
Solo nel capoluogo le serrande abbassate per ristoranti e centri commerciali produrrebbero perdite choc. L'economia lombarda vale circa il 22% del Pil italiano. Le associazioni di categoria: non si può reggere un'altra serrata se lo Stato non dà sostegni concreti. Il coprifuoco che imporrà in Lombardia la chiusura delle attività dalle 23 alle 5, rappresenterà una nuova batosta per l'economia, già fiaccata dalla prima fase pandemica.A lanciare l'allarme sono le associazioni di commercianti. Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano, ieri non ha usato mezzi termini parlando al sito Imprese e Lavoro, che si occupa di economia lombarda: «Il provvedimento del quale abbiamo avuto notizia comporta danni notevoli per le attività dei pubblici esercizi, da quelle della ristorazione ai bar serali. In più comporta un danno notevole per le strutture di vendita di medie dimensioni del settore non alimentare».I numeri snocciolati da Barbieri non lasciano presagire nulla di buono. «A Milano ci sono circa 9.000 attività di somministrazione, quelle serali fino alle 3 di notte (i classici locali della movida) sono circa 2.000 e la chiusura alle 23 comporterebbe una perdita mensile di 31 milioni di euro solo a Milano. Mentre per le attività di ristorazione, che sono circa 2.000, la chiusura alle 23 farebbe un danno di 10,4 milioni di euro. La chiusura delle grandi strutture non alimentari il sabato e la domenica - a Milano sono 19 - cuba il 40% del volume d'affari mensile, cioè meno 13 milioni. Nelle medie strutture di vendita non alimentari, che a Milano sono circa 760, la perdita è di 59 milioni di euro mensili». Come sottolinea Barbieri, «se si pensa di risolvere l'emergenza chiudendo tutto bisogna sapere che l'economia milanese vale il 10% del Pil nazionale, mentre quella lombarda pesa il 22%». Insieme a Confcommercio, sono sul piede di guerra le imprese associate al Consiglio nazionale centri commerciali, Confimprese, Federdistribuzione e Fipe. Secondo la Federazione italiana pubblici esercizi si tratta di un provvedimento che su scala regionale «da un punto di vista meramente contabile manderebbe in fumo 44 milioni di euro al giorno e 1,3 miliardi in un solo mese. Una perdita enorme che andrebbe ad appesantire un bilancio già abbastanza tragico, se consideriamo che le stime di perdita di fatturato sul 2020 vedono un calo di ben 26 miliardi di euro».Naturalmente, alla perdita di fatturato segue anche la preoccupazione per il mantenimento dei posti di lavoro. Come spiega Roberto Zoia, presidente del Consiglio nazionale dei centri commerciali, «una nuova chiusura dei centri commerciali in Lombardia durante i weekend, che rappresentano il maggior introito - ossia circa il 20-30% del fatturato settimanale - e vedono il maggior livello di occupati, rischierebbe di porre un brusco freno a questo graduale percorso di recupero e mettere definitivamente in ginocchio un numero importante di attività in affanno ormai da mesi, generando una situazione drammatica dal punto di vista occupazionale». E prosegue: «Si tratta di una proposta che ci preoccupa enormemente, considerato che proprio la Lombardia rappresenta almeno il 20% dei circa 140 miliardi di euro di fatturato che l'intero settore dei centri commerciali, incluso l'indotto, realizza annualmente nel territorio nazionale con 783.000 posti di lavoro». Il problema è che, almeno per il momento, si parla solo di coprifuoco senza che nessuno discuta di eventuali aiuti per le imprese, i cui bilanci verranno ancora una volta danneggiati. Con la chiusura notturna delle attività gli imprenditori del turismo, della ristorazione, dei centri commerciali chiedono a gran voce un aiuto concreto da parte delle istituzioni.«Invece di studiare nuove misure restrittive per impedire solo alle imprese del nostro settore di lavorare», recita una nota della Fipe, «il governo si impegni a garantire i contributi a fondo perduto promessi ai pubblici esercizi, che nel 2020 faranno registrare una flessione complessiva dei fatturati di oltre 26 miliardi di euro. Non possiamo accettare nuove inutili restrizioni e, come federazione, siamo pronti a intraprendere ogni iniziativa necessaria a tutelare 1,3 milioni di lavoratori e 340.000 imprenditori di un settore che genera ogni anno 46 miliardi di valore aggiunto, di cui 20 di acquisti di prodotti agroalimentari».Con questi numeri, il Fondo ristorazione (del valore di 600 milioni di euro) messo in piedi con il dl agosto servirà a poco o nulla. In attesa che il provvedimento venga emanato dal ministero del Tesoro stabilendo criteri, i requisiti e le modalità di erogazione del contributo, le aziende lombarde aumentano ancora di più le loro difficoltà e i 600 milioni potrebbero non bastare a venire incontro alle richieste dei ristoratori lombardi - da domani messi ancora sotto torchio - e italiani, che hanno già dovuto dire addio al fatturato di febbraio, marzo e aprile. Il contributo per ciascun beneficiario potrà variare da un minimo di 1.000 euro fino a un massimo di 10.000 euro, al netto dell'Iva. Ben poca cosa rispetto ai danni che le aziende di molti settori subiranno ancora a partire da giovedì 22 fino al prossimo 13 novembre.
Francesco Filini (Ansa)
Parla il deputato che guida il centro studi di Fdi ed è considerato l’ideologo del partito: «Macché, sono solo un militante e il potere mi fa paura. Da Ranucci accuse gravi e infondate. La sinistra aveva militarizzato la Rai».
Francesco Filini, deputato di Fratelli d’Italia, la danno in strepitosa ascesa.
«Faccio politica da oltre trent’anni. Non sono né in ascesa né in discesa. Contribuisco alla causa».
Tra le altre cose, è responsabile del programma di Fratelli d’Italia.
«Giorgia Meloni ha iniziato questa legislatura con un motto: “Non disturbare chi vuole fare”. Il nostro obiettivo era quello di liberare le energie produttive».
Al centro Joseph Shaw
Il filosofo britannico: «Gli islamici vengono usati per silenziare i cristiani nella sfera pubblica, ma non sono loro a chiederlo».
Joseph Shaw è un filosofo cattolico britannico, presidente della Latin Mass Society, realtà nata per tramandare la liturgia della messa tradizionale (pre Vaticano II) in Inghilterra e Galles.
Dottor Shaw, nel Regno Unito alcune persone sono state arrestate per aver pregato fuori dalle cliniche abortive. Crede che stiate diventando un Paese anticristiano?
«Senza dubbio negli ultimi decenni c’è stato un tentativo concertato di escludere le espressioni del cristianesimo dalla sfera pubblica. Un esempio è l’attacco alla vita dei non nati, ma anche il tentativo di soffocare qualsiasi risposta cristiana a tale fenomeno. Questi arresti quasi mai sono legalmente giustificati: in genere le persone vengono rilasciate senza accuse. La polizia va oltre la legge, anche se la stessa legge è già piuttosto draconiana e ingiusta. In realtà, preferiscono evitare che questi temi emergano in un’aula giudiziaria pubblica, e questo è interessante. Ovviamente non si tratta di singoli agenti: la polizia è guidata da varie istituzioni, che forniscono linee guida e altro. Ora siamo nel pieno di un dibattito in Parlamento sull’eutanasia. I sostenitori dicono esplicitamente: “L’opposizione viene tutta dai cristiani, quindi dovrebbe essere ignorata”, come se i cristiani non avessero diritto di parola nel processo democratico. In tutto il Paese c’è la percezione che il cristianesimo sia qualcosa di negativo, da spazzare via. Certo, è solo una parte dell’opinione pubblica, non la maggioranza. Ma è qualcosa che si nota nella classe politica, non universalmente, tra gli attori importanti».
Stephen Miran (Ansa)
L’uomo di Trump alla Fed: «I dazi abbassano il deficit. Se in futuro dovessero incidere sui prezzi, la variazione sarebbe una tantum».
È l’uomo di Donald Trump alla Fed. Lo scorso agosto, il presidente americano lo ha infatti designato come membro del Board of Governors della banca centrale statunitense in sostituzione della dimissionaria Adriana Kugler: una nomina che è stata confermata dal Senato a settembre. Quello di Stephen Miran è d’altronde un nome noto. Fino all’incarico attuale, era stato presidente del Council of Economic Advisors della Casa Bianca e, in tale veste, era stato uno dei principali architetti della politica dei dazi, promossa da Trump.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 10 novembre con Carlo Cambi






