2020-02-01
Chiesti 4 anni per l’ex socio di babbo Renzi
Luigi Dagostino è accusato di corruzione in atti giudiziari, proposti 10 anni e 8 mesi anche per la toga Antonio Savasta. Entrambi si recarono a Palazzo Chigi per incontrare il sottosegretario Luca Lotti, grazie all'intercessione del padre del leader di Italia viva.Quando La Verità rivelò la delicatissima inchiesta per corruzione in atti giudiziari che coinvolgeva il pm pugliese Antonio Savasta, l'imprenditore Luigi Dagostino, ex socio dei genitori di Matteo Renzi, e l'avvocato Ruggiero Sfrecola. i media italiani, come spesso capita, fecero finta di nulla. Anche se la storia era davvero succulenta e sfiorava Tiziano Renzi, Luca Lotti e i vertici del Csm. Era il giugno 2018, e il fascicolo era stato da poco trasferito a Lecce, competente per i reati dei magistrati del distretto di Bari e Trani. Ieri, davanti al gup Cinzia Vergine, la pm Roberta Licci ha chiesto 10 anni e 8 mesi di reclusione per Savasta, 4 anni per Dagostino e 4 anni e 4 mesi per Sfrecola. Le richieste tengono conto della scelta degli imputati del rito abbreviato, che prevede uno sconto di un terzo della pena. L'accusa ha proposto 4 anni e 4 mesi di pena anche per l'ex pm, oggi consigliere di Corte d'appello, Luigi Scimé, e 2 anni e 8 mesi per l'avvocato Giacomo Ragno. Non è finita: la pm ha chiesto di confiscare a Savasta 2,4 milioni di beni, 75.000 euro a Scimè, 53.000 euro complessivi a Dagostino e Sfrecola, 224.000 all'avvocato Ragno.Savasta e Scimè sono accusati di aver aggiustato procedimenti penali in favore degli imprenditori coinvolti nelle indagini, tra cui Dagostino, in cambio di somme di danaro e, in alcuni casi, di gioielli e diamanti. Altri cinque imputati, tra cui un terzo magistrato, Michele Nardi, hanno scelto il rito ordinario. Nel gennaio 2019 Savasta e Nardi sono stati arrestati mentre erano in servizio al Tribunale di Roma. Successivamente Savasta si è dimesso dalla magistratura e ha iniziato a collaborare con gli inquirenti, anche se, per l'accusa, avrebbe ammesso solo ciò che non poteva negare. Per Dagostino è l'ennesima brutta notizia. Il 7 ottobre scorso è stato condannato insieme con Tiziano Renzi e Laura Bovoli a due anni di reclusione per false fatture e truffa (i genitori hanno preso 1 anno e 9 mesi a testa solo per il primo reato); a gennaio ha subito un'altra sentenza sfavorevole a 1 anno, 11 mesi e 10 giorni sempre per reati fiscali. Tutte condanne di primo grado. A incastrare Dagostino è stata l'agendina dove l'imprenditore era solito annotare appuntamenti e pagamenti dopo che erano stati effettuati. Tra il processo di Firenze che ha coinvolto i Renzi e quello di Lecce c'è un incrocio. La condanna del 7 ottobre è arrivata per due fatture pagate da Dagostino e dalla società Tramor a babbo e mamma per un «progettino» mai realizzato. Nell'estate del 2015 genitori incassarono 195.200 euro mentre accompagnavano Dagostino in giro per l'Italia a incontrare politici e toghe. A uno di quei pranzi in una masseria pugliese avrebbe dovuto partecipare anche Matteo Renzi, che, però, diede buca per volare a New York alla finale Us Open tra Flavia Pennetta e Roberta Vinci. Il padre dell'ex premier fece da facilitatore dell'incontro che Savasta e Sfrecola ebbero a Palazzo Chigi il 17 giugno del 2015 con l'allora sottosegretario Luca Lotti. E quello stesso giorno Dagostino pagò una delle due fatture incriminate, quella da 24.200 euro. Per questo la pm Christine von Borries ha aperto un altro procedimento, ancora in fase istruttoria, contro Renzi senior e Dagostino per traffico di influenze illecite. Ma se in Toscana siamo alle battute iniziali, in Puglia il procedimento è già a buon punto.Savasta nel 2014 diventa titolare di un fascicolo (che si fa riassegnare nel 2015) per riciclaggio e false fatture iscritto contro tre imprenditori pugliesi che secondo la Guardia di finanza con le loro ditte fungevano da cartiere per Dagostino. Nelle carte, l'accusa ricostruisce quello che sembra un aggiustamento da manuale del procedimento: sceglie per i tre indagati come avvocato d'ufficio Sfrecola, un suo ex compagno di liceo, dicendo di averlo selezionato chiamando un call center disattivo dal 2006; nel maggio del 2015 restituisce il materiale sequestrato a un indagato senza averlo mai fatto esaminare, né copiare; di fronte alla confessione di due degli imprenditori non chiede chi siano i beneficiari delle false fatture e anche se i beneficiari risultano dalla contabilità non provvede a iscrivere gli amministratori, tra cui Dagostino, sul registro degli indagati. Nel marzo 2017 fa un ultimo favore agli imprenditori sotto inchiesta, «dimenticandosi» di fargli notificare l'avviso di chiusura indagini. Per l'accusa che cosa avrebbe ottenuto in cambio? Dopo il primo interrogatorio «morbido» avrebbe intascato insieme con l'avvocato Sfrecola 20.000 euro (pagamento annotato nell'agendina di Dagostino); dopo la restituzione del materiale sequestrato altri 25.000. Altri 8.000 euro sarebbero stati pagati tra gennaio e febbraio 2016, soldi che anche in questo caso «Sfrecola si doveva ripartire con Savasta».Come detto, la Licci inserisce tra le utilità contestate anche l'incontro con Lotti a Palazzo Chigi, abboccamento che Dagostino procurava a Savasta «in quel periodo sottoposto a diversi procedimenti penali presso la procura di Lecce e disciplinari presso il Csm e per tale ragione interessato a ottenere un incarico a Roma per potersi allontanare dalla Procura di Trani». Motivazioni ammesse dallo stesso Savasta in un'intervista rilasciata alla Verità, definita nell'ordinanza di custodia cautelare contro Savasta del gennaio 2019 «una formidabile conferma all'ipotesi accusatoria». Per il gip «sostanzialmente, Savasta nell'intervista cristallizza esattamente quel concetto di utilità non economica (...), contropartita alla gestione dei procedimenti a lui in carico e tutta diretta a favorire la posizione dell'imprenditore».Nel capo d'imputazione non è entrata, invece, un'occasione conviviale favorita da Dagostino: l'ex socio di babbo Renzi, nel dicembre 2016, mentre il Csm discuteva il trasferimento d'ufficio di Savasta, portò il magistrato a cena a casa di un suo dipendente che aveva come ospiti l'allora vicepresidente del Csm Giovanni Legnini e altri membri del Csm. Savasta nel marzo del 2017 si spostò a Roma su propria richiesta.
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