2022-08-09
Il centrodestra gioca il risiko dei collegi. Nodo sui governatori in Sicilia e Lombardia
Il governatore della Lombardia Attilio Fontana (Imagoeconomica)
La coalizione cerca la quadra sui seggi sicuri all’uninominale. E manca l’accordo sulle ricandidature di Nello Musumeci e Attilio Fontana.La vicenda con venature neodadaiste che ha coinvolto il leader di Azione Carlo Calenda e il segretario del Pd Enrico Letta ha di certo aumentato la percezione di compattezza, da parte dell’elettorato, della coalizione di centrodestra rispetto a quella di centrosinistra. In quest’ottica, quel vantaggio che tutti i sondaggi e tutte le simulazioni parlamentari attribuiscono a Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi sembra ora ancora più solido. L’esperienza delle ultime amministrative, però, insegna che la pulsione autolesionista è difficile da sopire definitivamente e che la strada verso l’appuntamento del 25 settembre è ancora lastricata di trappole e insidie. Intanto, c’è da dire che se a sinistra c’è il caos, nel versante opposto ci sono questioni sostanziali da sistemare. E si tratta di quel tipo di questioni che, se non risolte a dovere, possono determinare dei terremoti in seno a una coalizione. Partendo da quella più delicata, c’è da capire come saranno distribuite le candidature nei collegi uninominali, perché se è vero che è bastata una mezz’ora, al primo vertice plenario di centrodestra che si è svolto a Montecitorio due settimane fa, per assegnare i collegi spettanti a ogni forza politica dell’alleanza, c’è da aggiungere che un collegio non vale l’altro, e che, al netto del vantaggio attribuito dal centrodestra, per una forza politica candidare un suo esponente di punta a Bergamo o a Reggio Emilia non è la stessa cosa. Ecco perché la quadratura del cerchio, sotto questo punto di vista, arriverà con qualche giorno di ritardo rispetto a quanto inizialmente previsto, anche in considerazione del fatto che nel frattempo le forze centriste che siedono al tavolo si sono rimpolpate con l’approdo di Giovanni Toti, che non mancherà di certo di far valere il proprio contributo pesante nei collegi liguri, ritenuti tra i più incerti di tutta la penisola. Ricapitolando, l’accordo iniziale sulla quota di candidature nei collegi recitava 98 collegi a Fdi, 70 alla Lega, 42 a Forza Italia (compresi quelli appannaggio di Coraggio Italia di Luigi Brugnaro e dell’Udc di Lorenzo Cesa) e 11 a Noi con l’Italia di Maurizio Lupi. Numeri che sono in fase di revisione, con l’accorpamento tra Cesa e Brugnaro e la saldatura tra Toti e Lupi, tanto che la pattuglia centrista è in queste ultime ore in grande fibrillazione, reclamando un numero maggiore di collegi, ma soprattutto una certa quota di collegi sicuri. Ed è qui che interviene la miccia di un potenziale conflitto interno alla coalizione, poiché il taglio dei parlamentari e l’incertezza che regna sul risultato percentuale del Carroccio e di Forza Italia induce questi due partiti a puntare, per le proprie punte di diamante, sui collegi sicuri, ma questo può irritare - come sta accadendo sul fronte del centrosinistra - dirigenti locali ed elettori dei territori che potrebbero vedersi paracadutare personaggi senza alcun legame storico col collegio. Da questo punto di vista chi sta meglio è certamente Fdi, che difatti ha garantito di farsi carico di un certo numero di collegi da offrire ai centristi, ma questo non rappresenta una garanzia sufficiente per Nci, Udc e compagnia bella, perché c’è da vagliare in che fascia di contendibilità saranno i collegi in questione. Visto che il tempo stringe, la questione dovrà essere risolta entro la settimana prossima, anche perché il termine tassativo per la presentazione delle liste è fissato alle 20 del 21 agosto.Non destano preoccupazione, invece, le questioni programmatiche: oggi è prevista un’ulteriore riunione del tavolo di coalizione e i toni concilianti usati da Salvini nei confronti della Meloni, sia sul fronte della squadra di governo sia sul contrasto all’immigrazione irregolare, lasciano intuire che la redazione del documento comune è in dirittura d’arrivo. Anche sul fisco, la distanza che separa Salvini da Berlusconi sull’aliquota della flat tax non è incolmabile.Per tornare ai problemi seri, i terreni - o meglio i territori - scivolosi sono due: la Sicilia e la Lombardia. Nell’isola la guerra di trincea tra Fi e Fdi non accenna a calare d’intensità. Il coordinatore azzurro Gianfranco Micciché insiste perché il governatore in quota Fdi Nello Musumeci si faccia da parte, e reclama per il suo partito la candidatura a presidente della Regione (nella persona di Stefania Prestigiacomo), minacciando in caso contrario una corsa solitaria, mentre Fratelli d’Italia difende a spada tratta l’operato del presidente uscente, invocando il sostegno di tutta la coalizione. Da parte sua, il Carroccio propone delle candidature autonome, come il segretario regionale Nino Minardo o Alessandro Pagano. La vicenda è intricata perché strettamente legata a quella lombarda, dove le elezioni sono previste per la prossima primavera: non è un caso che da quando Fi ha iniziato a chiedere la testa di Musumeci, il partito di Giorgia Meloni abbia cominciato a spingere per Palazzo Lombardia Letizia Moratti, la cui candidatura, però, andrebbe a estromettere quella dell’attuale presidente leghista Attilio Fontana. Questo, da una parte, per equilibrare la messa in discussione del governatore uscente in Sicilia e per ottenere, dall’altra, il sostegno di Salvini alla ricandidatura di Musumeci. Il segretario leghista, per il momento, respinge nettamente ogni ipotesi di mettere in discussione Fontana. «Per me», ha affermato, «squadra che vince non si cambia. Siccome abbiamo lavorato in tutta Italia per unire il centrodestra», ha aggiunto, «mi auguro che nessuno lo divida». Uno stallo che sarebbe meglio arrestare prima del rush finale delle elezioni politiche.