2019-01-21
Chi voterà il Cavaliere aiuterà la sinistra?
Silvio Berlusconi ha fatto una scelta eroica decidendo di candidarsi alle europee. Innanzitutto perché a 82 anni non è facile imbarcarsi in una campagna elettorale come quella per il Parlamento di Bruxelles, dove contano soprattutto le preferenze. Si tratta di uno sforzo titanico, con un grande impegno fisico che per il leader azzurro si tradurrà in stress e grande dispendio di energie. E poi, oltre al fattore personale, c'era anche altro che consigliava di archiviare le ambizioni di ritornare a sedere in un'assemblea rappresentativa. I sondaggi per esempio, che come è noto non danno il partito del Cavaliere in grande spolvero. Se il 4 marzo dello scorso anno Forza Italia raccolse appena il 14 per cento, facendosi superare dalla Lega, oggi (...)(...) le rilevazioni attribuiscono al partito di Berlusconi un risicato 7%. È vero che i conti vanno fatti alla fine, perché a distanza dall'apertura dei seggi sono sempre poco attendibili, e poi il Cavaliere ha dimostrato più volte che la sua discesa in campo fa la differenza e può far salire i consensi anche del 5 o 6%. Tuttavia, se pure gli riuscisse il colpo di raddoppiare i voti che in questi giorni gli attribuiscono, sarebbe pur sempre al 14%: meno della metà di quello di cui, al momento, disporrebbe Matteo Salvini, ovvero colui che dalle scorse politiche gli ha soffiato lo scettro e si è autoproclamato leader del centrodestra. Dunque, se Berlusconi facesse il miracolo, la guida di quell'area politica che per un quarto di secolo è stata rappresentata dal Cavaliere, rimarrebbe saldamente nelle mani del capo leghista.Certo, è anche vero che se Salvini alle europee raccogliesse davvero più del 30% (gli ultimi sondaggi lo danno oltre il 35) e Forza Italia arrivasse al 12 o più, l'idea di una rifondazione del centrodestra prenderebbe quota e non sarebbe più solo un esercizio teorico, fatto a tavolino da quattro commentatori. Salvini incarnerebbe il primo partito d'Italia e Berlusconi avrebbe qualche carta in mano per sedersi al tavolo da gioco, scommettendo su una rottura del contratto di governo fra Lega e 5 stelle, puntando su una futura coalizione moderata. Se si andasse alle politiche e le percentuali venissero confermate, Lega e Forza Italia avrebbero in pratica i numeri per fare da soli e, per quanto riguarda il vicepremier, non sarebbe costretto a tenere i piedi in due scarpe, cioè a presentarsi alle conferenze stampa intestandosi quota 100 ma non il reddito di cittadinanza.Diciamo poi che, oltre al calcolo politico, per quanto riguarda Berlusconi c'è anche la voglia di vedersi riabilitato. Come tutti sanno il Cavaliere, dopo la condanna Mediaset, venne cacciato dal Parlamento e molti festeggiarono. Rientrare a distanza di sei anni e dalla porta principale di Bruxelles, riverito e spalleggiato da un pezzo d'Europa, diciamo che al leader di Forza Italia non può che fare piacere. Anzi, forse lo ritiene una specie di indennizzo dopo anni di amarezze.Ciò detto, e dopo aver dato atto dello sforzo eroico in cui si sta impegnando, non possiamo non dare un suggerimento al vecchio leone di Forza Italia. Per troppi anni si è caricato sulle spalle una classe dirigente di second'ordine, convinto che nonostante i suoi non fossero all'altezza dei compiti affidatigli, poi ci avrebbe pensato lui a fare la differenza. Il che è puntualmente accaduto. Oggi però molte cose sono cambiate, e la squadra che intende guidare per risollevare Forza Italia non può essere considerata un fattore di scarsa importanza. Soprattutto quando quella di cui si dispone, invece di marciare unita con il leader, se ne va per la propria strada da un'altra parte. Sul Fatto Quotidiano ieri, per esempio, si poteva leggere un'intervista a Paolo Romani, ex ministro ed ex capogruppo di Forza Italia, oltre che candidato impallinato alla guida del Senato. In un'intervista al giornale di Marco Travaglio, il senatore azzurro in pratica apriva la porta al dialogo con Carlo Calenda, suo successore allo Sviluppo economico, ma soprattutto candidato a guidare un carrozzone di sinistra di cui facciano parte il Pd e Leu. Secondo Romani, molte delle cose proposte dall'esponente della sinistra sarebbero condivisibili. L'ex ministro non lo dice apertamente, ma lo fa capire: con Calenda un accordo si può fare. Il Fatto sintetizza l'intervista con un titolo che dice tutto: siamo simili. Simili chi? Romani e Calenda? Oppure Forza Italia e il minestrone indigesto che sta cucinando l'ex manager passato al Pd? Nella prima ipotesi, cioè di Romani e Calenda simili, non c'è da preoccuparsi, perché i due insieme raccoglierebbero a mala pena i voti dei parenti. Ma nel caso invece l'ex capogruppo azzurro intenda dire che Forza Italia è simile al Pd, beh, allora sì che c'è da preoccuparsi e il primo a esserlo dovrebbe proprio essere Berlusconi. Perché se il Cavaliere ridiscende in campo, a prezzo di un impegno fisico non da poco, e poi c'è chi gli rompe le uova nel paniere lasciando intendere che si può fare una frittata con Forza Italia, Pd e Leu, beh non si tratta certo di un aiuto, ma piuttosto di un sabotaggio. Il partito del Cavaliere è nato per impedire una deriva a sinistra del Paese, non per fare un'alleanza con la sinistra. È vero che dal 1994 a oggi sono passati 25 anni e molte cose sono cambiate. Tuttavia i cromosomi dei due partiti rimangono diversissimi. Già il Cavaliere nella scorsa campagna elettorale ha dovuto fare i conti con il sospetto che si stesse preparando un patto del Nazareno bis, e Dio solo sa quanto gli sia costato in termini di voti il venticello d'inciucio. Ma se adesso, ancora prima di cominciare la sfida, rispunta l'ipotesi della innaturale ammucchiata, gli elettori correranno in massa tra le braccia di Salvini. Perché se un italiano deve votare Forza Italia per poi trovarsi con Calenda, Renzi, Zingaretti, Martina e compagni, beh, magari alla fine, prima di entrare nel seggio, ci ripensa. Insomma, Cavaliere, noi lo diciamo per lei. Apprezziamo il gesto della candidatura, ma prima di lanciarsi nell'impresa, si guardi le spalle. Come diceva il detto? Dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io. Auguri.
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.