestisce praticamente tutto ha una potenza di fuoco dal punto vista politico molto forte, ma è anche la sua debolezza senza un'adeguata strumentazione».Pensa che queste défaillance porteranno società come la Casaleggio e associati a entrare nella gestione del sistema delle banche dati dell'Inps?«Ci auguriamo che l'emergenza non attenui i controlli sulle procedure di affidamento dei lavori. È necessaria la massima trasparenza su un tema delicato come il sistema informatico e l'accesso alle banche dati, che, come dice qualcuno, sono il nuovo petrolio».Tridico ha denunciato il rischio di mancanza di liquidità per il pagamento delle pensioni, poi ha fatto l'annuncio suicida del click day. Scusi la franchezza: ci fa o ci è?«Posso essere diplomatico? Quando si viene da altre esperienze, come quella di professore, non si riesce subito a entrare nel ruolo di rappresentanza di un ente come l'Inps. Certe dichiarazioni o proiezioni di macroeconomia da docente vanno bene all'università, davanti agli studenti, ma non si possono più fare senza pensare agli effetti quando si rappresenta l'Inps a cui milioni di cittadini affidano il proprio destino. Spero che in futuro Tridico assuma posizioni strettamente istituzionali».Tridico sta alterando le finalità dell'Inps spostandole tutte sul versante assistenziale e trasformando l'istituto in un bancomat sociale.«Abbiamo detto al presidente che troviamo rischiosa questa mutazione del dna dell'istituto. La mission che il legislatore ha affidato all'Inps è di tipo mutualistico e previdenziale, mentre sembra che il futuro sia il contrasto alla povertà. Noi in questo troviamo una distorsione e crediamo che il sostegno alle persone emarginate dovrebbe essere affidato ad altre istituzioni come i Comuni, le Regioni, il volontariato. Se tutte le risorse dell'Inps verranno dirottate per dare un aiuto, fine nobilissimo, ai più sfortunati, metteremo in crisi il sistema previdenziale. Scegliere di investire anziché sulla crescita, sulle politiche assistenziali rischia di ridurre il numero degli occupati e restringere la platea di chi paga le pensioni farà saltare il sistema perché non siamo un paese dalle grandi disponibilità finanziarie».Come mai le parti sociali che lei rappresenta nel potere duale dell'Inps forniscono linee d'indirizzo chiare che poi vengono disattese?«Da anni c'è una costante braccio di ferro tra chi rappresenta interessi generali ben definiti e la politica. Il sistema maggioritario ha tanti pregi, ma instaura nell'agire di chi ha responsabilità l'idea che non serva la mediazione, affidando alle persone poteri fuori dal controllo».Anche a Tridico?«Ognuno è il figlio del proprio tempo e il presidente ha la capacità o la fortuna di avere una forte assonanza con la politica e con il ministero vigilante, al contrario di Boeri».Quindi ha le spalle belle coperte…«Questo può anche essere un bene, il contrasto con il ministero vigilante non è mai una cosa positiva».Però manca di autonomia…«Infatti questo è un problema. Su alcune prestazioni l'Inps doveva dire: «Forse è il caso che non le facciamo noi». Per esempio il bonus, che è una prestazione squisitamente economica, poteva essere erogato dall'Agenzia delle entrate o dalle Poste, che hanno reti informatiche e banche dati simili a quelle dell'Inps».Adesso arriverà il reddito di emergenza…«Vedo faticose complicazioni all'orizzonte. Se sarà un'azione di sostegno a chi non ha nulla e quindi non ha legami con il mondo del lavoro, riguarderà platee sconosciute al nostro istituto, per questo sarebbe opportuna una maggiore collaborazione con i comuni e con Poste italiane in modo da non caricare tutto il lavoro sull'Inps. Se poi dovremo dare soldi subito e a tutti, allora ci troveremo di fronte a una scelta politica non condivisibile».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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