2019-06-16
Censori della libertà con la scusa dell’odio
L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è nata 22 anni fa e può contare su un bilancio di oltre 100 milioni di euro. Ha lanciato la campagna contro gli «hate speech», un metodo per sanzionare chi non si adegua al politicamente corretto.L'Agcom è l'Autorità storicamente più «anziana». In realtà ha l'età di una fanciulla di 22 anni ma soffre di vecchiaia precoce o forse solo di inadeguatezza, anche perché in questi due decenni è il sistema degli audiovisivi e del mercato della comunicazione che è profondamente cambiato. Al punto che si parla sempre più insistentemente di modifiche istituzionali, di aggiornamenti nella funzione di Autorità di garanzia indipendente nelle comunicazioni. E tutto questo ormai quando si è molto vicini alle scadenza del presidente (Angelo Marcello Cardani) e del Consiglio direttivo (Antonio Nicita, Mario Morcellini, Antonio Martuscello e Francesco Posteraro), in carica dal 2012. Fa eccezione, per la verità, Morcellini in carica da soli due anni. Che cosa non ha funzionato in questa Autorità indipendente, ostinatamente voluta nel 1997 dall'ex ministro delle Poste Antonio Maccanicocon una legge per «assicurare la corretta concorrenza degli operatori sul mercato e tutelare il pluralismo e le libertà fondamentali dei cittadini nel settore delle telecomunicazioni, dell'editoria, dei mezzi di comunicazioni di massa e delle poste»? La sede legale, in omaggio a Maccanico, venne fissata a Napoli, con uffici operativi a Roma. Di fatto, a funzionare realmente è però quella della capitale, dove sono concentrati i centri decisionali.Il presidente Cardani, non vuole rilasciare interviste, anche perché è ormai vicino alla conclusione del suo mandato settennale (luglio). Cardani, docente di economia politica in Bocconi, è stato membro del gabinetto del commissario Mario Monti per il mercato interno a Bruxelles e capo di gabinetto aggiunto dello stesso commissario per la politica della concorrenza. La fedeltà al senatore a vita è stata ripagata con la nomina a presidente Agcom.E chi sono i quattro commissari moschettieri? Antonio Martuscello (napoletano), politico, ex parlamentare. È stato sottosegretartio all'Ambiente nel governo Berlusconi (2001-2004); poi viceministro ai Beni culturali. Un fedelissimo del Cavaliere anche candidato a sindaco di Napoli (col 47 % dei consensi). Eletto nel 2012 commissario Agcom, insegna in due università private (UniPegaso e Suor Orsola Benincasa). Si sa però poco del suo impegno in Agcom. Di Francesco Posteraro (calabrese) si dice abbia avuto un'intensa frequentazione della Camera dei deputati, come avvocato, operando in numerose commissioni parlamentari. Come commissario, in quota Udc, ha registrato una discreta visibilità in occasione delle sanzioni agli operatori telefonici nell'ambito della fatturazione ogni 28 giorni. In quella occasione Posteraro aveva dichiarato: «Sarebbe più trasparente dire che vengono aumentati i prezzi dell'8, 6 per cento, perché alla fine quello sarà l'effetto». L'Agcom però non ha poteri per agire; ha solo segnalato il problema (che riguardava anche Sky) ad altre autorità. Poi vi è Mario Morcellini, l'ultimo arrivato all'Agcom, due anni fa, candidato («dal vertice del Pd all'unanimità», precisa). Insegna a sociologia, ha avuto incarichi importanti alla Sapienza. Instancabile, ma sempre sensibile ai richiami politici (leggi: Pci-Pds-Ds-Pd). In teoria potrebbe essere reincaricato, al vertice Agcom, ma Morcellini ritiene di non essere più (politicamente) gradito. «Il governo ha quella maggioranza che sappiamo, ma anche il Pd non è più quello di prima e non sono più affidabile per il nuovo gruppo dirigente. Se mi propongono però certamente non rifiuterò».L'ultimo dell'elenco è Antonio Nicita, ma è il commissario più conosciuto. Si è fatto notare, anche alla vigilia delle elezioni europee, per la sua strenua difesa di Fabio Fazio, criticando la «censura della Rai» (le famose tre puntate cancellate), senza però dire una sola parola sullo scandaloso stipendio del suo protetto (oltre due milioni e mezzo di euro l'anno). Ora il siciliano Nicita, dopo avere insegnato all'università di Siena, è riuscito ad arrivare alla Sapienza, dove insegna politica economica. È considerato uno stimato esperto di comunicazione, reti e mercato degli audiovisivi. A differenza degli altri suoi colleghi commissari ha accettato un'intervista, ma scegliendo la strada della cautela. Più temerario ci è parso Morcellini. Gli abbiamo chiesto se l'Agcom avesse bisogno di un tagliando. Non ha avuto esitazioni. «Credo», ha risposto, «che l'infrastruttura di questa Autorità sia di grande qualità, ma devo osservare che l'Agcom non è così indipendente come molti pensano. Ci sono poi quelli (come il presidente, ma non solo) che pensano di unificare l'Agcom con l'Autorità per la privacy. Insomma vi è molto da fare in questo campo. Dopo luglio avremo modo di parlarne».L'Agcom è una struttura consolidata; può contare su un bilancio di oltre cento milioni di euro: esattamente 104.106.000 euro, secondo il bilancio preventivo di quest'anno. Nelle due sedi di Napoli e Roma ha in organico 363 dirigenti e altro personale, che supererà entro l'anno le 500 unità. Non ha contributi dallo Stato perché le sue entrate sono rappresentate dai finanziamenti, previsti dalla legge, degli operatori del settore delle comunicazioni elettroniche (40 milioni e 500.000), dei servizi media (23 milioni e 200.000) e degli operatori dei servizi postali (circa 9 milioni di euro). Le uscite sono costituite dai costi del personale (51 milioni 500.000), degli organi collegiali di vertice (circa 2 milioni di euro); il resto viene assorbito dalle sedi, trasferte e spese generali. Nel complesso il bilancio risulta sempre in attivo (oltre 7 milioni l'ultimo avanzo di gestione). Tutto questo in un settore, quello delle telecomunicazioni, «il cui valore complessivo dei ricavi varca la soglia dei 32 miliardi di euro e torna il segno positivo degli investimenti infrastrutturali (+ 1,6%)». Questa l'opinione del presidente Cardani nella relazione annuale 2018. Dal cilindro dell'Autorità sembra ora essere uscito l'hatespeech. Di che cosa si tratta? E perché questo termine inglese viene utilizzato così frequentemente, al punto da dedicargli una giornata di studio all'Ordine nazionale dei giornalisti (Roma, 5 giugno scorso), alla presenza di alti funzionari dell'Agcom, del commissario Antonio Nicita, del presidente dell'Ordine dei giornalisti , Carlo Verna, e dei massimi dirigenti del sindacato dei giornalisti, compreso quel Roberto Natale (ex segretario Usigrai - il sindacato dei giornalisti Rai -, ex presidente della Fnsi, ex portavoce di Laura Boldrini), ora rientrato in Rai. Verna e Natale (dello stesso colore politico) sono stati molto generosi in elogi a chi ha «inventato» la guerra all'incitamento all'odio, pardon all'hatespeech (il termine inglese fa più effetto ovviamente), Antonio Nocita, diventato lo sbandieratore di questa «campagna». Infatti, d'accordo con il presidente Agcom, ha promosso anche degli spot tv («Abbiamo tante parole, scegliamo quelle giuste») dalla dubbia efficacia. Nocita è visibilmente orgoglioso di questa battaglia contro l'imbarbarimento del linguaggio, soprattutto politico. È stato anche varato un Regolamento, tuttavia non siamo del tutto convinti che possa essere veramente una soluzione. Né potranno servire gli spot televisivi, anche perché sembrano promossi dall'Accademia della Crusca. Solo per fare un esempio: come la metterà l'Agcom con programmi come Il grande Fratello» o L'isola dei famosi? Saranno cancellati o sanzionati a colpi di milioni di multe? E perché poi, quando si parla di barbaro linguaggio dei politici, si citano solo dirigenti della Lega e dei 5 stelle? Anche Amnesty ci ha provato, in due turni elettorali, mettendo alla berlina solo gli esponenti del centrodestra, mentre quelli del centrosinistra sarebbero dei gentiluomini di campagna, dal linguaggio corretto e rispettoso delle donne, degli omosessuali, migranti e altre minoranze … Ma chi ci crede? Nocita però è un garantista e ci dice serenamente: «Stiamo semplicemente applicando la normativa, anche riferendoci agli organismi francese e britannico, omologhi dell'Agcom, che attuano sanzioni più forti della nostra normativa. Abbiano visto che la crescita delle espressioni di odio e di intolleranza nelle trasmissioni radio e tv (nei confronti dei migranti e delle minoranze) è stata molto elevata. Noi chiediamo uno sforzo agli operatori di questi settori per fornire informazioni complete, includendo gli elementi di contesto, evitando forme di generalizzazioni e di pregiudizio. L'Ordine dei giornalisti ha sempre collaborato con l'Agcom». Non intendiamo certo contestare le motivazioni del professor Nocita, tuttavia qualche critica è stata fatta sul rischio di una possibile limitazione della libertà di espressione. Diversi editorialisti, ad esempio, hanno osservato che con il pretesto dell'incitamento all'odio si possa sanzionare in vari modi l'informazione. Si comincia con le radio e le tv e poi altri organi, compreso il governo e la stessa magistratura, potrebbero proseguire inasprendo sanzioni e limitando quindi, più di quanto non lo sia già oggi, il libero esercizio della professione giornalistica. Il pericolo, comunque, esiste e non va certo sottovalutato e se ne parla molto nelle redazioni, anche in dissenso con lo stesso vertice dell'Ordine.Ma torniamo all'Agcom. Va cambiata, modificata questa Autorità? Antonio Nicita non ha dubbi in proposito: «Dopo vent'anni trovo giusto un tagliando sulle autorità indipendenti, ma a condizione che sia preservata la loro indipendenza e il loro raggio d'azione. L'avvento del digitale ha modificato profondamente l'offerta e la domanda di contenuti e servizi. Il legislatore deve aggiornare i poteri di Agcom mettendo al centro le esigenze del cittadino-consumatore digitale, anche sotto il profilo del pluralismo. Ho proposto da oltre un anno la formazione di un'unica Autorità per il digitale. Vedo la possibilità di realizzare una convergenza tra Agcom e Autorità per la privacy proprio perché la proliferazione del dato è diventata l'elemento centrale dei mercati digitali». Si dà il caso che proprio i vertici della Autorità per la protezione dei dati personali e l'Agcom siano in scadenza. Perché non cominciare allora a unificare queste due Autorità, riformulando una nuova mission?