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2023-09-13
La toga dell’inchiesta sulle zone rosse adesso scarica il consulente Crisanti
Antonio Chiappani, procuratore di Bergamo, da ieri in pensione (Ansa)
Il governo di centrodestra alle prese con il rialzo dei casi di Covid ha la necessità di mantenere un equilibrio tra la sua storica propensione (almeno per quel che riguarda Lega e Fdi) a non esasperare il timore del virus e la necessità di non essere accusato di non aver fatto nulla nel malaugurato caso che dovessero sorgere problemi. Si parte dalle scuole: oggi, nel tardo pomeriggio, è in programma il tavolo fra tecnici del ministero della Salute e dell’Istruzione sulla situazione dell’evoluzione del Covid e le eventuali misure nelle scuole.
«Il 5 maggio scorso», dice a La Stampa il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, «l’Oms ha decretato la fine della pandemia da Covid evidenziando che la patologia dovrà essere controllata e gestita al pari di altre malattie infettive. Nel quadro costituzionale della garanzia del diritto allo studio e del diritto alla salute, ho già avviato un confronto con il ministro della Salute riguardo alle misure di prevenzione sanitaria ritenute utili da adottare nelle scuole, secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità, per prevenire il rischio diffusivo di contagi da Covid-19, in particolare per gli studenti e il personale scolastico che versano in condizioni di fragilità. Abbiamo anche deciso», aggiunge Valditara, «la istituzione di un tavolo interministeriale che si riunirà con cadenza periodica per monitorare l’evolversi della situazione in base ai riscontri scientifici relativi all’andamento del virus . Adotteremo insomma tutte le misure che gli esperti giudicheranno utili a contenere il contagio a tutela in particolare degli studenti ed il personale fragile. Per le nuove scuole si è disposta la necessità di adeguati sistemi di aerazione così da ridurre l’impatto della circolazione dei vari virus respiratori».
«Non mi sembra che al momento ci siano condizioni allarmanti», sottolinea la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti, «i presidi sanno comunque, rispetto a due anni e mezzo fa, quali sono le procedure di emergenza, la distribuzione delle mascherine e dei disinfettanti. Non abbiamo ragioni per avere preoccupazioni che vadano oltre un normale controllo della situazione». Messaggi distensivi arrivano anche dai presidi: «Non esiste alcun allarme Covid», sottolinea all’Agi il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, «si sono diffuse delle preoccupazioni, è vero che qualche caso in più c’è stato ma dopo l’estate ce lo aspettavamo. Siamo ormai in una fase di endemizzazione. Le mascherine a scuola? Assolutamente no, certo serve molta attenzione per i fragili e intendo le persone molto anziane o gli immunodepressi. Naturalmente se uno studente vorrà indossare la mascherina perché ha una situazione delicata a casa, lo farà tranquillamente».
Un altro aspetto da tenere presente è quello che riguarda le persone fragili che si recano al lavoro: «Presenterò un’interrogazione ai ministri Schillaci e Zangrillo», ha detto il capogruppo del M5S in commissione Affari sociali e sanità al Senato, Orfeo Mazzella, «per richiamare all’attenzione del governo la delicata tematica dello smart working semplificato per i lavoratori fragili, in scadenza il prossimo 30 settembre. Al momento, solo due categorie di lavoratori possono usufruire di questa tipologia di lavoro sino al termine dell’anno, ma, come suggerito da numerosi esperti, è necessario prorogare la misura per tutti i lavoratori del settore pubblico e privato, in considerazione di un aumento dei contagi. Inoltre, dato che non è chiaro», aggiunge Mazzella, «ho chiesto all’esecutivo di chiarire se, fino al termine dell’anno, è consentito lavorare in smart working sia ai lavoratori dipendenti del settore pubblico che privato esposti a rischio di contagio dal virus, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità che possano caratterizzare una situazione di maggiore rischio».
Non ripetere gli errori del passato è la parola d’ordine, e a proposito di errori del passato suscita molta curiosità quanto affermato al Corriere da Antonio Chiappani, procuratore di Bergamo, da ieri in pensione. La Procura orobica, ricordiamolo, ha curato l’inchiesta sulla pandemia che ha l’archiviazione da parte del Tribunale dei Ministri del filone che coinvolgeva l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro Roberto Speranza e il governatore Attilio Fontana. Alla domanda se risceglierebbe il microbiologo Andrea Crisanti, oggi senatore del Pd, come consulente della Procura nelle indagini sui primi mesi della pandemia, l’ex procuratore di Bergamo risponde così: «Io non ho fatto la scelta di Crisanti, che stimo (l’indagine è in capo all’aggiunto Maria Cristina Rota, ndr). Evidentemente è una scelta che non ci ha aiutato. Il presidente della Regione della Lega che si vede accusato da un senatore del Pd può avere da ridire. Però con noi Crisanti si è sempre comportato in modo obiettivo, da consulente. Del resto, uno degli accusati era del suo partito, il ministro (Speranza, ndr)».
Che disastro i medici «importati»
Esattamente cosa vuole dire «necessaria radiografia al collo dell’utero» in un paziente uomo?
E cosa vuol dire: «Paziente esce dall’auto, un incidente di 4 ore, iniziato due ore fa con dolore al collo e nausea?». E «studio radiografico della mamma cosciente»?
E ancora. Cosa sta a significare: «Impressionante moderata disidratazione dovuta alla mancanza di appetito»? O «le membrane mucose secche e pallide sono annotate, non ittero»? E cos’è esattamente un «fumatore gerarchico»?
A leggerli, questi sberleffi della lingua italiana, verrebbe da pensare che siamo matti o che qualcuno è uscito di senno, ma in realtà sono i referti giunti in mano alla Verità e provenienti dal pronto soccorso dell’ospedale di Latisana in Friuli Venezia Giulia. Scivoloni linguistici, ruzzoloni verbali, svarioni idiomatici, che raccontano e narrano situazioni assurde e inverosimili, se non fosse per il fatto che gli autori di simili prodezze sono i medici esterni di origine sudamericana di cui il pronto soccorso di Latisana, quest’estate, si è avvalso per far fronte alla carenza di personale negli ospedali. I medici argentini sono stati messi a disposizione all’azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale da una società privata. Il punto è che se già in situazioni di emergenza è facile sbagliare, figuriamoci con questi referti di cui non si capisce assolutamente nulla.
E il pronto soccorso è una realtà in emergenza assoluta. Non sono ammessi distrazioni, ritardi, sbagli, errori, tentennamenti. Qui il tempo corre alla velocità della luce e bisogna prenderlo in tempo prima che prenda gli esseri umani. Qui si sta in fila come i dannati, il traffico di barelle è inverosimile. Arrivano come arrivano le valigie ai nastri trasportatori. Gli infermieri le prendono, le spostano, le accostano, fanno retromarcia, vanno avanti, indietro. Ci sono anche quelli che sollevano i malati e uno-due-tre-al mio quattro-giù sulla barella. Se uno si mette anche a perdere tempo per interpretare quello che un medico sudamericano, con tutto il rispetto, voglia dire, campa cavallo. Tanto che ora l’ospedale ha deciso di prendere un interprete. Ossia, la sanità pubblica in Italia è talmente avanzata, che anziché far lavorare i medici italiani, importiamo quelli di altri Paesi e poi, se non ci capiamo, prendiamo un traduttore che ci fa da tramite. Che bellezza.
Così abbiamo contatto il presidente regionale Fvg Aaroi - Emac, l’associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani - Emergenza Area Critica, e abbiamo addirittura scoperto che tutto questo è dovuto sì alla mancanza di personale, ma anche al Covid di cui ancora portiamo sul groppone gli strascichi.
«La normativa italiana», ci spiega Alberto Peratoner, «non prevede che questi possano lavorare in Italia, però con l’emergenza Covid, con una deroga, è stata data la possibilità ai medici extracomunitari di venire qui. Ma per lavorare in Italia uno deve avere una parificazione con la laurea italiana, così come noi per fare i medici negli Stati Uniti noi dobbiamo fare un esame. Ma allora perché non investire sui nostri specializzandi?». Già. Perché? «Quello che c’è dietro a queste cooperative private per noi rimane un mistero. Noi vediamo solo il risultato finale, che è questo, ma cosa spinga una cooperativa a scegliere un medico latino americano anziché uno italiano non lo sappiamo». Le aziende sanitarie comprano questi pacchetti dalle cooperative e come si dice «ndò cogli cogli». «Infatti», continua Peratoner, «poi a noi arrivano questi casi qua. L’azienda ha dovuto ingaggiare dei traduttori per permettere ai pazienti di capire la lingua. Il problema è che queste coop senza criterio lanciano questi medici nel sistema pubblico. Farebbe sorridere, se non si pensa che dietro ci sono delle persone».
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Il procuratore di Bergamo va in pensione e ammette: «Sceglierlo non ci ha aiutato». Intanto il governo studia nuove tutele per i lavoratori fragili. Sulla scuola la sottosegretaria Paola Frassinetti rassicura: «Non c’è allarme».Con la pandemia si è dato il via libera all’assunzione di dottori stranieri. I quali, nel pronto soccorso di Latisana (Udine) prescrivono radiografie all’utero agli uomini...Lo speciale contiene due articoli.Il governo di centrodestra alle prese con il rialzo dei casi di Covid ha la necessità di mantenere un equilibrio tra la sua storica propensione (almeno per quel che riguarda Lega e Fdi) a non esasperare il timore del virus e la necessità di non essere accusato di non aver fatto nulla nel malaugurato caso che dovessero sorgere problemi. Si parte dalle scuole: oggi, nel tardo pomeriggio, è in programma il tavolo fra tecnici del ministero della Salute e dell’Istruzione sulla situazione dell’evoluzione del Covid e le eventuali misure nelle scuole. «Il 5 maggio scorso», dice a La Stampa il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, «l’Oms ha decretato la fine della pandemia da Covid evidenziando che la patologia dovrà essere controllata e gestita al pari di altre malattie infettive. Nel quadro costituzionale della garanzia del diritto allo studio e del diritto alla salute, ho già avviato un confronto con il ministro della Salute riguardo alle misure di prevenzione sanitaria ritenute utili da adottare nelle scuole, secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità, per prevenire il rischio diffusivo di contagi da Covid-19, in particolare per gli studenti e il personale scolastico che versano in condizioni di fragilità. Abbiamo anche deciso», aggiunge Valditara, «la istituzione di un tavolo interministeriale che si riunirà con cadenza periodica per monitorare l’evolversi della situazione in base ai riscontri scientifici relativi all’andamento del virus . Adotteremo insomma tutte le misure che gli esperti giudicheranno utili a contenere il contagio a tutela in particolare degli studenti ed il personale fragile. Per le nuove scuole si è disposta la necessità di adeguati sistemi di aerazione così da ridurre l’impatto della circolazione dei vari virus respiratori». «Non mi sembra che al momento ci siano condizioni allarmanti», sottolinea la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti, «i presidi sanno comunque, rispetto a due anni e mezzo fa, quali sono le procedure di emergenza, la distribuzione delle mascherine e dei disinfettanti. Non abbiamo ragioni per avere preoccupazioni che vadano oltre un normale controllo della situazione». Messaggi distensivi arrivano anche dai presidi: «Non esiste alcun allarme Covid», sottolinea all’Agi il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, «si sono diffuse delle preoccupazioni, è vero che qualche caso in più c’è stato ma dopo l’estate ce lo aspettavamo. Siamo ormai in una fase di endemizzazione. Le mascherine a scuola? Assolutamente no, certo serve molta attenzione per i fragili e intendo le persone molto anziane o gli immunodepressi. Naturalmente se uno studente vorrà indossare la mascherina perché ha una situazione delicata a casa, lo farà tranquillamente».Un altro aspetto da tenere presente è quello che riguarda le persone fragili che si recano al lavoro: «Presenterò un’interrogazione ai ministri Schillaci e Zangrillo», ha detto il capogruppo del M5S in commissione Affari sociali e sanità al Senato, Orfeo Mazzella, «per richiamare all’attenzione del governo la delicata tematica dello smart working semplificato per i lavoratori fragili, in scadenza il prossimo 30 settembre. Al momento, solo due categorie di lavoratori possono usufruire di questa tipologia di lavoro sino al termine dell’anno, ma, come suggerito da numerosi esperti, è necessario prorogare la misura per tutti i lavoratori del settore pubblico e privato, in considerazione di un aumento dei contagi. Inoltre, dato che non è chiaro», aggiunge Mazzella, «ho chiesto all’esecutivo di chiarire se, fino al termine dell’anno, è consentito lavorare in smart working sia ai lavoratori dipendenti del settore pubblico che privato esposti a rischio di contagio dal virus, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità che possano caratterizzare una situazione di maggiore rischio».Non ripetere gli errori del passato è la parola d’ordine, e a proposito di errori del passato suscita molta curiosità quanto affermato al Corriere da Antonio Chiappani, procuratore di Bergamo, da ieri in pensione. La Procura orobica, ricordiamolo, ha curato l’inchiesta sulla pandemia che ha l’archiviazione da parte del Tribunale dei Ministri del filone che coinvolgeva l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro Roberto Speranza e il governatore Attilio Fontana. Alla domanda se risceglierebbe il microbiologo Andrea Crisanti, oggi senatore del Pd, come consulente della Procura nelle indagini sui primi mesi della pandemia, l’ex procuratore di Bergamo risponde così: «Io non ho fatto la scelta di Crisanti, che stimo (l’indagine è in capo all’aggiunto Maria Cristina Rota, ndr). Evidentemente è una scelta che non ci ha aiutato. Il presidente della Regione della Lega che si vede accusato da un senatore del Pd può avere da ridire. Però con noi Crisanti si è sempre comportato in modo obiettivo, da consulente. Del resto, uno degli accusati era del suo partito, il ministro (Speranza, ndr)».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/chiappani-toga-inchiesta-zone-rosse-2665287330.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="che-disastro-i-medici-importati" data-post-id="2665287330" data-published-at="1694542415" data-use-pagination="False"> Che disastro i medici «importati» Esattamente cosa vuole dire «necessaria radiografia al collo dell’utero» in un paziente uomo? E cosa vuol dire: «Paziente esce dall’auto, un incidente di 4 ore, iniziato due ore fa con dolore al collo e nausea?». E «studio radiografico della mamma cosciente»? E ancora. Cosa sta a significare: «Impressionante moderata disidratazione dovuta alla mancanza di appetito»? O «le membrane mucose secche e pallide sono annotate, non ittero»? E cos’è esattamente un «fumatore gerarchico»? A leggerli, questi sberleffi della lingua italiana, verrebbe da pensare che siamo matti o che qualcuno è uscito di senno, ma in realtà sono i referti giunti in mano alla Verità e provenienti dal pronto soccorso dell’ospedale di Latisana in Friuli Venezia Giulia. Scivoloni linguistici, ruzzoloni verbali, svarioni idiomatici, che raccontano e narrano situazioni assurde e inverosimili, se non fosse per il fatto che gli autori di simili prodezze sono i medici esterni di origine sudamericana di cui il pronto soccorso di Latisana, quest’estate, si è avvalso per far fronte alla carenza di personale negli ospedali. I medici argentini sono stati messi a disposizione all’azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale da una società privata. Il punto è che se già in situazioni di emergenza è facile sbagliare, figuriamoci con questi referti di cui non si capisce assolutamente nulla. E il pronto soccorso è una realtà in emergenza assoluta. Non sono ammessi distrazioni, ritardi, sbagli, errori, tentennamenti. Qui il tempo corre alla velocità della luce e bisogna prenderlo in tempo prima che prenda gli esseri umani. Qui si sta in fila come i dannati, il traffico di barelle è inverosimile. Arrivano come arrivano le valigie ai nastri trasportatori. Gli infermieri le prendono, le spostano, le accostano, fanno retromarcia, vanno avanti, indietro. Ci sono anche quelli che sollevano i malati e uno-due-tre-al mio quattro-giù sulla barella. Se uno si mette anche a perdere tempo per interpretare quello che un medico sudamericano, con tutto il rispetto, voglia dire, campa cavallo. Tanto che ora l’ospedale ha deciso di prendere un interprete. Ossia, la sanità pubblica in Italia è talmente avanzata, che anziché far lavorare i medici italiani, importiamo quelli di altri Paesi e poi, se non ci capiamo, prendiamo un traduttore che ci fa da tramite. Che bellezza. Così abbiamo contatto il presidente regionale Fvg Aaroi - Emac, l’associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani - Emergenza Area Critica, e abbiamo addirittura scoperto che tutto questo è dovuto sì alla mancanza di personale, ma anche al Covid di cui ancora portiamo sul groppone gli strascichi. «La normativa italiana», ci spiega Alberto Peratoner, «non prevede che questi possano lavorare in Italia, però con l’emergenza Covid, con una deroga, è stata data la possibilità ai medici extracomunitari di venire qui. Ma per lavorare in Italia uno deve avere una parificazione con la laurea italiana, così come noi per fare i medici negli Stati Uniti noi dobbiamo fare un esame. Ma allora perché non investire sui nostri specializzandi?». Già. Perché? «Quello che c’è dietro a queste cooperative private per noi rimane un mistero. Noi vediamo solo il risultato finale, che è questo, ma cosa spinga una cooperativa a scegliere un medico latino americano anziché uno italiano non lo sappiamo». Le aziende sanitarie comprano questi pacchetti dalle cooperative e come si dice «ndò cogli cogli». «Infatti», continua Peratoner, «poi a noi arrivano questi casi qua. L’azienda ha dovuto ingaggiare dei traduttori per permettere ai pazienti di capire la lingua. Il problema è che queste coop senza criterio lanciano questi medici nel sistema pubblico. Farebbe sorridere, se non si pensa che dietro ci sono delle persone».
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
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Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
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Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
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