2024-09-23
Ciccio Graziani: «Con il Cav diventai quasi senatore»
Ciccio Graziani (Imagoeconomica)
Parla l’ex bomber: «Mi infastidiscono i match analyst e quando sento certi commentatori abbasso il volume. Nel reality “Campioni” anticipammo l’invasione delle telecamere negli spogliatoi, capii subito che funzionava».«La palla viene dal cuoio, il cuoio viene dalla mucca, la mucca mangia l’erba: la palla deve strisciare sull’erba». Così Francesco «Ciccio» Graziani arringava i giocatori del Cervia nel reality Campioni, cercando a modo suo di insegnare il bel calcio, nelle inusuali vesti di allenatore-showman. Campione del mondo nel 1982, con all’attivo 182 reti in squadre di club e 23 in Nazionale, leggenda del Torino e bomber anche di Fiorentina e Roma, Graziani è un comunicatore con uno stile inimitabile e idee molto precise sulla direzione in cui si sta muovendo il mondo del pallone.Di cosa si occupa oggi, principalmente?«Ho Mediaset che mi supporta alla grande, faccio principalmente l’opinionista con loro, e poi ho tanti interessi miei personali, la mia vita è molto tranquilla ma ho molte cose da fare e questo è un bene, perché ti mantiene occupato, la testa resta giovane. E poi ovviamente seguo il calcio a 360°». Cosa pensa di questo inizio di stagione?«C’è tanto interesse, tanta aspettativa, abbiamo 5 squadre in Champions, pratichiamo un bel calcio. Peccato per come è andata la Nazionale agli Europei, un incidente di percorso ci può stare. Ma il nostro campionato è sempre di grande interesse. Alcune hanno iniziato male: mi riferisco al Milan, al Bologna, alla Roma, alla Fiorentina, che hanno raccolto meno delle aspettative, ma c’è tutto il tempo per recuperare. Poi c’è chi invece ha iniziato bene. Penso all’Udinese, che è una realtà molto positiva. Poi c’è il Napoli, la Juventus, l’Inter, sono lì. Siamo solo all’inizio, dobbiamo aspettare ancora un po’ per capirne di più».La appassiona il derby filosofico tra risultatisti e belgiochisti? Lei con chi si schiera?«Io dico che quando giochi bene è più facile arrivare al risultato. Spesso i risultati alla lunga arrivano attraverso il gioco. Può capitare che una domenica vinci giocando male e una domenica perdi giocando benissimo, gli episodi nel calcio la fanno da padroni, ma alla lunga la squadra che vince è quella che esprime il miglior calcio». Le piace la figura del match analyst, oggi di gran moda?«No, anzi, mi dà fastidio, non mi interessa. Ultimamente stiamo sfornando scienziati. Ma perché un allenatore deve avere 8 collaboratori? Cosa se ne fa? Ne servirebbero 4, al massimo. A volte c’è uno spreco nel mondo del calcio. Più chiedono soldi e più ne sprecano».A quale altro spreco si riferisce?«Prendiamo i pullman che partono vuoti per portare il materiale allo stadio così il calciatore quando arriva trova tutto scodellato. O i voli privati. Noi una volta prenotavamo i voli di linea. Oggi spendono 50.000 euro per un viaggio, quando ne potrebbero spendere 12/13.000. C’è attorno a queste squadre un lusso che è fuorviante. Troppe comodità. Capisco che i tempi sono cambiati, ma, fra le altre cose, non c’è più socialità dentro queste squadre».Cosa intende?«Intanto ci sono tanti stranieri, ognuno ha le sue abitudini, la sua lingua, il suo stile di vita. E poi i giocatori non comunicano. Per parlarsi da una stanza all’altra del ritiro usano i cellulari. Noi nei ritiri giocavamo a carte, a biliardo, vedevamo le partite, parlavamo. Oggi vedo addirittura negli spogliatoi giocatori che prima della partita stanno con l’iPad e le cuffie. È una vergogna».Mourinho, al Tottenham, si fece immortalare in una foto mentre guardava sconsolato i suoi calciatori che a fine partita erano immersi negli smartphone.«Ma scherza? Bisogna mettere delle regole ferree. Anche quando scendono dal pullman hanno tutti le cuffie. Noi una volta portavamo le borse, ora scendono con i trolley e fanno a gara a chi ce l’ha più firmato. Questo alla fine nella mente del calciatore incide, perché hai troppo di tutto. Non devi conquistarti nulla. È come quando fai i contratti. Se hai quattro anni di contratto non hai voglia di migliorarti per i primi tre. Questo è un mondo che è cambiato radicalmente e mi viene da dire che si stava meglio quando si stava peggio».È cambiata anche la narrazione delle partite. Telecronisti come Martellini o Pizzul erano molto istituzionali. Oggi Adani ha inaugurato uno stile più enfatico, che esprime delle idee molto nette. Cosa ne pensa?«Alcuni commentatori sono appetibili, perché ascoltandoli faccio più o meno le stesse riflessioni. Ma quando la seconda voce diventa la prima non va più bene. Io trovo che gli ex calciatori dovrebbero insistere più sulle cose che conoscono, quello che hanno vissuto, ad esempio far notare come un certo tiro in porta sia stato sbagliato perché la postura del corpo non era corretta, non raccontarci situazioni tattiche che vengono molto estremizzate. Io non voglio fare nomi, per carità, ma quando c’è qualche commentatore abbasso l’audio e vedo la partita senza telecronaca. A volte ci sono interventi talmente fuori luogo e stucchevoli che danno fastidio».Ha definito il disastro azzurro agli Europei come un incidente di percorso. Quindi ha fiducia in Spalletti?«Che Luciano Spalletti sia un ottimo tecnico non lo dico io, lo dice la sua carriera. Ho avuto la fortuna di vederlo qualche volta allenare a Roma e ho visto quanto fosse preparato: è pignolo, ha carattere, ha personalità. In quell’Europeo, però, ha portato confusione invece che serenità, lo ha ammesso pure lui. Se un allenatore cambia quattro moduli tattici in quattro partite, qualcosa non va. Se tu giochi a tre dietro e come braccetto di destra mi usi Di Lorenzo, quando lui lo hai allenato e lo facevi giocare a quattro facendogli fare il terzino, è già di per sé un’anomalia. Poi in Nazionale ci devono essere titolari e riserve. Io, quando mi convocavano, sapevo già al momento della convocazione che avrei giocato con Bettega o con Rossi». Qualche giorno fa si è celebrato il ventennale di Campioni, un reality che ha fatto la storia della televisione e che forse ha anticipato una certa invadenza delle telecamere nel calcio.«Ancora oggi quando incontro Piersilvio Berlusconi ricordo quella volta che, nella conferenza stampa di presentazione, dissi: “Stiamo facendo un programma talmente innovativo che se mi guardo indietro vedo il futuro”. Quando dissi questa cosa Piersilvio e gli altri dirigenti Mediaset fecero una faccia strana, rimasero perplessi. Il punto è che io avevo capito che lo spogliatoio è il cuore di una squadra e facendo entrare le telecamere la gente si sarebbe appassionata. Noi avevamo le telecamere che tra primo e secondo tempo si accendevano, ma noi non sapevamo quando. Dovevamo quindi stare molto attenti. Io fortunatamente in vita mia non ho mai bestemmiato, quindi non avevo quel timore, ma ovviamente può scapparti qualcosa di sconveniente. Oggi la serie A ci è arrivata, ma gli spogliatoi vengono ripresi prima della partita, quando i calciatori sanno di essere ripresi. È molto diverso…».Nel 1994 si è candidato al Senato nel collegio di Arezzo sostenuto dal centrodestra: ha ottenuto il 17,4% dei voti ma non è stato eletto. Cosa la portò a mettersi in gioco in politica?«Quando mi chiamò Ariedo Braida io ero presidente dell’Arezzo. Mi disse: “Il cavalier Berlusconi ti vuole parlare”. Io scherzando dissi: “Non è che mi vuole far allenare il Milan?”. Quando mi disse che era per una candidatura nella nascente Forza Italia, cercai di svicolare, ma lui insistette. Qualche giorno dopo, mi chiamò Berlusconi in persona, con la sua voce inconfondibile. Mi rifece la proposta e io risposi: “Presidente, ma io non ho mai fatto politica”. Lui rispose: “Proprio per questo te l’ho proposto”. Obiettai che Arezzo è una zona rossa, sarebbe stato difficile ottenere un successo. Lui mi invitò comunque a una convention a Milano. Io ci andai ma ribadii: “Cavaliere, mi chieda tutto ma non questo. Se vuole vado a Napoli e le porto il caffè, magari le arriverà un po’ freddo, ma le elezioni no”». E lui?«Fu irremovibile, affermò che ad Arezzo ero molto stimato e poi disse: “Me lo devi fare come cortesia personale”. A quel punto non potei non accettare, lui mi mise in contatto con il futuro ministro Martino, una persona squisita purtroppo anche lui scomparso, per farmi avere il materiale elettorale. Alla fine presi una marea di voti. Fino alle 20 di sera gli exit poll mi davano vincente. Poi gli ultimi paesini al confine con la Romagna, tipo Badia Prataglia, quei paesini lì, fecero vincere la candidata di sinistra».Le hanno più proposto di candidarsi?«Qualcuno me lo ha riproposto, ma ho risposto che una volta mi era bastato».Può dirci quale partito l’ha corteggiata?«Era sempre un partito di centrodestra, ma ormai non ha nessun significato rivelare quale».
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)