2019-09-22
Ci piazzano 17 miliardi di tasse verdi. Ma pianteranno due alberi in città
L'allegato al decreto ambientale scopre la dura realtà sotto la fuffa green. Tagli alle detrazioni per trasportatori e agricoltori, sforbiciata all'Iva agevolata. Poi lo zuccherino: vegetazione nelle aree urbane. I fondi? 15 milioni.L'ex ministro a «Repubblica» conferma «La Verità»: nella sua bozza di finanziaria nessuna flat tax e invece forbici sulla sanità. Matteo Salvini non aveva alternative allo strappo.Lo speciale contiene due articoliLe borracce in classe, i venerdì senza scuola e le manifestazioni trasversali per lanciare il Green new deal. La grande fuffa cool, ammantata di promesse che vogliono salvare il pianeta, nasconde solo ipocrisia sinistroide e nuove tasse. Sull'ipocrisia nemmeno vale la pena soffermarsi. Fiumi di inchiostro sprecati per decantare il viaggio in barca a vela di Greta Thunberg attraverso l'oceano Atlantico hanno omesso il dettaglio fondamentale. Per farla tornare indietro e spedire l'equipaggio incaricato di riportare la barca in Europa sono serviti ben sei biglietti aerei. Le sarebbe bastato fare una conference call. E finiva lì. Su come arriva la fregatura delle tasse, invece serve una premessa. Il nuovo corso dell'Europa guidata da Ursula von der Leyen mira a investimenti verdi. Basta austerità, bisogna spendere in infrastrutture ecologiche e in auto elettriche e così via. Spesa che finirà a sviluppare tecnologia tedesca e francese e che destina l'Italia a diventare un Paese di consumatori e non più di produttori. Il governo, a Roma, invece di ribattere che dobbiamo puntare su spazio, industria della Difesa (che fornirà tecnologia di primo livello) e sul comparto agroalimentare (che garantirà l'export nei prossimi 30 anni), si accoda passivamente all'Ue. Da Giuseppe Conte a Roberto Gualtieri è tutto un invocare euro da spendere per diventare anche noi un Paese civile, per diventare globalizzati e «green». Guardate la Germania, fanno capire, guidata da Angela Merkel . A Berlino hanno capito che per uscire dalla crisi servono investimenti verdi e dunque ecco il piano: 100 miliardi per tagliare le emissioni di CO2, rendere l'agricoltura più efficiente e abbandonare il carbone. Peccato che noi non possiamo fare nulla di tutto ciò - questa è la vulgata - perché i sovranisti hanno scassato i conti e i soldi non ci sono. Ma i giallorossi non vogliono essere da meno rispetto ai cugini europei e quindi hanno deciso di preparare un decreto legge sull'ambiente che contiene addirittura 16,8 miliardi di tasse. Una batosta che sarà ogni giorno occultata dai giornaloni. Il diktat è spiegare che, se l'Italia vuole tornare sul podio, dovrà pagare il pegno verde. È vero, i conti non sono in ordine, ma non lo sono da oltre 20 anni e il debito pubblico cresce ininterrottamente dal 2011. Dunque Lega e sovranisti non c'entrano, e soprattutto se volessimo favorire la blu economy o la cosiddetta economia circolare non servirebbe spesa aggiuntiva. Perché si tratterebbe di un processo autosostenibile per definizione. Solo che i giallorossi devono preparare il Nadef, l'aggiornamento al documento di finanza pubblica, e avviare la legge finanziaria 2020. Nonostante abbiano sbandierato la flessibilità, sanno bene che l'Ue ha imposto di restare nei parametri e dunque servono nuove tasse.È emerso in modo palese in occasione dello scorso Cdm quando il decreto ambientale è stato stoppato per mancanza di coperture. Che ora sembrano essere state individuate. Basta prendere la relazione illustrativa allegata alla bozza del decreto per vedere in quali portafogli metteranno le mani. Il testo prevede un taglio secco delle detrazioni fiscali al comparto dell'agricoltura e della pesca per un totale di 5,9 miliardi di euro. Altri 1,5 ricadranno sugli autotrasportatori, 3 miliardi sono ancora da definire (sono sotto la voce «varie ed eventuali») e, infine, ben 6,1 miliardi sono ritocchi sull'Iva agevolata. Totale: quasi 17 miliardi. La conferma dunque che i giallorossi, sponsor del Conte bis in nome dello stop all'aumento dell'Iva, faranno esattamente l'opposto. La cosa ancora più grave è che, in nome dell'ecologismo patinato, l'attuale governo voglia bastonare gli agricoltori che devono concorrere con la globalizzazione e consentire all'agroalimentare di mantenere alta la bandiera del made in Italy. L'abolizione dell'Irpef agricola corrisponde a un mancato gettito di 1,3 miliardi di euro, ma è una grande leva per i contadini. Farla saltare è insulto a qualunque strategia e visione. Poi c'è la rimodulazione dell'Iva che finirà per colpire i prodotti che escono dalle fattorie per finire nella grande industria. Immaginate materie prime come il latte. Oggi, nel caso del fresco, l'imposta è al 10%. Domani potrebbe essere il 22%. E quindi tutti quelli che venerdì erano in piazza per rilanciare gli slogan di Greta scopriranno che la panna costerà di più e che quando andranno in un agriturismo le tariffe saranno più alte per colpa del taglio delle detrazioni. Mentre gli agricoltori si dovranno consolare con il progetto di riforestazione urbana. Già, dentro il decreto è previsto che le città vengano piantumate per concorrere al grande concorso europeo green city award. Budget a disposizione? 15 milioni. Neanche la fatica di ingannare gli elettori. Certo, il decreto contiene anche qualcosa di buono. Non ci riferiamo all'ecobonus per le auto, ma agli incentivi in più per sostituire le caldaie inquinanti e l'istituzione di un commissario per le discariche illegali. «Se ci fossero ancora dubbi sull'operazione in atto», spiega Giulio Centemero, leghista componente della commissione Finanze, «invitiamo tutti a fare i conti dei danni che il comparto agricolo subirà. Eppure il governo fa finta di voler creare un cultura verde. Ma se volessero insegnare l'ecologia a scuola, i giallorossi non dovrebbero abolire l'educazione civica». Come la Lega, anche il Codacons spara contro il decreto: «Costerà solo agli automobilisti 2,2 miliardi». Mentre a sostenere Conte e le tasse c'è Confindustria che poco si cura degli agricoltori. Senza contare che quando c'è da schierarsi dalla parte sbagliata Vincenzo Boccia è una garanzia. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ci-piazzano-17-miliardi-di-tasse-verdi-ma-pianteranno-due-alberi-in-citta-2640472030.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="tria-confessa-la-manovra-a-firma-ue" data-post-id="2640472030" data-published-at="1758063245" data-use-pagination="False"> Tria confessa la manovra a firma Ue In questo caso dire «avevamo ragione, l'avevamo scritto» è una magra e trista consolazione. Eppure quando ancora il governo gialloblù era in sella, la Verità scrisse più volte di Giovanni Tria e del fatto che si fosse già venduto la manovra a Bruxelles. Nel testo estivo al quale il Mef era già al lavoro mancavano tutti i riferimenti al taglio delle tasse e invece c'era già la promessa di non sforare e di non fare deficit. L'opposto di quanto non solo predicava Matteo Salvini e di quanto gli uomini della Lega chiedessero a via XX Settembre. Ieri, Tria ha rilasciato un'intervista a Repubblica per rivendicare la sua opposizione al Carroccio. Il titolo è emblematico «Ho faticato con Salvini ma ho sempre vinto io», il testo è ancora più spudorato. Ammette che la sua manovra sarebbe stata una zuppa riscaldata senza alcun valore né strategia (tagli, rimodulazione dell'Iva e risparmi da quota 100 e reddito di cittadinanza) e soprattutto conferma che non avrebbe mai preso in considerazione la flat tax da 17 miliardi. «Tagliare le tasse senza coperture non è mai stato preso in considerazione, quella della flat tax era solo una mossa politica». E nel tentativo di uscire a testa alta aggiunge che lui il testo della bozza l'aveva condiviso con Massimo Garavaglia, il sottosegretario leghista al suo dicastero. In realtà il fatto che Garavaglia fosse stato informato non spiega certo che la Lega fosse d'accordo, ma l'esatto contrario, soprattutto perché in ballo c'erano anche taglia alla sanità. Ora si capisce perché Salvini ha rotto e chiesto le elezioni anticipate. Non aveva altre alternative. Se fosse rimasto in silenzio e avesse sostenuto una tale manovra avrebbe tagliato il ramo su cui poggiava la Lega. Se come sembra l'idea era coalizzarsi contro il Carroccio, lo stesso Salvini non sarebbe riuscito a modificare le carte già distribuite ai giocatori del tavolo di poker. Così dopo aver spinto la Lega verso l'angolo, Tria si prende - a suo dire - un altro merito. «Ho sempre pensato che sarei rimasto fin tanto che fossi stato utile. E devo dire che le mie idee sono state quasi sempre accettate», ha dichiarato l'ex ministro, «come quando abbiamo evitato la procedura d'infrazione. Ma il maggiore merito è stato evitare il commissariamento», ha concluso Tria dimostrando che in quel modo in accordo con il Quirinale aveva preparato la strada al suo successore Roberto Gualtieri. Lo si capisce dalla strategia estiva e, adesso, dal fatto che una buona fetta della manovra che produrranno i giallorossi attinge a piena mani dalla bozza di Tria. C'è tutta la rimodulazione dell'Iva, i risparmi da quota 100 e pure dal reddito di cittadinanza. La differenza è che quella in arrivo ha molte più tasse. Pure sul tema dell'europeismo i due colleghi passandosi il testimone hanno condiviso più punti. Certo, il pensiero di Gualtieri è più hard. Molto di più. A tal punto da lodare il modello Tsipras. «Incontro con il nuovo ministro delle Finanze italiano e buon amico della Grecia Roberto Gualtieri, che ha aiutato di più nei momenti difficili come presidente della commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo», ha scritto su Twitter l'ex premier di Atene, ricambiando le affettuosità del titolare di via XX settembre, poco dopo averlo incontrato in via informale. Per capirsi, Tsipras, il modello da seguire per Gualtieri, è stato eletto, ha indetto un referendum che immediatamente dopo ha reso carta straccia e così ha guadagnato i gradi da buon europeista.