2022-01-26
Putin, il grande elettore «esterno» che brucia aspiranti al Quirinale
Con un conflitto alle porte e il caos energetico in atto, la patente atlantista è determinante. Il «quirinabile» Franco Frattini è saltato per le uscite filo Putin. E l’Ue sfrutta le tensioni per affondare candidati a lei «sgraditi».La partita per l’elezione del presidente della Repubblica non è mai stata così complicata. Le variabili sovrapposte sono molte più del solito. D’altronde è la prima volta che il premier in carica partecipa ai colloqui con i segretari di partito per parlare del suo successore e al tempo stesso della sua elezione al Colle. A ciò si aggiunge la variabile Pnrr, il Recovery plan nostrano. L’Ue e lo stesso Mario Draghi vogliono garanti sulla prosecuzione. Ad esempio, la figura di Roberto Garofoli, attuale sottosegretario, sarebbe perfetta. Ma non è detto che senza Draghi gli altri partiti vogliano che continui a rivestire lo stesso incarico. E magari l’interessato vedrebbe per sé altro. Magari al Colle assieme a Mr Bce, nel caso venisse eletto. Altro tassello sarebbe quello di Elisabetta Belloni. La diplomatica di serie A e attuale direttore del Dis, Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, potrebbe svolgere un ruolo primario al fianco di Draghi al Quirinale. È facile immaginare a chi darebbe fastidio una figura come la sua che porta con sé un network di conoscenze tali da spostare il baricentro dell’intera politica estera da Palazzo Chigi al Colle. Per fare un esempio, darebbe fastidio alla filiera di sinistra più vicina a Massimo D’Alema e a Roberto Speranza che ancora ambiscono a dire la loro lungo l’asse tra Est e Ovest. Al tempo stesso spostarla significherebbe aprire la partita delle nomine al vertice dei servizi. E in un momento di incertezza governativa significherebbe creare ulteriore tensione. O almeno è ciò che i partiti percepirebbero essendo impegnati a gestire anche la variabile elezioni o addirittura elezioni anticipate. Sono infatti tutti consapevoli che senza una riforma elettorale finirebbero praticamente tutti per ritrovarsi senza la possibilità di esprimere un nome per Palazzo Chigi finendo con il ritrovarsi trovarsi a chiedere l’intervento di un tecnico. Con il paradosso finale di affidare la scelta del nome a colui che ora non sembrano più così disposti a spingere per il Quirinale, appunto Draghi.La situazione è però ulteriormente complicata dai fattori esterni. E dalla geopolitica. A tutti questi tasselli, i segretari dei partiti impegnati nel trovare una quadra sono in queste ore costretti a fare i conti con il grande moloch russo. Lo spauracchio di Vladimir Putin incombe sul voto per il Colle più che mai. In nome dell’atlantismo e della funzionalità Ue chi è considerato vicino a Mosca in queste ore si brucia come un filo di erba secca. Silvio Berlusconi si è fermato prima. Nessuno da Bruxelles o dalle parti del Pd ha avuto bisogno di tirare fuori vecchi episodi o foto in qualche dacia. È però bastato che spuntasse il nome di Franco Frattini per attivare il meccanismo. Tra la segreteria e i gruppi di Camera e Senato è rimbalzata, a tutti i livelli, la «forte preoccupazione» e anche l’ira nei confronti del leader 5 stelle, tracimata nei capannelli e nelle chat dei parlamentari. Enrico Letta si sarebbe messaggiato con Matteo Renzi, altrettanto contrario all’attuale presidente del consiglio di Stato, che intralcerebbe Pier Ferdinando Casini. «Italia viva non sosterrà candidati che non abbiano un chiaro profilo politico filoatlantico e europeista», ha detto Renzi . Il riferimento è a vecchie posizioni filo russe di Frattini. Nulla di particolare, se non obiezioni alla posizione Ue ai tempi della guerra in Crimea. Ma tanto è bastato. Fa sorridere che a sollevare patenti filo Usa sia chi nel 2016 nulla fece per evitare che fossero coperte le statue dei Musei Capitolini per non dare fastidio al presidente iraniano Hassan Rohani. A dimostrazione che il punto è un altro. Il moloch russo in questo momento è funzionale non tanto a soddisfare gli Usa ma a garantire a Bruxelles che non prende la strada del Colle qualcuno che possa essere disallineato. Disallineato rispetto al Pnrr o agli accordi che potrebbero scaturire dal trattato del Quirinale appena firmato con Emmanuel Macron.Se poi volessimo estendere la logica della patente estera anche Pier Ferdinando Casini rischierebbe. Ricordiamo che il più grande caso di scandalo per fondi esteri si consumò nel suo partito. Ci riferiamo a Luca Volontè, già deputato dell’Udc, condannato (non in via definitiva) per una presunta tangente da mezzo milione targata Azerbaijan. Chi muove il gioco del moloch russo sa bene che se ne può salvare uno solo. Guarda caso Mario Draghi l’unico in Italia che parla con Putin senza aver mai avuto la necessità di affrontare il tema degli affari né del gas. Non è un caso che oggi promossa dalla Camera di commercio Italo-russa, presieduta da Vincenzo Trani, ci sarà una video call con le principali aziende tricolore, a partire da Pirelli. Ospite d’onore lo stesso Putin. La vicinanza con i russi è imprescindibile per il nostro Pil, ma al tempo stesso una percezione elastica. Trani non è per nulla distante da Renzi. Il punto in comune è il board di Delimobil. A indicare che il gioco è pericoloso: c’è sempre uno più atlantista degli altri. D’altronde, dal canto loro, gli Usa osservano la partita con attenzione. Ieri fonti della Casa Bianca hanno fatto sapere di essere pronte ad attivare un piano per il sostegno energetico in caso di attivazione militare in Ucraina. Washington chiede all’Italia maggiore partecipazione nella faida. Ma qui non è questione di atlantismo. Si tratta di essere sponda anti tedesca. Gli americani sanno altrettanto bene che mandare navi piene di gas non servirebbe a nulla. Noi non abbiamo rigassificatori. In cambio di uno schieramento in Ucraina dovrebbero offrirci un intervento in Libia. E per questo si aspetterebbero un diretto interlocutore proprio al Quirinale, dove risiede il capo delle Forze Armate.
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