2022-05-19
Centrodestra e Renzi umiliano Conte. Lui minaccia la crisi, ma chi lo segue?
Il suo candidato alla presidenza della commissione Esteri del Senato battuto da Stefania Craxi. Decisivi i voti di Fdi, Italia viva, gruppo Misto e forse proprio del M5s. Giuseppi se la prende con Mario Draghi e grida al complotto.È nel nome al contempo simbolico e beffardo di Craxi che Giuseppe Conte incassa l’ennesima umiliazione. Sembra un film ma è tutto vero, e di fronte ai cronisti convocati in fretta e furia via Whatsapp l’ex-premier sfoga tutta la sua ira per aver perso la commissione Esteri del Senato, sparando a zero sulla «nuova maggioranza» che ormai si è formata e che «va da FdI a Iv». Ma è chiaro ai più che si tratta di una manovra diversiva, che mira a spostare il focus sulla presunta slealtà dei partiti di maggioranza anziché sull’ultima figuraccia rimediata in ordine di tempo da quando ha assunto una leadership di M5s sempre più traballante. Prima i fatti: nella mattinata di ieri era previsto il voto per eleggere il nuovo presidente della commissione Esteri del Senato, dopo l’affaire che ha coinvolto Vito Petrocelli (da ieri ufficialmente ex-grillino), putiniano della prima ora revocato dal suo incarico grazie alle dimissioni rassegnate in blocco dai commissari. E quando Conte comincia ad occuparsi del delicato passaggio dell’avvicendamento, parte la sfilza di errori che porteranno alla tempesta perfetta. Prima lancia, sotto la spinta della parte più identitaria del Movimento, la candidatura di Gianluca Ferrara ma è costretto a stopparla quasi immediatamente per via di un libello antiamericano pubblicato dal diretto interessato anni orsono, che non garantisce il sostegno degli alleati e di tutta la maggioranza. A questo punto decide di prendere in mano la situazione e in diretta tv, incurante di chi gli consiglia di concertare un candidato digeribile per tutto il Movimento e per gli altri partiti che sostengono il governo, afferma stentoreo che «la commissione Esteri spetta al M5s». La sua carta è quella di riproporre il senatore Ettore Licheri, già affossato al momento dell’elezione dei vertici dei gruppi parlamentari, senza prendere in considerazione seriamente l’ipotesi Simona Nocerino, caldeggiata dai parlamentari più vicini al ministro degli Esteri Luigi Di Maio e verosimilmente più gradita da tutte le altre forze politiche. Morale della favola: al momento del voto si materializza una débâcle non imprevedibile ma non per questo meno umiliante. Il candidato grillino viene fiocinato a scrutinio segreto e a spuntarla è la senatrice azzurra Stefania Craxi, con 12 voti contro nove e grazie anche al sostegno di Fratelli d’Italia. Come sempre accade in questi casi, partono immediatamente i rumors su chi non ha rispettato i patti: c’è chi punta il dito su tre rappresentanti del gruppo Misto e chi si concentra su Italia Viva. Certamente le dichiarazioni rese prima e dopo il voto lasciano intuire che Matteo Renzi e i suoi non abbiano lavorato per lasciare un grillino sulla poltrona di presidente, ed è certo che il senatore Iv Giuseppe Cucca non abbia votato Licheri, peraltro rivendicandolo. Poi c’è la questione dei voti del Misto che non hanno preso la direzione sperata da Conte, ma il sentimento generale è concentrato senza esitazioni sui veleni interni al Movimento e sulla profonda divisione più volte emersa in seno al gruppo parlamentare, che potrebbe aver fatto mancare i voti decisivi. Il vicepresidente renziano della Camera, Ettore Rosato, azzarda compiaciuto che tre senatori di M5s non abbiano votato Licheri, mentre la Nocerino respinge al mittente le voci su un suo smarcamento, ma ciò non le impedisce di masticare amaro e di rispondere sibillina «dicono di sì» a chi gli chiede se le cose fossero andate in maniera differente con la sua candidatura.Di fronte a questo scenario post-atomico, Conte preferisce di convogliare la propria stizza contro gli altri partiti e contro il premier Mario Draghi, arrivando a minacciare apertamente la crisi: «Registriamo che di fatto», ha dichiarato a caldo dopo un consiglio nazionale lampo, «si è formata una nuova maggioranza, da FdI a Italia viva». Poi, la velata minaccia, nel momento in cui il presidente grillino sottolinea che «è stato avvertito il presidente del Consiglio e spetta innanzitutto a lui prendere atto della responsabilità di tenere in piedi questa maggioranza». Qualche minuto più tardi, una nota ufficiale di M5s mette ulteriormente a fuoco il tentativo di eclissare le lotte intestine: «Il voto di oggi», si legge, «certifica che l’attuale maggioranza di governo esiste solo sulla carta. Registriamo come ormai sia venuto meno anche il più elementare principio di leale collaborazione. Nei giorni scorsi avevamo ventilato il sospetto che qualcuno ci volesse fuori dalla maggioranza. Oggi ne abbiamo la conferma». Il segretario dem Enrico Letta manifesta preoccupazione ma forse in cuor suo condivide il pensiero prevalente ieri dalle parti di Montecitorio: è verosimile che un leader che non è riuscito a far eleggere due capigruppo e un presidente di commissione abbia l’autorità di imporre a suoi di staccare la spina a Draghi?
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
La stazione di San Zenone al Lambro, dove il 30 agosto scorso un maliano ha stuprato una 18enne (Ansa)