
L'azzurro guiderebbe l'organo di Montecitorio sul Recovery fund. Il partito del Cav dovrebbe tamponare eventuali fughe grilline.La nostalgia del Nazareno domina il dietro le quinte della politica italiana: Pd e Forza Italia potrebbero presto ritrovarsi fianco a fianco, sacrificando le divergenze politiche sull'altare della responsabilità, della stabilità del governo e del supremo interesse nazionale. Tradotto: dopo un anno di governo con il M5s, i dem non vedono l'ora di riabbracciare (distanziamento sociale permettendo) il «caro vecchio avversario» Silvio Berlusconi, che nelle ultime settimane ha ricevuto apprezzamenti, sempre graditi dalle parti di Arcore, anche quando interessati, perfino da Romano Prodi e Carlo De Benedetti. Il primo, storico avversario politico, ha detto di Silvio: «Lui in maggioranza? Non è un tabù, la vecchiaia porta saggezza»; il secondo, storico avversario in tutto, ha sentenziato: «Se si tratta di isolare Salvini e Meloni trangugio anche Berlusconi al governo con la sinistra».Ieri, Repubblica ha rivelato che per coinvolgere il Parlamento sulle scelte che dovranno essere fatte in merito al Recovery fund, i giallorossi stanno pensando di istituire due commissioni ad hoc, una alla Camera e una al Senato, e che quella di Montecitorio potrebbe essere presieduta da Renato Brunetta, economista del cuore di Berlusconi, esponente forzista della primissima ora. Prove tecniche di allargamento della maggioranza? Forza Italia si stacca dai sovranisti e si avvicina al governo? «In realtà», dice Brunetta alla Verità, «noi siamo stati sempre coerentemente nel centrodestra, all'opposizione sia del primo che del secondo governo Conte. Malumori nella maggioranza? Se ci chiedono di votare anche il terzo scostamento di bilancio, dopo aver votato i primi due, non vedo perché dovrebbe essere un problema la presidenza all'opposizione di una commissione. Parliamo di altri 25 miliardi di euro», aggiunge Brunetta, «che si aggiungono ai 75 già approvati con i precedenti scostamenti di marzo e aprile, che portano il totale alla cifra monstre di 100 miliardi».In realtà, almeno in pubblico, una sola voce si è levata contro l'ipotesi di assegnare a Forza Italia la presidenza di una delle due eventuali commissione sul Recovery fund: quella di Barbara Lezzi, senatrice M5s, ex ministro per il Sud che da quando è stata defenestrata dal governo non perde occasione per randellare la maggioranza: «Repubblica», scrive la Lezzi su Facebook, «annuncia la presidenza di un'eventuale commissione bicamerale per la spesa del programma europeo Next generation Eu (Recovery fund) a Brunetta. La notizia non può essere vera, saremmo di fronte alla certificazione dell'entrata in maggioranza di Forza Italia. Si darebbe a Berlusconi un potere che non ha mai avuto prima. Conoscendo Berlusconi», aggiunge la Lezzi, «non potremmo dormire sonni tranquilli». «La Lezzi», replica, sempre su Facebook, la deputata di Fi Elvira Savino, «dice che Brunetta non potrebbe presiedere un'eventuale commissione per l'impiego delle risorse del Recovery fund. Secondo lei il professor Brunetta non potrebbe, e magari potrebbe la stessa Lezzi per la sua teoria in campo economico secondo cui», aggiunge la Savino, «per aumentare il Pil basta aumentare l'aria condizionata». Al di là delle dichiarazioni in pubblico, diverse fonti di primo piano, interpellate dalla Verità, aiutano a comporre il mosaico. Sul Mes, il Pd e Italia viva non accettano il no del M5s e puntano a scardinare il muro eretto da Giuseppe Conte, che teme di infilarsi in un ginepraio portando la questione in parlamento. Ginepraio che invece non spaventa per nulla i dem e i renziani, i quali sanno che se si arriverà alla resa dei conti i pentastellati si spaccheranno, con una cinquantina di parlamentari, tra Camera e Senato, che voteranno contro e saranno a quel punto fuori dal M5s. I nomi dei «duri e puri» che non voteranno mai per il Mes? Circolano quelli della stessa Lezzi, di Giovanni Currò, di Raphael Raduzzi, di Alvise Maniero. Sul piede di guerra anche l'europarlamentare Ignazio Corrao. Lo stratega dei pasdaran no Mes sarebbe, manco a dirlo, Alessandro Di Battista. Gli altri due leader del M5s che fu? Roberto Fico è in automatica sintonia con le scelte del Pd, mentre Luigi Di Maio, che in queste ultime ore si è riavvicinato a Conte dopo gli attriti dei mesi scorsi, sta assumendo un ruolo sempre più «istituzionale». Dopo la spaccatura del M5s sul Mes, dunque, gli scissionisti grillini verranno sostituiti da Forza Italia, anche in maniera «non ufficiale», attraverso una fuoriuscita di parlamentari che andranno a costituire un gruppo di «responsabili» oppure confluiranno in Italia viva. Un'idea che lo stesso Conte accarezza ormai da settimane, poiché gli consentirebbe di restare a Palazzo Chigi nonostante la probabile sconfitta dei giallorossi alle regionali di settembre. Questo lo scenario che attende la politica italiana in autunno: la fine dell'estate, si sa, è il momento delle grandi nostalgie, della fine degli amori consumati tra un tuffo e una grigliata, del ritorno agli affetti stabili, come quelli tra Pd e Forza Italia, che si erano tanto amati, ai tempi del governo delle larghe intese e del patto del Nazareno, e che stanno per riavvicinarsi, travolti dal solito destino, quello di dire sì a tutto ciò che chiede l'Europa.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.