2020-04-18
Cento morti nelle Rsa delle Marche. Medico eroe ferma il Covid a Cingoli
La residenza per anziani Mordini di Castelfidardo (Ancona)
Nel paesino contagiati ospiti e quasi tutto il personale: un dottore, aiutato dalla Marina militare, si è offerto volontario per curare gli anziani malati. Sindaco e consiglieri si sono autotassati per comprare le mascherine.Ogni nome ha un volto: nel triangolo della morte delimitato dalle città di Macerata, Ancona e Pesaro la stampa locale è zeppa di necrologi. Un nonno dietro l'altro e si è arrivati presto a quota 100. Falciati dalla nera mietitrice travestita da Covid-19 e incubata nel luogo che i loro familiari ritenevano tra i più sicuri: la casa di riposo. Le residenze per anziani che sono sfuggite di mano, trasformandosi in un focolaio che non offre scampo, sono decine. E pensare che fino a fine febbraio le principali strutture marchigiane venivano considerate delle isole felici. Poi, da un mese a questa parte, è cominciata la drammatica conta dei nonni morti: 23 alla casa di riposo Mordini di Castelfidardo, dieci a Recanati, undici a San Marcello di Ancona, 23 a Pesaro. E del numero dei contagiati dal virus cinese anche la stampa locale ha perso il conto.I magistrati stanno già mappando le tragedie. Ad Ancona e a Pesaro i fascicoli sono contro ignoti e per ora sono fermi sul registro delle notizie che non costituiscono reato. A Macerata, invece, il procuratore Giovanni Giorgio ha ufficializzato le ipotesi di reato per i sette morti dell'ospizio di Cingoli: «Omicidio e lesioni colpose». Impensabile a inizio marzo, quando i 41 ospiti della casa di riposo dedicata alla Beata Angelina e piazzata in una bella struttura di via Pietro Leoni vivevano ancora spensierati. Le notizie del coronavirus sembravano così lontane. Ma il Comune, previdente, aveva bruciato tutti in partenza, annullando, tra i primi in Italia, manifestazioni e carnevale. Qualche giorno dopo, con un'ordinanza del sindaco Michele Vittori, è stato anche vietato l'accesso alla casa di riposo. Poi, all'improvviso, un evento ha anticipato quella che si sarebbe trasformata di lì a poco nella più grande tragedia che si ricordi in paese dopo i rastrellamenti dei tedeschi nel 1944: un'anziana sviene e viene portata al Pronto soccorso. Rientra in struttura perché non le viene diagnosticato nulla di serio. Due giorni e si ammala: febbre alta, difficoltà a respirare. Al tampone si scopre che è Covid. Il Comune, che non gestisce la struttura ma che viene informato, chiede all'Azienda sanitaria di intervenire con i tamponi. «L'Asl», spiega il vicesindaco Filippo Saltamartini, già vicequestore della polizia di Stato con un passato nell'antiterrorismo e un passaggio per il Senato della Repubblica, «risponde che i tamponi si fanno solo quando si manifesta la patologia». Cinque giorni dopo però la casa di riposo è già un lazzaretto. Isolina Carbonari, 89 anni, se ne è andata il 16 marzo. E ora la figlia Mirella chiede giustizia: «Se qualcuno ha sbagliato deve pagare». Mirella vuole sapere tutto di quel contagio, di quella febbre alta e del tampone fatto dopo molti giorni. La rabbia a Cingoli è mista al dolore. Perché i parenti sono finiti tutti in quarantena e nessuno ha potuto accompagnare la bara di Isolina al camposanto. Niente fiori. Niente messa. Una storia che si è ripetuta a ogni decesso. Il Comune, nel frattempo, chiede il trasferimento dei contagiati dalla struttura, ma l'unica prescrizione che ottiene è l'isolamento. Coincidenza: al rientro della prima paziente dall'ospedale si sono infettati tutti quanti. I numeri qui sono simili a quelli lombardi: la media è di un infetto ogni 160 abitanti. Poco più di Lecco e poco meno di Mantova. A febbraio si è svolto il carnevale di Fano, che ha creato un grande assembramento. Un torneo di basket, invece, ha portato a Pesaro le squadre dal Nord. E questo potrebbe spiegare i dati.A Cingoli nasce anche un conflitto con la Regione: il Comune vuole sapere chi deve occuparsi dell'assistenza nella casa di riposo, tra i cui ospiti ci sono anche degli allettati che fruiscono di prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale. Ma dalla Regione non rispondono. Parte del personale della casa di riposo è in quarantena e alcuni giorni lavorano lì dentro solo in due. Il Comune allora, dopo aver inviato una diffida alla Regione, conoscendo il cuore grande dei marchigiani, contatta un medico di famiglia. Nonostante due camici bianchi del paese si fossero già ammalati (uno poi è anche deceduto), il dottor Luigi Ippoliti, figlio d'arte, si rimbocca le maniche e accetta di entrare nell'inferno. Gli unici strumenti che ha glieli fornisce il Comune. È solo contro il virus. E ci sono già dei morti. Un eroe. «A quel punto facciamo un appello in rete», racconta Saltamartini, «e lo raccoglie Matteo Salvini, che chiama il premier Giuseppe Conte e dopo qualche giorno arrivano due medici della Marina militare e quattro infermieri». Ippoliti può contare anche su due infermiere volontarie, una delle quali si laurea durante la tempesta e discute la tesi dalla tenda del pre triage. La casa di riposo si trasforma in un reparto Covid per acuti e in pochi giorni ci sono già i primi otto guariti. Ma l'incubo non è ancora finito. C'è il problema delle medicine. «Qua è arrivata poca roba», conferma il vicesindaco, «e i pazienti hanno bisogno di una cura costante come in ospedale, il fatto che stanno in una casa di riposo non autorizza ad abbandonarli». E poi mancano mascherine, camici e guanti. «Allora», ricorda ancora Saltamartini, «noi ci mettiamo alla disperata ricerca dell'occorrente. Grazie alla generosità di tante persone, pur non avendo ricevuto nulla da Protezione civile regionale e nazionale, noi amministratori riusciamo a fornire le mascherine. Ci autotassiamo anche, raccogliendo 6.000 euro». La sfortuna, però, sembra essersi accanita. E a Malpensa bloccano un carico di 40.000 mascherine per Cingoli. «Richiamiamo Salvini grazie all'intervento del senatore Giuliano Pazzaglini e del deputato Giorgia Latini», afferma Saltamartini, «e per fortuna si sblocca tutto». Il carico non serve a rifornire solo la casa di riposo. Bisogna fare una seconda distribuzione tra i 10.000 abitanti. A Pesaro, invece, il sindaco dem Matteo Ricci all'inizio dell'emergenza liquida il virus cinese come una banale influenza e dileggia il governatore lombardo Attilio Fontana: «Adesso abbiamo inquadrato il problema, di questa malattia non si muore e la mascherina di Fontana è allucinante». Dopo l'imbarazzante figuraccia ha cercato di recuperare e il 10 aprile ha consegnato anche lui le prime protezioni a domicilio. Tra i cittadini, però, il giudizio resta pesante: «Sono sconcertata dal comportamento del sindaco che aizzava la gente a uscire, a fare come se nulla fosse». Mara Marchetti ha perso la madre nella residenza per anziani Casa Aura, oltre 20 morti e altrettanti operatori contagiati. A fine febbraio le comunicano che la struttura aveva limitato le visite dei parenti. «Io non sapevo che già a febbraio c'erano stati dei morti», racconta Mara.Inoltre, la donna era tranquilla anche perché aveva sentito il sindaco parlare di una semplice influenza. «La struttura era chiusa», ricorda Mara, «ma non sapevo, come mi è stato riferito, che i dipendenti combattevano il virus senza mascherine e a mani nude». Pochi giorni dopo l'avvisano che la mamma, 87 anni, ha due linee di febbre. Il 15 marzo la situazione precipita. E il racconto si fa sempre più sofferto: «Mi chiamano alle 4 del mattino dicendomi che mia madre è morta, così, da un giorno all'altro, da due linee di febbre a morta». La mamma di Mara è una delle 23 vittime Covid della struttura e dei 400 cittadini di Pesaro. «E nessuno ne parla», commenta la donna, «Si fanno solo processi a Fontana e non si parla mai di Pesaro». Ma il bilancio è pesante anche in una Rsa di Recanati. Giuliana Lucarini è la figlia di un'anziana deceduta nella casa di riposo. Ha preparato un dossier e l'ha mandato in Procura, perché la sua è una storia sospesa. «Mia madre», ha raccontato, «era risultata negativa al primo tampone e dopo il decesso nessuno l'ha sottoposta di nuovo all'esame per chiarire, realmente, i motivi della morte». Anche qui potrebbe essersi ripetuta la solita leggerezza: «Far rientrare in struttura persone che erano state in ospedale», spiega Giuliana. E da allora, per la stessa drammatica coincidenza, sono cominciati i contagi.