2019-06-07
«Chi controlla le nomine in Procura governa il Paese»
L'ex aggiunto di Milano Alfredo Robledo: «Questa è una storia di poveracci. Si tratta di un sistema noto: chi oggi si scandalizza è ipocrita».«Lo scandalizzarsi di questi giorni mi sembra un po' ipocrita». Alfredo Robledo, ex aggiunto del dipartimento per i reati contro la pubblica amministrazione a Milano, è tornato in questi giorni a farsi sentire dopo le inchieste di Roma e Perugia. Lo ha fatto perché le vicende che stanno demolendo l'attuale consiliatura del Csm riportano alla mente gli scontri del 2014, quando proprio Robledo si ritrovò di fronte l'ex capo Edmondo Bruti Liberati e l'allora presidente Giorgio Napolitano. Ne nacque una storica battaglia, di mezzo c'era l'Expo 2015 e l'ex premier Matteo Renzi che continuava a ringraziare la Procura milanese per la sensibilità che aveva permesso di svolgere l'evento: l'amministratore delegato era l'attuale sindaco Giuseppe Sala. A Robledo tolsero diverse inchieste, tra cui quella sulla piastra di Expo. «Il capo della Procura poteva intervenire nell'assegnazione dei fascicoli, perché glielo consentiva la legge», spiega, «Ma la scelta doveva essere motivata. Questa è sempre stata la mia contestazione, mentre Bruti Liberati non lo fece, non disse nemmeno che si trattava di una scelta istituzionale. Nel mio caso, su indicazione del capo dello Stato al Csm, fu tagliata fuori qualsiasi tipo di autonomia della magistratura». Perché è ipocrita indignarsi adesso? «Perché siamo di fronte alla patologia della patologia. E la patologia era ben nota». Ovvero? «La patologia principale è fatta dagli accordi tra le correnti per fare le nomine degli uffici giudiziari, in particolare nelle Procure. Questa è una pratica che va avanti da anni, ed è sempre stata mal tollerata, ma in ogni caso tollerata».Ora invece? « Il fatto che le decisioni dei capi correnti e dei membri del Csm vengano prese in albergo, con politici indagati o imprenditori interessati, è un fatto che toglie autonomia e dignità alla magistratura. C'era anche il presidente della Lazio che staccava i biglietti, una storia di poveracci…».Insomma il sistema si è avvelenato a poco a poco. «Non ci si può svegliare adesso e dire, come sostiene Riccardo De Vito di Md ,che “bisogna ascoltare la richiesta di trasparenza che viene dal basso". Perché prima no? Ma quando tutti si lamentavano chi si scandalizza adesso dove stava? Hanno accettato questo sistema per anni, ora si indignano per una vicenda che ha generato uno sdegno generale: i cittadini sono stanchi di una magistratura che con loro è implacabile e poi si spartisce i posti di potere in segreto». Come si è formato questo strapotere delle correnti? «Sono diventate sempre più forti per colpa dell'avanzamento delle carriere. Le correnti non sono più un luogo di dibattito e di discussione culturale. Sono ormai veri e propri centri di potere. Si può fare l'aggiunto per 8 anni, poi per arrivare a fare il capo servono gli accordi. È un sistema». Ce lo descriva. «Mi diceva un amico qualche giorno fa: “Non c'è posto più sicuro del Csm". Con la spartizione politica dei posti nelle Procure puoi governare il Paese, puoi indirizzare le indagini, puoi fermarle. Un capo della Procura che viene nominato da un accordo tra determinate correnti poi non sarà più imparziale. Così come i sostituti che vorrà vicino».Roma è una delle tante battaglie. «Il problema è il controllo delle nomine. Infatti discutevano su chi andava nominato a Perugia perché è competente sui giudici di Roma, così come Brescia su quelli di Milano». Ai suoi tempi c'era Expo ora invece di mezzo c'è l'Eni. «Questi incidenti nascono sempre su queste cose, c'è chi si sente troppo sicuro, chi fa un passo troppo lungo…». Perché secondo lei Piercamillo Davigo in questi giorni non ha preso una posizione forte su queste vicende? «Non saprei. Davigo ripete le stesse cose da 25 anni. Anche lui non ha mai detto nulla sulla mia vicenda, che conosceva nel dettaglio, lui che ha fondato una corrente chiamata Autonomia e indipendenza: il mio per loro sarebbe stato un caso scolastico». Lei è ormai uscito dalla magistratura: come la vede da esterno? «Trovo che vi sia una decadenza professionale. Manca un humus di equilibrio. Questo sistema non premia i migliori, gli uffici ne risentono, mancano degli esempi forti e autorevoli. Siamo arrivati al punto che il governo ha prolungato di un anno dalla scadenza il primo presidente della Corte di cassazione e la magistratura associata è rimasta inerte. Dove sta quindi l'indipendenza? Il Csm in questi anni non ha talvolta recepito le sentenze del Consiglio di stato sui ricorsi di colleghi nei confronti di nomine di altri magistrati. Anche lì solo malumori, ma nessuna forte presa di posizione».Non si può fare a meno delle correnti? «Io non ne ho mai fatto parte, non sono mai stato iscritto nemmeno ai boy scout, ma si vede che sono sbagliato io». Le manca il Palazzo di giustizia?«Ho abbandonato un ambiente che per me si era fatto cupo. Non rimpiango quel mondo. Mi mancano i miei collaboratori, sia della Pg sia gli amministrativi e qualche amico».