
Distrarre dalla Natività e dal mistero dell'incarnazione non è solo un arbitrio, ma qualcosa di più grave. Il Gesù profugo al posto del figlio di Dio è un abominio teologico, che dà rappresentatività solo agli islamici.La natività di Gesù di Giotto è la mia preferita. Innumerevoli pittori hanno dipinto natività sublimi, ma in quella di Giotto è contenuto il mistero dell'incarnazione, e anche quello dell'Immacolata concezione. Giuseppe dorme, o forse è racchiuso nei suoi pensieri. In un angolo un gruppo di capre, e un caprone nero che distoglie lo sguardo da quella che è la sua perdizione.Maria e il Figlio si guardano: uno sguardo di comprensione. Lei sa a cosa lui è destinato. Lei lo sa perché è stata concepita senza peccato originale, e quindi lo sa. Quando tra 40 giorni le diranno: «Il tuo cuore sarà trafitto da una spada», sarà una conferma. In questa straordinaria natività, c'è il mistero dell'incarnazione, quello su cui dobbiamo posare lo sguardo e il pensiero in questi giorni sacri.In questi giorni sacri, dobbiamo posare lo sguardo e il pensiero sul mistero dell'incarnazione. Lo sguardo guida il pensiero. È per questo quindi che migliaia di artisti hanno rappresentato la Natività, e a loro si sono aggiunti milioni di piccoli artisti che l'hanno rappresentata nei loro presepi, raccogliendo muschio e sassi, con la bacinella del bucato che faceva da stagno, la farina che faceva la neve, il fondale blu carta da zucchero con le stelline a ripetere l'immensità del cielo che la stella cometa ha traversato.Distrarre dalla Natività, distrarre dal suo significato di incarnazione, presentando gli strampalati presepi con Cristo migrante e naufrago, non è solo un arbitrio, è qualcosa di molto più grave.L'attenzione, lo sguardo, il pensiero del fedele sono distratti dal mistero dell'incarnazione, e ributtati nello squallore della discussione politica. Invece che di Gesù Cristo si parla di altro. Date a Cesare quel che è di Cesare: il Vangelo è violato. Cristo migrante e naufrago perde la sua universalità. Questi bizzarri preti della Chiesa 2.0 hanno trasformato Cristo in una persona precisa, che quindi esclude le altre e contemporaneamente nega l'unicità di Cristo. Cristo diventa il migrante, un abominio teologico, e il migrante diventa l'unico sofferente, un falso che calpesta con gli scarponi chiodati il sangue dei martiri cristiani nelle terre dell'islam e del comunismo reale, che tra l 'altro è l'unico che sia mai esistito. Il migrante è nel 95% dei casi islamico e nell'88% dei casi non è in fuga né da guerre né da carestie, eppure per la bizzarra anti teologia della Chiesa 2.0 è l'unico sofferente. Cristo nella mangiatoia rappresenta tutti. Cristo nella zattera salvagente rappresenta solo gli islamici che traversano il Mediterraneo, non è riconoscibile come il bimbo deportato nel lager o nel gulag, dolore di serie B secondo la Chiesa 2.0, quindi. Non è riconoscibile come il bimbo copto ucciso da un'esplosione nella sua Chiesa, come il bimbo cristiano nigeriano bruciato vivo nella sua, non ricorda gli uomini con addosso una tuta arancione che sulla riva del Mediterraneo sono morti invocando il nome di Cristo, non ricorda i 147 studenti cristiani che hanno preferito essere massacrati in Kenia il 2 aprile del 2015, piuttosto che rinnegarlo: molti dei maschi furono castrati prima di essere uccisi. Il Cristo nella zattera se ne infischia del dolore del mondo con l'unica eccezione di quello degli islamici che desiderano vivere in Europa e trovano ostacoli sul loro cammino.La definizione di anticristo la dà Giovanni in una lettera: «Poiché molti sono i seduttori che sono apparsi nel mondo, i quali non riconoscono Gesù venuto nella carne. Ecco il seduttore e l'anticristo. Fate attenzione a voi stessi, perché non abbiate a perdere quello che avete conseguito, ma possiate ricevere una ricompensa piena. Chi va oltre e non si attiene alla dottrina del Cristo, non possiede Dio. Chi si attiene alla dottrina, possiede il Padre e il Figlio. Se qualcuno viene a voi e non porta questo insegnamento, non ricevetelo in casa e non salutatelo; poiché chi lo saluta partecipa alle sue opere perverse.In base a questa definizione il presepe che nega Cristo e lo sostituisce col migrante è un gesto anticristico.La mia spassionata impressione di pecora sempre più allibita davanti a quelli che dovrebbero essere i nostri pastori e non lo sono, è che il Nemico sia dentro le porte.
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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