
Il poco rispetto per i pendolari è misura della protervia mostrata dal premier con i suoi «editti giuseppini». Siamo in ostaggio.Può darsi che l'Italia di oggi e il governo Conte vengano studiati negli anni a venire; non però per le ragioni che dice Giuseppi: prontezza di intervento e innovazione nei metodi. Piuttosto per un altro motivo, molto semplice. Da due mesi l'avvocato ci inonda di decreti che ci comunicano che cosa ci è graziosamente concesso di fare, cosa poi dobbiamo fare assolutamente, e cosa invece è del tutto proibito. Non è però chiaro invece cosa faccia per noi italiani lui e il suo governo, a parte i proclami. Che risorse ci ha fornito per affrontare la situazione, al di fuori delle confuse e parziali norme, poi corrette in continuazione nei giorni e settimane successive? Non si tratta solo della situazione sanitaria ma di quella esistenziale: lavoro, affetti, risorse, (a parte gli «affetti stabili», richiesti per decreto). Perfino un democratico come il professor Gustavo Zagrebelsky ha segnalato, (nella nuova Repubblica a direzione Maurizio Molinari), gli aspetti patologici e «stupefacenti» dei decreti. Questo presidente, come ci aiuta poi a vivere nel Paese che ha messo sottochiave? Cosa conosce del governo, al di là della passione poliziesca per la proibizione?Altri governi democratici europei appena sospeso il lavoro hanno stabilito le indennità per quelli che perdevano lo stipendio, e alla fine del mese le hanno distribuite; prima di dire ai vecchi di stare a casa hanno predisposto il servizio di chi dal giorno seguente avrebbe portato loro il cibo, e così via. Che è poi il normale lavoro dei capi (come vorrebbero essere i giuseppi): ti dico cosa devi fare, e poi faccio in modo di farti sopravvivere, non passo a fare un altro editto con relativi obblighi per altri «sudditi». Questo però lo sanno i capi che hanno esperienze di lavoro. Dal confinamento italiano, con successivo smarrimento del come fare a uscirne vivi, una cosa invece appare chiara: questi del mondo del lavoro nulla sanno. Il lavoro però è il pane dell'uomo, e non solo perché gli permette di procurarselo: ma perché gli fornisce i valori necessari ad affrontare la vita. In ogni cultura, è solo l'orco cattivo che ti chiude in una stanza e poi ti lascia lì; i personaggi positivi della fiaba ti insegnano come fare ad uscirne. L'assenza di empatia per il lavoro del legislatore solitario Giuseppe Conte andrà naturalmente ricordata prima di fare qualsiasi discorso sul dopo Covid: persone così devono lasciare prima possibile la tolda del comando (ottenuto avventurosamente e senza mandato popolare), o sarà difficile che la nave non vada a sbattere. Per guidare un Paese è necessario conoscere direttamente l'esperienza fondante della vita, che non è la politica né il diritto, ma il lavoro.Ci sono intere categorie di lavoratori, anche numerose e importanti per il benessere complessivo, che sono state completamente ignorate sia nella chiusura che nella riapertura del Paese. Sono per esempio le migliaia di cittadini che si muovono col treno, a cominciare dai nostri rinomati e giustamente molto pubblicizzati treni ad alta velocità. Chi li usa lo fa non perché sia uno scansafatiche o un lussurioso snob, bensì perché persona che per ragioni (appunto) di studio o lavoro vive e si muove tra due o più città. Un fenomeno dello sviluppo avanzato, molto frequente negli Usa dove è risolto con l'aereo, ma anche tra Nord e Sud della Francia, e altrove. Anche da noi il lavoratore bilocalizzato è uno dei personaggi protagonisti dello sviluppo, soprattutto al Nord, e per farlo si muove in gran parte con le Frecce, veloci e sulle quali può continuare a lavorare. È un popolo operoso e silenzioso, tendenzialmente iperattivo, spesso chino sul computer dalla partenza all'arrivo, che svolge lavori di una certa responsabilità, e porta direttamente e indirettamente un buon contributo alla formazione del nostro Pil, ora infragilito dall'epidemia. È un settore chiave per capire se la riapertura sarà fatta utilizzando l'esperienza del Covid 19 come spinta allo sviluppo o all'innovazione, o come strumento per rigettare indietro tutta l'Italia, respingendola ai tempi ante Alta velocità, sostanzialmente nella stagnazione e dello sprofondamento negli aspetti peggiori del Mediterraneo. E a quanto pare di capire il governo è assai lontano dall'avere una visione lucida sulla questione. Lo stesso fatto che si insista a una ripartenza con trasporti calibrati neppure a zone (Nord e Sud), ma a regioni, esprime una visione del trasporto (e quindi dello sviluppo che da esso dipende) polverosa e ottocentesca, da burocrazia fortemente attardata.Tanta insolente sciatteria verso il viaggiatore-lavoratore-consumatore-cittadino ci aiuta così a capire che dietro all'incubo in cui siamo non c'è solo il Covid 19, (che in Italia comincia un po' ad assomigliare al «marziano a Roma» di Ennio Flaiano), ma appunto: «l'aria de Roma». Se proprio vuoi muoverti col treno hai a disposizione nell'intera giornata pochi regionali (non proprio il meglio che ci sia dal punto di vista igienico, cui oggi tutto viene riferito) e ti arrangi. Inevitabile dunque pensare che la riapertura è decisa e organizzata da gente che viaggia con l'autista di Stato, non ha chiaro quanto l'Italia sia lunga, larga e malservita; e rassegnarsi a capire che un sistema ferroviario limitato a dei «regionali» arcaicamente imprigionati nelle rispettive regioni taglia a chiunque del 50% le sue possibilità di lavoro e produttività. L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, ma gran parte dei suoi dirigenti politici no. E il popolo, cui secondo la Costituzione appartiene la sovranità, non viene lasciato votare per evitare che li cacci. Anche qui, però, torna fuori prepotente la questione sanitaria. Non per via del Covid, ma per i guai che si sviluppano quando il confinamento viene affrontato in modo sbagliato, ipergiuridico, come se «la virtù del buono cittadino» (come dice Zagrebelsky) fosse quella di essere «semplicemente un osservante che si inchina a un legislatore onnipossente». Non è così. I confinamenti richiesti dai coronavirus hanno mostrato che ai legislatori sono richiesti obblighi e responsabilità ben più sottili e importanti di quelli imposti ai cittadini dalle leggi che cercano di affrontare l'epidemia; sempre che non vogliano, con i loro interventi, provocare danni altrettanto gravi. Una ricerca pubblicata sull'ultimo numero di Lancet Psychiatry dimostra l'alto rischio di suicidio in seguito a patologie psichiatriche generate da misure adottate senza fornire ai cittadini un personale preparato, che aiuti i cittadini a affrontarle. Nessuna delle pratiche di cura e assistenza richieste dagli scienziati ed elencate su Lancet è prevista dagli autoritari editti giuseppini e dalla loro ossessività giudiziaria. Infatti di suicidi da confinamento ce ne sono già stati, diversi. Qualcuno dovrà risponderne.
Gertrude O'Brady.Il chiosco, s.d./LaM, Musée d’art moderne, d’art contemporain et d’art brut de Lille Métropole, Villeneuve d’Ascq© Philip Bernard
Dal Cubismo all’Art Brut, a Palazzo Zabarella di Padova in mostra (sino al 25 gennaio 2026) oltre 60 opere di 30 diversi artisti delle avanguardie del primo e del secondo dopoguerra, tutti provenienti dal LaM di Lille. Fra capolavori noti e meno conosciuti, anche cinque dipinti di Pablo Picasso e sei straordinarie tele di Amedeo Modigliani.
Susanna Tamaro (Getty Images)
La scrittrice Susanna Tamaro: «La società dimentica che la vita non ci appartiene, ma la morte non si affronta con le carte bollate. La lotta con il destino è essenziale perché dalla fragilità dell’esistenza è impossibile scappare».
Il punto di vista di Susanna Tamaro sul tempo presente è sempre originale. Nell’ultimo saggio, intitolato La via del cuore. Per ritrovare senso nella vita (Solferino), sulla scorta dell’inventore dell’etologia, Konrad Lorenz, utilizza le osservazioni sulla natura e gli animali per studiare la società contemporanea. A ben guardare, però, questo memoir può essere letto anche come una lunga preghiera per lo stato del pianeta. «È così», ammette la scrittrice, «non condivido la tendenza all’angelicazione dell’uomo o a vederlo come frutto dell’evoluzione».
Il principale operatore della rete elettrica nazionale registra ricavi pari a 2,88 miliardi (l’8,9% in più rispetto al 2024) e accelera nei progetti Tyrrhenian Link e Adriatic Link, al centro della strategia per la decarbonizzazione. Aumenta il peso delle rinnovabili.
Nei primi nove mesi del 2025 Terna, principale gestore della rete elettrica nazionale, ha consolidato la propria posizione strategica nel settore, segnando un’intensa crescita economico-finanziaria e un’accelerazione significativa degli investimenti a supporto della transizione energetica. Il consiglio di amministrazione, guidato da Igor De Biasio e con la presentazione dell’amministratore delegato Giuseppina Di Foggia, ha approvato risultati che provano la solidità del gruppo e il suo ruolo determinante nel percorso di decarbonizzazione del Paese.
Nel periodo gennaio-settembre, il fabbisogno elettrico italiano si è attestato a 233,3 terawattora (TWh), di cui circa il 42,7% è stato coperto da fonti rinnovabili. Tale quota conferma la crescente integrazione delle fonti green nel panorama energetico nazionale, un processo sostenuto dal potenziamento infrastrutturale e dagli avanzamenti tecnologici portati avanti da Terna.
Sul fronte economico, i ricavi del gruppo hanno raggiunto quota 2,88 miliardi di euro, con un incremento dell’8,9% rispetto agli stessi mesi del 2024. L’Ebitda, margine operativo lordo, ha superato i 2 miliardi (+7,1%), mentre l’utile netto si è attestato a 852,7 milioni di euro, in crescita del 4,9%. Risultati, questi, che illustrano non solo un miglioramento operativo, ma anche un’efficiente gestione finanziaria; il tutto, nonostante un lieve aumento degli oneri finanziari netti, transitati da 104,9 a 131,7 milioni di euro.
Elemento di rilievo sono gli investimenti, che hanno superato i 2 miliardi di euro (+22,9% rispetto ai primi nove mesi del 2024, quando il dato era di 1,7 miliardi), un impegno che riflette la volontà di Terna di rafforzare la rete di trasmissione e favorire l’efficienza e la sicurezza del sistema elettrico. Tra i principali progetti infrastrutturali si segnalano il Tyrrhenian Link, il collegamento sottomarino tra Campania, Sicilia e Sardegna, con una dotazione finanziaria complessiva di circa 3,7 miliardi di euro, il più esteso tra le opere in corso; l’Adriatic Link, elettrodotto sottomarino tra Marche e Abruzzo; e i lavori per la rete elettrica dedicata ai Giochi olimpici e paralimpici invernali di Milano-Cortina 2026.
L’attenzione ai nuovi sistemi di accumulo elettrico ha trovato un momento chiave nell’asta Macse, il Meccanismo di approvvigionamento di capacità di stoccaggio, conclusosi con l’assegnazione totale della capacità richiesta, pari a 10 GWh, a prezzi molto più bassi del premio di riserva, un segnale di un mercato in forte crescita e di un interesse marcato verso le soluzioni di accumulo energetico che miglioreranno la sicurezza e contribuiranno alla riduzione della dipendenza da fonti fossili.
Sul piano organizzativo, Terna ha visto una crescita nel personale, con 6.922 dipendenti al 30 settembre (502 in più rispetto a fine 2024), necessari per sostenere la complessità delle attività e l’implementazione del Piano industriale 2024-2028. Inoltre, è stata perfezionata l’acquisizione di Rete 2 S.r.l. da Areti, che rafforza la presenza nella rete ad alta tensione dell’area metropolitana di Roma, ottimizzando l’integrazione e la gestione infrastrutturale.
Sotto il profilo finanziario, l’indebitamento netto è cresciuto a 11,67 miliardi di euro, per sostenere la spinta agli investimenti, ma è ben bilanciato da un patrimonio netto robusto di circa 7,77 miliardi di euro. Il consiglio ha confermato l’acconto sul dividendo 2025 pari a 11,92 centesimi di euro per azione, in linea con la politica di distribuzione che punta a coniugare remunerazione degli azionisti e sostenibilità finanziaria.
Da segnalare anche le iniziative di finanza sostenibile, con l’emissione di un Green Bond europeo da 750 milioni di euro, molto richiesto e con una cedola del 3%, che denuncia la forte attenzione agli investimenti a basso impatto ambientale. Terna ha inoltre sottoscritto accordi finanziari per 1,5 miliardi con istituzioni come la Banca europea per gli investimenti e Intesa Sanpaolo a supporto dell’Adriatic Link e altri progetti chiave.
L’innovazione tecnologica rappresenta un altro pilastro della strategia di Terna, con l’apertura dell’hub Terna innovation zone Adriatico ad Ascoli Piceno, dedicato alla collaborazione con startup, università e partner industriali per sviluppare soluzioni avanzate a favore della transizione energetica e della digitalizzazione della rete.
La solidità del piano industriale e la continuità degli investimenti nelle infrastrutture critiche e nelle tecnologie innovative pongono Terna in una posizione di vantaggio nel garantire il sostentamento energetico italiano, supportando la sicurezza, la sostenibilità e l’efficienza del sistema elettrico anche in contesti incerti, con potenziali tensioni commerciali e geopolitiche.
Il 2025 si chiuderà con previsioni di ricavi per oltre 4 miliardi di euro, Ebitda a 2,7 miliardi e utile netto superiore a un miliardo, fra conferme di leadership e rinnovate sfide da affrontare con competenza e visione strategica.
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Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (Getty Images)
L’operazione Southern Spear lanciata da Washington fa salire il rischio di escalation. Maduro mobilita 200.000 militari, denuncia provocazioni Usa e chiede l’intervento dell’Onu, mentre l’opposizione parla di arruolamenti forzati e fuga imminente del regime.
Nel Mar dei Caraibi la tensione fra Venezuela e Stati Uniti resta altissima e Washington, per bocca del suo Segretario alla Guerra Pete Hegseth, ha appena lanciato l’operazione Southern Spear. Questa nuova azione militare è stata voluta per colpire quelli che l’amministrazione Trump ha definito come i narco-terroristi del continente sudamericano ed ha il dichiarato obiettivo di difendere gli Stati Uniti dall’invasione di droga portata avanti da questi alleati di Maduro. Intanto è stata colpita la 21ª imbarcazione, accusata di trasportare droga verso il territorio statunitense, facendo arrivare a circa 80 il numero delle vittime.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ordinato alle forze armate di essere pronte ad un’eventuale invasione ed ha dispiegato oltre 200mila militari in tutti i luoghi chiave del suo paese. il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez sta guidando personalmente questa mobilitazione generale orchestrata dalla Milizia Nazionale Bolivariana, i fedelissimi che stanno rastrellando Caracas e le principali città per arruolare nuove forze.
L’opposizione denuncia arruolamenti forzati anche fra i giovanissimi, soprattutto nelle baraccopoli intorno alla capitale, nel disperato tentativo di far credere che la cosiddetta «rivoluzione bolivariana», inventata dal predecessore di Maduro, Hugo Chavez, sia ancora in piedi. Proprio Maduro si è rivolto alla nazione dichiarando che il popolo venezuelano è pronto a combattere fino alla morte, ma allo stesso tempo ha lanciato un messaggio di pace nel continente proprio a Donald Trump.
Il presidente del Parlamento ha parlato di effetti devastanti ed ha accusato Washington di perseguire la forma massima di aggressione nella «vana speranza di un cambio di governo, scelto e voluto di cittadini». Caracas tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario Generale António Guterres per chiedere una condanna esplicita delle azioni provocatorie statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi.
Diversi media statunitensi hanno rivelato che il Tycoon americano sta pensando ad un’escalation con una vera operazione militare in Venezuela e nei primi incontri con i vertici militari sarebbe stata stilata anche una lista dei principali target da colpire come porti e aeroporti, ma soprattutto le sedi delle forze militari più fedeli a Maduro. Dal Pentagono non è arrivata nessuna conferma ufficiale e sembra che questo attacco non sia imminente, ma intanto in Venezuela sono arrivati da Mosca alcuni cargo con materiale strategico per rafforzare i sistemi di difesa anti-aerea Pantsir-S1 e batterie missilistiche Buk-M2E.
Dalle immagini satellitari si vede che l’area della capitale e le regioni di Apure e Cojedes, sedi delle forze maduriste, sono state fortemente rinforzate dopo che il presidente ha promulgato la legge sul Comando per la difesa integrale della nazione per la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale. In uno dei tanti discorsi alla televisione nazionale il leader venezuelano ha spiegato che vuole che le forze armate proteggano tutte le infrastrutture essenziali.
Nel piano presentato dal suo fedelissimo ministro della Difesa l’esercito, la polizia ed anche i paramilitari dovranno essere pronti ad una resistenza prolungata, trasformando la guerra in guerriglia. Una forza di resistenza che dovrebbe rendere impossibile governare il paese colpendo tutti i suoi punti nevralgici e generando il caos.
Una prospettiva evidentemente propagandistica perché come racconta la leader dell’opposizione Delsa Solorzano «nessuno è disposto a combattere per Maduro, tranne i suoi complici nel crimine. Noi siamo pronti ad una transizione ordinata, pacifica e che riporti il Venezuela nel posto che merita, dopo anni di buio e terrore.»
Una resistenza in cui non sembra davvero credere nessuno perché Nicolas Maduro, la sua famiglia e diversi membri del suo governo, avrebbero un piano di fuga nella vicina Cuba per poi probabilmente raggiungere Mosca come ha già fatto l’ex presidente siriano Assad.
Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per i cittadini italiani detenuti nelle carceri del Paese, sottolineando l’impegno della Farnesina per scarcerarli al più presto, compreso Alberto Trentini, arrestato oltre un anno fa.
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