2023-02-09
Il «Churchill» di Kiev ora spacca l’Europa
Rishi Sunak e Volodymyr Zelensky (Getty Images)
Volodymyr Zelensky va in visita a Londra e poi in Francia, da Emmanuel Macron e Olaf Scholz, prima che al Consiglio Ue. Così l’«eroe» che ha compattato il Vecchio continente sulle sanzioni adesso lo divide, limitando le chance di intesa sulle misure per contrastare i sussidi di Joe Biden.Gli inglesi sono stati i primi a chiudere accordi bilaterali economici con l’Ucraina. L’hanno fatto all’indomani della Brexit e, secondo molti osservatori, con il giusto anticipo rispetto allo scoppio della guerra e all’invasione russa dei confini del Donbass. Restano partner di primo piano per Kiev, tanto che la presenza di osservatori militari Uk non sarebbe mai scemata. Non solo: si vocifera che i cavalli di frisia sulla purtroppo celebre spiaggia di Mariupol, comparsi in una notte (quella precedente all’invasione), siano di fattura tipicamente inglese. C’è dunque da scommettere che, quando arriverà il giorno della ricostruzione, Londra (indipendentemente dal premier e dal colore del governo) sarà in prima fila. Ecco da qui le motivazioni del colpo di scena di Volodymyr Zelensky che ha pensato bene di uscire dai confini ucraini diretto a Bruxelles (dove si terrà una importante riunione straordinaria del Consiglio europeo) ma di fare una importante deviazione. Ha infatti deciso di anticipare di un giorno e farsi fotografare a Downing Street con Rishi Sunak, per poi salutare re Carlo III e fare un cenno al Parlamento ribadendo il consueto messaggio: «Servono armi». Da lì ripiego su Parigi per stringere la mano a Emmanuel Macron, e a Olaf Scholz, a sua volta ospite dell’Eliseo. Nessuna tappa a Roma. All’Italia dedicherà un semplice messaggio via mail che sarà trasmesso agli spettatori di Sanremo per bocca di Amadeus e domani uno slot di tempo per Giorgia Meloni tra una sessione e l’altra del Consiglio europeo. Il tour è chiaramente studiato a tavolino per diventare non più elemento di unione ma leva di rottura dell’Europa. Ai tempi di Mario Draghi gli analisti più dotati di saliva hanno dedicato pagine e pagine al viaggio in treno dalla Polonia a Kiev dei tre leader. Macron, Scholz e Draghi. In quel momento si celebrava la speranza che Draghi diventasse il leader europeo. In realtà l’unione di intenti era tutta sotto l’ombrello di Kiev e sotto la strategia dell’invio delle armi. Al di là di ciò che uno può pensare delle sanzioni e del riarmo, Zelensky è stato chiaramente utilizzato dagli Usa per creare un nuovo scenario europeo, nel quale l’asse francotedesco si potesse aprire a nuovi equilibri. Adesso non è la nostra posizione a essere cambiata. Palazzo Chigi ha confermato il terzo decreto e il relativo invio di armi. Aggiungendo al pacchetto pure un pezzo di batteria degli anti missile Samp-T. A cambiare è il contesto atlantico e il fatto che le elezioni Usa di midterm hanno dato più potere ai repubblicani. Rispetto alla scorsa estate, il rapporto simbiotico tra Germania e Russia è stato spezzato. Certo, c’è voluta un’esplosione di un pezzo di tubo del Nord Stream. Ma adesso il tema dell’energia è alle spalle. Nei prossimi mesi i temi di frizione sono tutti legati al fronte della produzione industriale, a quello degli incentivi pubblici (vedi il piano Ira degli Stati Uniti) e a quello della corsa alle materia prime, comprese le terre rare. Più l’Europa si muove separata su questi temi, meglio è per gli Usa o per il resto del mondo. Non a caso il titolare francese dell’Economia, Bruno Le Maire, e il suo omologo tedesco sono volati da soli a Washington per discutere di incentivi all’automotive e agli altri settori manifatturieri. Non a caso, il vice cancelliere tedesco e ministro per gli Affari economici, Robert Habeck, ha proposto di creare un «club dei minerali critici» con gli Stati Uniti dopo aver incontrato la segretaria al Tesoro Janet Yellen, la segretaria al Commercio Gina Raimondo e Brian Deese, il direttore del Consiglio economico nazionale della Casa Bianca. Tra oggi e domani sera, a Bruxelles si discuterà di transizione ecologica, delle norme sulle case green (temi già di per sé divisivi), ma anche del fondo comunitario che dovrebbe per l’appunto fronteggiare l’Ira, Inflaction reduction act, voluto dalla Casa Bianca. Francia e Germania tirano la volata e spingono per prendere in mano il timone delle decisioni. L’Italia, assieme alla Spagna, guida per il momento l’altro fronte. Resta da capire chi tra gli altri membri Ue si alleerà con chi. Con il blocco di Parigi e Berlino o con le nazioni del Sud? La spaccatura è dietro l’angolo. Ciò che è sempre più chiaro è che la figura di Zelensky adesso non deve più fungere da collante ma da divisore. L’impressione è che la sosta, nell’ordine, a Londra, Parigi e poi Bruxelles sia un messaggio chiaro su chi conti di più. Il primo Paese è l’alleato più stretto degli americani, la Gran Bretagna. Poi la Francia dove Zelensky ha incontrato Scholz, costretto a spostarsi da Berlino fino a Parigi e solo dopo Bruxelles, la rappresentante dell’Ue che più si è spesa fino a oggi per far approvare sanzioni antirusse tra gas, petrolio e articoli manifatturieri vari. Ci chiediamo se la funzione dell’Ue sia finita qui. Bruxelles serviva a far tirare su il nuovo muro di Berlino, quello stesso muro che i singoli Paesi membri non avrebbero mai costruito da soli. Ora che la cortina di ferro è di nuovo in piedi, c’è da scommettere che lo storytelling di uno Zelensky simbolo dell’Europa unita non serva più. Anche se la guerra durerà a lungo, lo scontro ora è più economico e guarda all’Asia.
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
Continua a leggereRiduci
Mark Zuckerberg (Getty Images)
A Fuori dal coro Raffaella Regoli mostra le immagini sconvolgenti di un allontanamento di minori. Un dramma che non vive soltanto la famiglia nel bosco.
Le persone sfollate da El Fasher e da altre aree colpite dal conflitto sono state sistemate nel nuovo campo di El-Afadh ad Al Dabbah, nello Stato settentrionale del Sudan (Getty Images)