
Ieri a Cuneo un coimputato di Laura Bovoli nel procedimento per la Direkta ha fatto la domanda. Slitta l'udienza di rinvio a giudizio: tutto fermo fino al 28 febbraio. La donna è accusata di concorso in bancarotta.Le vacanze di Natale potrebbero rivelarsi meno infauste del previsto. La mamma di Matteo Renzi, Laura Bovoli, ha infatti schivato il secondo rinvio a giudizio in pochi mesi grazie a una richiesta di ricusazione sollevata da uno dei suoi coimputati nei confronti del giudice che, nell'udienza preliminare di ieri, a Cuneo, avrebbe dovuto decidere se mandarla a processo, come richiesto dalla procura guidata da Onelio Dodero. La signora Bovoli è imputata, insieme all'imprenditore Paolo Buono e al commercialista Franco Peretta, per concorso in bancarotta documentale aggravata dall'entità del danno patrimoniale. L'inchiesta è legata al crac della Direkta srl di Mirko Provenzano, ditta per anni in stretti rapporti commerciali con la Eventi6 di Rignano sull'Arno, l'azienda della famiglia dell'ex presidente del Consiglio.La mossa di Buono ha avuto un effetto immediato: procedimento congelato fino al 28 febbraio in attesa che la I sezione della Corte d'appello di Torino decida sui motivi dell'istanza che, di fatto, sollecita la sostituzione del gup Emanuela Dufour con un altro magistrato.Ci aveva già provato lo stesso giudice Dufour, un mese fa, a lasciare l'incombenza con un'articolata richiesta di astensione indirizzata al presidente del tribunale di Cuneo, Paolo Giovanni Demarchi Albengo, che però l'aveva rigettata con severe motivazioni. Per il gup, l'aver autorizzato, in precedenza, le proroghe delle indagini in relazione al procedimento-madre della bancarotta della Direkta srl, da cui era poi nato il fascicolo figlio sulla madre di Renzi, rappresentava un'evidente incompatibilità, «sussistendo» inoltre «gravi ragioni di convenienza». Secondo la Dufour, i due procedimenti erano connessi non solo per la denuncia in comune presentata da Giorgio Fossati ma anche perché «tra gli allegati alla denuncia del Fossati» c'erano «anche le lettere di Bovoli Laura e la nota di Buono Paolo» contestate nei capi d'imputazione del fascicolo figlio. Per gli inquirenti, la madre di Matteo Renzi e l'imprenditore si sarebbero prestati «a far risultare un abbattimento dell'esposizione della Direkta srl nei confronti dei suoi fornitori». La signora Laura avrebbe emesso tre lettere con richiesta di «note di credito» per «penali e disservizi» per contribuire a «bloccare il ricorso a decreto ingiuntivo di 1,7 milioni di euro avviato dai fornitori della Direkta».In sostanza, il gup Dufour aveva confessato di «avere, pertanto, già espresso il proprio convincimento sui fatti oggetto del giudizio», e quindi di non essere imparziale.Una ricostruzione letteralmente smontata dal presidente del tribunale che ha contestato addirittura la veridicità delle asserzioni del magistrato del suo ufficio. «Contrariamente a quanto affermato nell'istanza», ha scritto infatti il capo, il fascicolo figlio «non proviene a seguito di separazione» dal procedimento madre ma «costituisce una nuova e autonoma iscrizione». E ha rimarcato: «Non corrisponde al vero nemmeno quanto indicato... laddove si afferma» che il fascicolo figlio «pur originando dalla denuncia che ha comportato l'iscrizione» del procedimento madre «è stato formato in via autonoma» e non «quale mutamento della qualificazione giuridica del fatto». E arriviamo, così, all'udienza di ieri. Quando Buono ha deciso di rivolgersi direttamente alla Corte d'appello di Torino riprendendo, in tutto e per tutto, il ragionamento del gup bocciato dal presidente del tribunale. Focalizzando però l'attenzione sul reato genetico di tutta l'attività investigativa, ovvero le false fatture. Che sono, nel procedimento madre, contestate ai presunti «utilizzatori» (Provenzano e soci) e nel fascicolo figlio agli «asseriti emittenti» (Bovoli e Buono). «Il fatto è il medesimo, seppur esaminato da altro angolo visuale», ha sottolineato l'imputato. Ragion per cui, secondo Buono, sarebbe «evidente il rischio di parzialità, seppur inconsapevole, del giudizio».Come detto, dovrà essere la I sezione della Corte d'Appello a valutare nei prossimi giorni se la permanenza del gup Dufour rappresenti, come paventato dagli avvocati di Buono, una «compressione del diritto di difesa» anche nella scelta di un rito abbreviato.Sullo sfondo della battaglia tra Buono e il presidente del tribunale sta Laura Bovoli. Ieri non era in aula. Si è risparmiata così un lungo viaggio fino a Cuneo. Il suo avvocato, Federico Bagattini, è stato lapidario nel commento ma probabilmente non amareggiato dalla mossa del coimputato: «Non ci si difende dal processo, ma ci si difende nel processo», ha detto al nostro giornale.Nel caso di mamma Laura, sarebbe però più giusto parlare di processi, al plurale. La genitrice di Matteo è infatti già a dibattimento (prima udienza 4 marzo 2019) a Firenze, insieme al marito Tiziano, per presunte false fatture per 200.000 euro. E non è tutto. Come scritto dalla Verità domenica scorsa, il quadro giudiziario della famiglia di Rignano sull'Arno sta diventando sempre più complicato anche nell'inchiesta per concorso in bancarotta per la cooperativa Delivery service Italia, sempre a Firenze, in cui sono coinvolti Tiziano e Laura e alcuni dei loro più stretti (e storici) collaboratori.Forse proprio per questo capovolgimento di fronte Matteo Renzi, dopo aver sparato a palle incatenate sui genitori di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, proprio ieri su Facebook ha sotterrato l'ascia di guerra: «La polemica sull'avviso di garanzia al padre di Di Maio è ridicola. Solo delle menti contorte possono considerare l'avviso di garanzia una sentenza. E solo delle menti ancora più contorte possono utilizzare (presunti) reati dei padri come arma di battaglia contro i figli. Di suo padre invece a noi non interessa».Sotto l'albero renziano, a Natale, non ci saranno per ora brutte sorprese.
Andy Mann for Stefano Ricci
Così la famiglia Ricci difende le proprie creazioni della linea Sr Explorer, presentata al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, concepita in Patagonia. «Più preserveremo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.





