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2021-08-01
Che sia obbligatorio o meno sono a carico dello Stato i malanni causati dal vaccino
iStock
Se il vaccino è così decisivo nella lotta al Covid-19, perché lo Stato non «prescrive» il vaccino obbligatorio? Secondo molti, la ragione è di natura economica: nel momento in cui si decidesse di imporre la vaccinazione, scatterebbe anche l'imperativo di tutelare gli eventuali danneggiati. Ciò è stabilito da una legge datata: la 210/1992, che prevede indennizzi a favore di quanti hanno riportato danni a seguito di vaccinazioni obbligatorie. Quindi, secondo questa chiave di lettura, il governo continua nella sua politica «persuasiva» per non dover pagare un prezzo troppo alto in ristori da immunizzazione. Ma è corretta questa lettura? O invece già ora, a prescindere dalla obbligatorietà del vaccino, lo Stato è tenuto a indennizzare chi riporta danni collaterali legati alla somministrazione?
Per tentare una risposta, è di straordinario interesse una recente sentenza con la quale la Corte costituzionale (118, 23 giugno 2020) ha dichiarato parzialmente illegittimo l'articolo 1, comma 1 della già citata legge 210/1992. Si tratta di una norma poco conosciuta perché smentisce la favola bella dei vaccini innocui per definizione: come noto, pressoché ogni farmaco può provocare reazioni avverse. Non a caso, il nostro Paese si è dotato di una disciplina giuridica a tutela delle vittime dei vaccini. E lo Stato ha continuato a erogare quattrini a favore degli sventurati incappati in problemi di varia natura. Ma perché la legge in questione è finita sotto la lente della Corte costituzionale? Tutto nasce dalla vicenda di una giovane pugliese che, da piccola, si era sottoposta per ben due volte (2003 e 2004) alla somministrazione di un vaccino contro l'epatite A: un rimedio «raccomandato» (quindi, non obbligatorio) dalla Regione ai ragazzi sotto i 12 anni. La sfortunata, a seguito della inoculazione, risultò affetta da lupus eritematoso sistemico. Si rivolse al tribunale che riconobbe un nesso di causa tra vaccinazione e successiva patologia e le attribuì il diritto all'indennizzo.
La decisione è stata confermata dalla Corte d'appello di Lecce, ma il ministero della Salute è ricorso in Cassazione per far annullare la pronuncia. Secondo il ministero, infatti, nessun ristoro doveva essere liquidato perché il vaccino non era obbligatorio ma solo raccomandato; e la legge 210 del 1992 riconosce il diritto solo a chi non ha potuto sottrarsi alla inoculazione perché «costretto» dallo Stato. La Cassazione ha sollevato un'eccezione di illegittimità della norma del 1992 e rimesso gli atti alla Corte costituzionale. Secondo la quale la legge 210 è contraria alla Carta laddove prevede il diritto all'indennizzo solo a beneficio di coloro i quali riportano pregiudizi a causa di un vaccino obbligatorio e non anche a favore di chi - a quel vaccino - si è sottoposto magari sulla base di una mera «raccomandazione» della pubblica autorità. La Consulta ha, come detto, dato ragione ai giudici del Palazzaccio, rilevando che, nel caso di specie, la cosiddetta «raccomandazione» fosse in realtà una «ampia e insistita campagna di informazione», per effetto della quale la giovane era stata convocata presso gli ambulatori dell'Asl mediante una missiva che presentava la vaccinazione «non tanto come prestazione raccomandata, ma quasi come se fosse stata obbligatoria».
In effetti, la differenza tra «obbligo» e «raccomandazione», nettissima in teoria, nella pratica medico sanitaria, è assai più sottile. Tradotto: se i danni sono provocati da un vaccino (imposto o raccomandato che sia) la cui somministrazione è giustificata da un interesse collettivo, allora la collettività stessa deve farsi carico delle lesioni causate ai singoli.
Appare evidente come questa pronuncia si applichi alla situazione odierna. L'introduzione del green pass è senza dubbio qualcosa di più di una forte «raccomandazione». Chi non si vaccina muore: quando lo dice un premier, cos'altro c'è da aggiungere? Ergo, i danni da vaccino anti Covid vanno indennizzati. Se ciò fosse chiaro a milioni di italiani vaccinati, e in particolare a migliaia di questi che abbiano hanno riportato conseguenze potenzialmente dovute alla puntura, le conseguenze in termini di costi per lo Stato sarebbero tutt'altro che irrilevanti. Soprattutto, molte più persone sarebbero incentivate a percorrere la strada del riconoscimento del nesso di causa tra il vaccino e i danni plausibilmente conseguenti. Adesso l'allarme è doppio. Infatti, la corsa - ovviamente giustificata dalla drammaticità della situazione dei mesi scorsi - verso soluzioni frenetiche e di fatto impositive, rischia seriamente di essere pagata non solo in termini di salute individuale (laddove fossero acclarati i nessi causali con le reazioni avverse), ma anche di finanza pubblica.
La Lombardia su tutela dalle denunce
Fioccano le richieste di indennizzo o risarcimento per eventi avversi causati dal vaccino anti Covid-19 e la Regione Lombardia detta ai suoi direttori generali delle aziende sanitarie territoriali (Asst e ast) la linea da tenere.
In questi giorni, mentre in piazza si protesta per il green pass che dal 6 agosto permetterà di partecipare a molte attività della vita sociale, alle Asst e Ats arriva una lettera dell'amministrazione guidata Attilio Fontana sulle «indicazioni per la gestione delle richieste di indennizzi/danni da vaccinazioni anti Sars-Cov-2». Potrebbe essere una conseguenza della battaglia sulla vaccinazione il cui obbligo non è dichiarato, ma in parte realizzato, attraverso il green pass, che diventerà necessario per poter partecipare a eventi, andare in piscina o al ristorante (al chiuso), oltre che per viaggiare e andare in vacanza. «Stanno giungendo con intensità crescente alle nostre aziende (come alle aziende sanitarie di tutto il territorio nazionale) richieste per indennizzo/risarcimento a seguito di somministrazione di vaccino», si legge nella lettera di Regione Lombardia. «Tali richieste, sostanzialmente tutte identiche, riferiscono il verificarsi di eventi successivi alla somministrazione del vaccino». La Regione Lombardia, in attesa che «il ministero fornisca opportune indicazioni in merito», nell'assicurare che «nessuna azione verrà intrapresa», informa che «le richieste di risarcimento per danno da somministrazione del vaccino dovranno essere comunicate dalle Asst/enti erogatori ai rispettivi assicuratori».
Particolari interessanti emergono dalla seconda pagina della lettera, che ricorda la normativa vigente sugli indennizzi e che prevede un riconoscimento economico a favore di chiunque abbia riportato «lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psicofisica», a seguito di vaccinazioni obbligatorie e per alcune «non obbligatorie». Attualmente l'obbligo della vaccinazione anti Sars-Cov-2 è solo per gli operatori sanitari (medici, farmacisti, infermieri operatori socio assistenziali). «In tutti gli altri casi», scrive la Regione, «si tratta di vaccinazione non obbligatoria (seppure fortemente raccomandata, offerta ai cittadini per classi di priorità come da Piano strategico nazionale dei vaccini)». Proprio su questo punto si apre una questione da dirimere e su cui il ministero non ha ancora detto nulla, anche se almeno da un mese è stata annunciata dall'associazione per i diritti dei consumatori, Codacons, la class action contro lo Stato per chiedere un risarcimento in favore degli under 60 vaccinati con Astrazeneca (circa 1,5 milioni di persone), costretti a cambiare la seconda dose con un altro preparato anti Covid. Secondo il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, i cittadini che «si ritengono lesionati dalla comunicazione farraginosa e contraddittoria da parte delle istituzioni» possono chiedere «fino a 10.000 euro di risarcimento» per «il danno potenziale e per il rischio corso sul fronte sanitario, anche in assenza di danni effettivi alla salute». Per il Codacons circa 10.000 persone avrebbero già richiesto l'indennizzo. Se lo Stato dovesse risarcire tutti coloro che si sono angosciati per «la diffusione di informazioni contraddittorie e contrastanti» in questi mesi, come del resto riconosciuto in una sentenza per l'Ilva di Taranto, probabilmente le richieste di indennizzo potrebbero vedere un'impennata non indifferente. In ogni caso, soprattutto da quando è stato introdotto il green pass, il confine tra obbligo e raccomandazione è sempre più labile.
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Una sentenza della Consulta ha smontato un articolo della legge 210/1992: per il diritto all'indennizzo basta la «raccomandazione». Proprio come sta avvenendo per il Covid.Dato che le richieste di risarcimento sono in crescita, il Pirellone istruisce i manager sanitari in attesa di indicazioni da Speranza. Il Codacons intanto soffia sul fuoco.Lo speciale contiene due articoli.Se il vaccino è così decisivo nella lotta al Covid-19, perché lo Stato non «prescrive» il vaccino obbligatorio? Secondo molti, la ragione è di natura economica: nel momento in cui si decidesse di imporre la vaccinazione, scatterebbe anche l'imperativo di tutelare gli eventuali danneggiati. Ciò è stabilito da una legge datata: la 210/1992, che prevede indennizzi a favore di quanti hanno riportato danni a seguito di vaccinazioni obbligatorie. Quindi, secondo questa chiave di lettura, il governo continua nella sua politica «persuasiva» per non dover pagare un prezzo troppo alto in ristori da immunizzazione. Ma è corretta questa lettura? O invece già ora, a prescindere dalla obbligatorietà del vaccino, lo Stato è tenuto a indennizzare chi riporta danni collaterali legati alla somministrazione? Per tentare una risposta, è di straordinario interesse una recente sentenza con la quale la Corte costituzionale (118, 23 giugno 2020) ha dichiarato parzialmente illegittimo l'articolo 1, comma 1 della già citata legge 210/1992. Si tratta di una norma poco conosciuta perché smentisce la favola bella dei vaccini innocui per definizione: come noto, pressoché ogni farmaco può provocare reazioni avverse. Non a caso, il nostro Paese si è dotato di una disciplina giuridica a tutela delle vittime dei vaccini. E lo Stato ha continuato a erogare quattrini a favore degli sventurati incappati in problemi di varia natura. Ma perché la legge in questione è finita sotto la lente della Corte costituzionale? Tutto nasce dalla vicenda di una giovane pugliese che, da piccola, si era sottoposta per ben due volte (2003 e 2004) alla somministrazione di un vaccino contro l'epatite A: un rimedio «raccomandato» (quindi, non obbligatorio) dalla Regione ai ragazzi sotto i 12 anni. La sfortunata, a seguito della inoculazione, risultò affetta da lupus eritematoso sistemico. Si rivolse al tribunale che riconobbe un nesso di causa tra vaccinazione e successiva patologia e le attribuì il diritto all'indennizzo. La decisione è stata confermata dalla Corte d'appello di Lecce, ma il ministero della Salute è ricorso in Cassazione per far annullare la pronuncia. Secondo il ministero, infatti, nessun ristoro doveva essere liquidato perché il vaccino non era obbligatorio ma solo raccomandato; e la legge 210 del 1992 riconosce il diritto solo a chi non ha potuto sottrarsi alla inoculazione perché «costretto» dallo Stato. La Cassazione ha sollevato un'eccezione di illegittimità della norma del 1992 e rimesso gli atti alla Corte costituzionale. Secondo la quale la legge 210 è contraria alla Carta laddove prevede il diritto all'indennizzo solo a beneficio di coloro i quali riportano pregiudizi a causa di un vaccino obbligatorio e non anche a favore di chi - a quel vaccino - si è sottoposto magari sulla base di una mera «raccomandazione» della pubblica autorità. La Consulta ha, come detto, dato ragione ai giudici del Palazzaccio, rilevando che, nel caso di specie, la cosiddetta «raccomandazione» fosse in realtà una «ampia e insistita campagna di informazione», per effetto della quale la giovane era stata convocata presso gli ambulatori dell'Asl mediante una missiva che presentava la vaccinazione «non tanto come prestazione raccomandata, ma quasi come se fosse stata obbligatoria». In effetti, la differenza tra «obbligo» e «raccomandazione», nettissima in teoria, nella pratica medico sanitaria, è assai più sottile. Tradotto: se i danni sono provocati da un vaccino (imposto o raccomandato che sia) la cui somministrazione è giustificata da un interesse collettivo, allora la collettività stessa deve farsi carico delle lesioni causate ai singoli. Appare evidente come questa pronuncia si applichi alla situazione odierna. L'introduzione del green pass è senza dubbio qualcosa di più di una forte «raccomandazione». Chi non si vaccina muore: quando lo dice un premier, cos'altro c'è da aggiungere? Ergo, i danni da vaccino anti Covid vanno indennizzati. Se ciò fosse chiaro a milioni di italiani vaccinati, e in particolare a migliaia di questi che abbiano hanno riportato conseguenze potenzialmente dovute alla puntura, le conseguenze in termini di costi per lo Stato sarebbero tutt'altro che irrilevanti. Soprattutto, molte più persone sarebbero incentivate a percorrere la strada del riconoscimento del nesso di causa tra il vaccino e i danni plausibilmente conseguenti. Adesso l'allarme è doppio. Infatti, la corsa - ovviamente giustificata dalla drammaticità della situazione dei mesi scorsi - verso soluzioni frenetiche e di fatto impositive, rischia seriamente di essere pagata non solo in termini di salute individuale (laddove fossero acclarati i nessi causali con le reazioni avverse), ma anche di finanza pubblica.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/che-sia-obbligatorio-o-meno-sono-a-carico-dello-stato-i-malanni-causati-dal-vaccino-2654320150.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-lombardia-su-tutela-dalle-denunce" data-post-id="2654320150" data-published-at="1627756834" data-use-pagination="False"> La Lombardia su tutela dalle denunce Fioccano le richieste di indennizzo o risarcimento per eventi avversi causati dal vaccino anti Covid-19 e la Regione Lombardia detta ai suoi direttori generali delle aziende sanitarie territoriali (Asst e ast) la linea da tenere. In questi giorni, mentre in piazza si protesta per il green pass che dal 6 agosto permetterà di partecipare a molte attività della vita sociale, alle Asst e Ats arriva una lettera dell'amministrazione guidata Attilio Fontana sulle «indicazioni per la gestione delle richieste di indennizzi/danni da vaccinazioni anti Sars-Cov-2». Potrebbe essere una conseguenza della battaglia sulla vaccinazione il cui obbligo non è dichiarato, ma in parte realizzato, attraverso il green pass, che diventerà necessario per poter partecipare a eventi, andare in piscina o al ristorante (al chiuso), oltre che per viaggiare e andare in vacanza. «Stanno giungendo con intensità crescente alle nostre aziende (come alle aziende sanitarie di tutto il territorio nazionale) richieste per indennizzo/risarcimento a seguito di somministrazione di vaccino», si legge nella lettera di Regione Lombardia. «Tali richieste, sostanzialmente tutte identiche, riferiscono il verificarsi di eventi successivi alla somministrazione del vaccino». La Regione Lombardia, in attesa che «il ministero fornisca opportune indicazioni in merito», nell'assicurare che «nessuna azione verrà intrapresa», informa che «le richieste di risarcimento per danno da somministrazione del vaccino dovranno essere comunicate dalle Asst/enti erogatori ai rispettivi assicuratori». Particolari interessanti emergono dalla seconda pagina della lettera, che ricorda la normativa vigente sugli indennizzi e che prevede un riconoscimento economico a favore di chiunque abbia riportato «lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psicofisica», a seguito di vaccinazioni obbligatorie e per alcune «non obbligatorie». Attualmente l'obbligo della vaccinazione anti Sars-Cov-2 è solo per gli operatori sanitari (medici, farmacisti, infermieri operatori socio assistenziali). «In tutti gli altri casi», scrive la Regione, «si tratta di vaccinazione non obbligatoria (seppure fortemente raccomandata, offerta ai cittadini per classi di priorità come da Piano strategico nazionale dei vaccini)». Proprio su questo punto si apre una questione da dirimere e su cui il ministero non ha ancora detto nulla, anche se almeno da un mese è stata annunciata dall'associazione per i diritti dei consumatori, Codacons, la class action contro lo Stato per chiedere un risarcimento in favore degli under 60 vaccinati con Astrazeneca (circa 1,5 milioni di persone), costretti a cambiare la seconda dose con un altro preparato anti Covid. Secondo il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, i cittadini che «si ritengono lesionati dalla comunicazione farraginosa e contraddittoria da parte delle istituzioni» possono chiedere «fino a 10.000 euro di risarcimento» per «il danno potenziale e per il rischio corso sul fronte sanitario, anche in assenza di danni effettivi alla salute». Per il Codacons circa 10.000 persone avrebbero già richiesto l'indennizzo. Se lo Stato dovesse risarcire tutti coloro che si sono angosciati per «la diffusione di informazioni contraddittorie e contrastanti» in questi mesi, come del resto riconosciuto in una sentenza per l'Ilva di Taranto, probabilmente le richieste di indennizzo potrebbero vedere un'impennata non indifferente. In ogni caso, soprattutto da quando è stato introdotto il green pass, il confine tra obbligo e raccomandazione è sempre più labile.
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Era inoltre il 22 dicembre, quando il Times of Israel ha riferito che «Israele ha avvertito l'amministrazione Trump che il corpo delle Guardie della rivoluzione Islamica dell'Iran potrebbe utilizzare un'esercitazione militare in corso incentrata sui missili come copertura per lanciare un attacco contro Israele». «Le probabilità di un attacco iraniano sono inferiori al 50%, ma nessuno è disposto a correre il rischio e a dire che si tratta solo di un'esercitazione», ha in tal senso affermato ad Axios un funzionario di Gerusalemme.
Tutto questo, mentre il 17 dicembre il direttore del Mossad, David Barnea, aveva dichiarato che lo Stato ebraico deve «garantire» che Teheran non si doti dell’arma atomica. «L'idea di continuare a sviluppare una bomba nucleare batte ancora nei loro cuori. Abbiamo la responsabilità di garantire che il progetto nucleare, gravemente danneggiato, in stretta collaborazione con gli americani, non venga mai attivato», aveva detto.
Insomma, la tensione tra Gerusalemme e Teheran sta tornando a salire. Ricordiamo che, lo scorso giugno, le due capitali avevano combattuto la «guerra dei dodici giorni»: guerra, nel cui ambito gli Stati Uniti avevano colpito tre siti nucleari iraniani, per poi mediare un cessate il fuoco con l’aiuto del Qatar. Non dimentichiamo inoltre che Trump punta a negoziare un nuovo accordo sul nucleare di Teheran con l’obiettivo di scongiurare l’eventualità che gli ayatollah possano conseguire l’arma atomica. Uno scenario, quest’ultimo, assai temuto tanto dagli israeliani quanto dai sauditi.
Il punto è che le rinnovate tensioni tra Israele e Teheran si stanno verificando in una fase di fibrillazione tra lo Stato ebraico e la Casa Bianca. Trump è rimasto irritato a causa del recente attacco militare di Gerusalemme a Gaza, mentre Netanyahu non vede di buon occhio la possibile vendita di caccia F-35 al governo di Doha. Bisognerà quindi vedere se, nei prossimi giorni, il dossier iraniano riavvicinerà o meno il presidente americano e il premier israeliano.
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Il Comune fiorentino sposa l’appello del Maestro per riportare a casa le spoglie di Cherubini e cambiare nome al Teatro del Maggio, in onore di Vittorio Gui. Partecipano al dibattito il direttore del Conservatorio, Pucciarmati, e il violinista Rimonda.
Muwaffaq Tarif, lo sceicco leader religioso della comunità drusa israeliana
Il gruppo numericamente più importante è in Siria, dove si stima che vivano circa 700.000 drusi, soprattutto nel Governatorato di Suwayda e nei sobborghi meridionali della capitale Damasco. In Libano rappresentano il 5% del totale degli abitanti e per una consolidata consuetudine del Paese dei Cedri uno dei comandanti delle forze dell’ordine è di etnia drusa. In Giordania sono soltanto 20.000 su una popolazione di 11 milioni, ma l’attuale vice-primo ministro e ministro degli Esteri Ayman Safadi è un druso. In Israele sono membri attivi della società e combattono nelle Forze di difesa israeliane (Idf) in una brigata drusa. Sono circa 150.000 distribuiti nel nNord di Israele fra la Galilea e le Alture del Golan, ma abitano anche in alcuni quartieri di Tel Aviv.
Lo sceicco Muwaffaq Tarif è il leader religioso della comunità drusa israeliana e la sua famiglia guida la comunità dal 1753, sotto il dominio ottomano. Muwaffaq Tarif ha ereditato il ruolo di guida spirituale alla morte del nonno Amin Tarif, una figura fondamentale per i drusi tanto che la sua tomba è meta di pellegrinaggio.
Sceicco quali sono i rapporti con le comunità druse sparpagliate in tutto il Medio Oriente?
«Siamo fratelli nella fede e nell’ideale, ci unisce qualcosa di profondo e radicato che nessuno potrà mai scalfire. Viviamo in nazioni diverse ed anche con modalità di vita differenti, ma restiamo drusi e questo influisce su ogni nostra scelta. Nella storia recente non sempre siamo stati tutti d’accordo, ma resta il rispetto. Per noi è fondamentale che passi il concetto che non abbiamo nessuna rivendicazione territoriale o secessionista, nessuno vuole creare una “nazione drusa”, non siamo come i curdi, noi siamo cittadini delle nazioni in cui viviamo, siamo israeliani, siriani, libanesi e giordani».
I drusi israeliani combattono nell’esercito di Tel Aviv, mentre importanti leader libanesi come Walid Jumblatt si sono sempre schierati dalla parte dei palestinesi.
«Walid Jumblatt è un politico che vuole soltanto accumulare ricchezze e potere e non fare il bene della sua gente. Durante la guerra civile libanese è stato fra quelli che appoggiavano Assad e la Siria che voleva annettere il Libano e quindi ogni sua mossa mira soltanto ad accrescere la sua posizione. Fu mio nonno ha decidere che il nostro rapporto con Israele doveva essere totale e noi siamo fedeli e rispettosi. La fratellanza con le altre comunità non ci impone un pensiero unico e quindi c’è molta libertà, anche politica nelle nostre scelte».
In Siria c’è un nuovo governo, un gruppo di ex qaedisti che hanno rovesciato Assad in 11 giorni e che adesso si stanno presentando al mondo come moderati. Nei mesi scorsi però i drusi siriani sono stati pesantemente attaccati dalle tribù beduine e Israele ha reagito militarmente per difendere la sua comunità.
«Israele è l’unica nazione che si è mossa per aiutare i drusi siriani massacrati. Oltre 2000 morti, stupri ed incendi hanno insanguinato la provincia di Suwayda, tutto nell’indifferenza della comunità internazionale. Il governo di Damasco è un regime islamista e violento che vuole distruggere tutte le minoranze, prima gli Alawiti ed adesso i drusi. Utilizzano le milizie beduine, ma sono loro ad armarle e permettergli di uccidere senza pietà gente pacifica. Siamo felici che l’aviazione di Tel Aviv sia intervenuta per fermare il genocidio dei drusi, volevamo intervenire personalmente in sostegno ai fratelli siriani, ma il governo israeliano ha chiuso la frontiera. Al Shara è un assassino sanguinario che ci considera degli infedeli da eliminare, non bisogna credere a ciò che racconta all’estero. La Siria è una nazione importante ed in tanti vogliono destabilizzarla per colpire tutto il Medio Oriente. Siamo gente semplice e povera, ma voglio comunque fare un appello al presidente statunitense Donald Trump di non credere alle bugie dei tagliagole di Damasco e di proteggere i drusi della Siria».
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Con Luciano Pignataro commentiamo l'iscrizione della nostra grande tradizione gastronomica nel patrimonio immateriale dell'umanità