2021-08-15
C’è un problema con l’informazione condizionata dai fondi d’investimento
Invece di accettare un serio dibattito sulla vaccinazione di massa, si cerca di delegittimare chi sottopone ad analisi critica il punto di vista dominante. Mentre il business foraggia social e i cosiddetti siti anti bufala.Caro direttore, dato che le disgrazie non vengono mai sole, nella nostra società si sta consolidando una sorta di regime scientifico-politico-mediatico convinto di possedere il verbo assoluto, che invece di accettare un serio dibattito sui punti critici (il tema è la vaccinazione di massa), cerca di delegittimare in ogni modo chi osa sottoporre ad analisi critica il punto di vista mainstream, sfoderando ad ogni occasione possibile i termini di una neolingua di orwelliana memoria. Senza farsi problemi nel ricorrere a veri e propri insulti oltre che ad affermazioni palesemente scorrette.Ecco perché due autorevolissimi filosofi di scuole molto diverse tra loro come Massimo Cacciari e Giorgio Agamben hanno deciso di alzare la loro voce contro il green pass annunciato dal governo, considerandolo l'anticamera di un regime. Dalla prima pagina del Corriere della Sera la loro iniziativa - che ha una importanza invero straordinaria per il peso delle due personalità coinvolte - invece che discussa, è stata addirittura sfottuta, lamentando che «adesso anche i filosofi si mettono a discettare di medicina». Per converso, i critici della vaccinazione di massa vengono per lo più reclutati tra i personaggi più folkloristici, e se ci sono pubbliche manifestazioni di dissenso, si mette in risalto la presenza ai margini di squalificati elementi di estrema destra, approfittando di una piccolissima parte per squalificare il tutto. Tutto fa brodo per delegittimare i critici e per avallare le tesi pro vaccinazione di massa, anche di ragazzi e bambini, nonostante i ministri della Sanità di importanti paesi come Germania, Inghilterra, Svezia, Finlandia, Belgio e Olanda lo abbiano sconsigliato.IL «DOVERE MORALE»Secondo il presidente della Repubblica vaccinarsi (e vaccinarli) sarebbe un dovere morale. Illustre signor presidente, da Lei, garante supremo, accettiamo tutto, ma - con tutto il rispetto - non l'obbligare le giovani generazioni a subire «eventuali rischi a lungo termine che non si conoscono e non si possono escludere» come sta scritto nei documenti di registrazione dei nuovi vaccini. Oramai siamo in presenza di un vero e proprio ostracismo verso scienziati autorevoli che si permettono di contraddire la vulgata mainstream. Premi Nobel e altri illustri ricercatori e accademici con un H-index che i virologi nostrani nemmeno si sognano, vengono considerati dei bolliti o degli screditati alla ricerca di visibilità. Proprio come è successo a Luc Montaigner, reo di aver scoperto in breve tempo che nel virus sono state introdotte artificialmente quattro sequenze di un virus dell'Aids, e che per un anno è stato considerato un povero pazzo. Ora Usa e Cina si stanno accordando sulla verità di cui i più esperti dell'argomento erano da tempo al corrente: che il virus è stato perfezionato nel laboratorio di Wuhan. Che Montaigner avesse ragione, è una notizia che i lettori della Verità conoscono… ma non quelli degli altri giornali. Probabilmente anche perché i manipolatori della neolingua confidano nel fatto che la memoria collettiva è molto corta.A proposito della Rete, l'ultimo grido è prendersela con le fake news che attecchirebbero troppo facilmente tra il popolo dei navigatori, e inneggiare di conseguenza ai siti di debunking che si occupano di ristabilire la verità. Bene. Aspettiamo che qualcuno decida di svolgere una piccola indagine sulle competenze e sui curricula del personale dei più noti siti antibufale, insieme all'analisi delle loro fonti di finanziamento. Poi ne riparliamo.Se siete arrivati sin qui, potreste anche pensare di avere incontrato un no-vax. Non è cosí. Avete incontrato qualcuno che, cercando di approfondire senza pregiudizi la letteratura scientifica, ha seri dubbi sull'ipotesi di un teorema che ritiene i nuovi «vaccini» l'unica difesa contro un temibile virus. E che non si fa incantare dalla neolingua utilizzata a piene mani, anzi la studia per mestiere. In realtà, contro il Sars 2 Covid-19, di difese ce ne sono diverse, e non si capisce perché non siano mai state prese in considerazione. Per non parlare della prevenzione. Ci potrebbero dire gli esperti di Ema, Aifa, Iss, Cts, ministero della Salute, perché si è ritenuto lecito approvare in via emergenziale nuovi tipi di vaccini e non si consenta di sperimentare in via altrettanto emergenziale terapie che sembrano dare risultati molto buoni in diversi paesi del mondo? Se la pandemia è così grave, perché lasciare qualcosa di intentato che potrebbe invece permettere - a chi non vuole - di farsi inoculare farmaci sperimentali di cui non sono state verificate le interazioni farmacocinetiche, la genotossità e la carcinogenicità?La Ue ha annunciato possibili terapie, ma guarda caso sono tutte costosissime (c'era da chiederselo?), e praticabili quasi solo in ospedale. Quanto ci sono costati invece, e complessivamente, i lockdown e i vaccini che ora si dimostrano poco efficaci non solo contro la variante delta, e che mostrano pure una progressiva riduzione di efficacia, al punto che Pfizer e Moderna suggeriscono già il terzo richiamo? Qualcuno ha già detto che ci vorrà il quarto, poi il quinto… Eppure, insieme ad altri virologi di notevole livello, il virologo Vanden Bossche, già coordinatore del progetto Ebola per la Gates foundation, aveva rivolto addirittura una supplica all'Oms affinché non si procedesse durante la pandemia a una vaccinazione con farmaci capaci di provocare pericolose varianti. Come puntualmente sta accadendo.Il 1° agosto La Verità titolava: «Condannati al silenzio gli scienziati che hanno dubbi sulle vaccinazioni. C'è una scienza che disturba il potere e viene censurata». Il vero problema è che, passata la fase acuta dell'emergenza, ora non si concede la stessa apertura di credito alle possibili terapie a basso costo concessa invece a terapie vaccinali che cominciano a mostrare i difetti ampiamente previsti da scienziati indipendenti e che obbligano le case produttrici a continui aggiornamenti del bugiardino. Ecco perché cresce sempre di più in tutto il mondo un movimento di protesta, man mano che questi temi diventano di dominio comune. E non si tratta affatto di proteste che allignano nella parte meno colta della popolazione. Anzi. Il regime globale che si è creato fa di tutto per delegittimarlo e tacitarlo, reagendo in forma sempre più repressiva, sia a livello della comunità scientifica che di quello politico e sociale. Ricorrendo a categorie semplicistiche come «dovere civico» o alla dicotomia morale/immorale, evitando del tutto le analisi e i confronti approfonditi. Spingendo i governi a prendere decisioni che si stanno rivelando avventate, se non addirittura suicide per la convivenza civile, la scuola e l'economia nel complesso. Su questo fronte Cacciari e Agamben quindi non sono soli, mentre le stizzose e spocchiose contestazioni al loro salutare grido di allarme costituiscono un altro segnale di consolidamento di un regime incipiente.Nota a margine. Chi scrive, oltre ad occuparsi professionalmente di comunicazione a livello operativo, speculativo e di insegnamento universitario, ha gestito per vent'anni la sede italiana di Medicus Intercon, che è stato per lungo tempo il più grande network multinazionale specializzato nell'informazione alla classe medica. Ha quindi lavorato gomito a gomito con un rilevante numero di industrie farmaceutiche nazionali e internazionali. Conoscendo a fondo le loro attività di ricerca e le loro modalità di lobby nei confronti della classe medica, della politica, dei media e della società. Negli anni passati queste industrie hanno scoperto e promosso farmaci di grande utilità.Da un po' di anni però non si scopre più nessun breaktrough, come vengono chiamati i farmaci rivoluzionari per patologie molto diffuse. Nel frattempo, la decadenza dei brevetti e la nascita della categoria dei farmaci generici ha ridotto il fatturato delle imprese, che hanno cominciato pure a produrli in proprio per recuperare. Nel tempo, nel loro azionariato le famiglie dei fondatori sono state via via affiancate o sostituite dai grandi Fondi di investimento come ad esempio Black rock, il cui spasmodico interesse per i risultati economici trimestrali è ben noto, e ben superiore a quello per il giuramento di Ippocrate. Black rock è presente in Pfizer, insieme ai fondi Vanguard e Wellington. Ma nel suo azionariato ci sono anche Bank of America, Deutsche bank, Morgan Stanley, JP Morgan. Che non sono esattamente degli enti di beneficenza, e sono ben felici che Pfizer abbia raddoppiato la previsione del fatturato 2021 per il solo vaccino: 26 miliardi di dollari. Previsione che andrà vista al rialzo dopo l'annuncio di voler aumentare il prezzo del 15-20%. Gli stessi Fondi sono presenti anche nei social network più famosi, molto premurosi nel sovvenzionare i siti anti bufale, a limitare e addirittura cancellare i post critici sulla nuova categoria di vaccini e sul loro impiego a tappeto. Conoscendo questi dati, ognuno può trarre le proprie conclusioni.
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La consulenza super partes parla chiaro: il profilo genetico è compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio. Un dato che restringe il cerchio, mette sotto pressione la difesa e apre un nuovo capitolo nell’indagine sul delitto Poggi.
La Casina delle Civette nel parco di Villa Torlonia a Roma. Nel riquadro, il principe Giovanni Torlonia (IStock)
Dalle sue finestre vedeva il Duce e la sua famiglia, il principe Giovanni Torlonia. Dal 1925 fu lui ad affittare il casino nobile (la villa padronale della nobile casata) per la cifra simbolica di una lira all’anno al capo del Governo, che ne fece la sua residenza romana. Il proprietario, uomo schivo e riservato ma amante delle arti, della cultura e dell’esoterismo, si era trasferito a poca distanza nel parco della villa, nella «Casina delle Civette». Nata nel 1840 come «capanna svizzera» sui modelli del Trianon e Rambouillet con tanto di stalla, fu trasformata in un capolavoro Art Nouveau dal principe Giovanni a partire dal 1908, su progetto dell’architetto Enrico Gennari. Pensata inizialmente come riproduzione di un villaggio medievale (tipico dell’eclettismo liberty di quegli anni) fu trasformata dal 1916 nella sua veste definitiva di «Casina delle civette». Il nome derivò dal tema ricorrente dell’animale notturno nelle splendide vetrate a piombo disegnate da uno dei maestri del liberty italiano, Duilio Cambellotti. Gli interni e gli arredi riprendevano il tema, includendo molti simboli esoterici. Una torretta nascondeva una minuscola stanza, detta «dei satiri», dove Torlonia amava ritirarsi in meditazione.
Mussolini e Giovanni Torlonia vissero fianco a fianco fino al 1938, alla morte di quest’ultimo all’età di 65 anni. Dopo la sua scomparsa, per la casina delle Civette, luogo magico appoggiato alla via Nomentana, finì la pace. E due anni dopo fu la guerra, con villa Torlonia nel mirino dei bombardieri (il Duce aveva fatto costruire rifugi antiaerei nei sotterranei della casa padronale) fino al 1943, quando l’illustre inquilino la lasciò per sempre. Ma l’arrivo degli Alleati a Roma nel giugno del 1944 non significò la salvezza per la Casina delle Civette, anzi fu il contrario. Villa Torlonia fu occupata dal comando americano, che utilizzò gli spazi verdi del parco come parcheggio e per il transito di mezzi pesanti, anche carri armati, di fatto devastandoli. La Casina di Giovanni Torlonia fu saccheggiata di molti dei preziosi arredi artistici e in seguito abbandonata. Gli americani lasceranno villa Torlonia soltanto nel 1947 ma per il parco e le strutture al suo interno iniziarono trent’anni di abbandono. Per Roma e per i suoi cittadini vedere crollare un capolavoro come la casina liberty generò scandalo e rabbia. Solo nel 1977 il Comune di Roma acquisì il parco e le strutture in esso contenute. Iniziò un lungo iter burocratico che avrebbe dovuto dare nuova vita alle magioni dei Torlonia, mentre la casina andava incontro rapidamente alla rovina. Il 12 maggio 1989 una bimba di 11 anni morì mentre giocava tra le rovine della Serra Moresca, altra struttura Liberty coeva della casina delle Civette all’interno del parco. Due anni più tardi, proprio quando sembrava che i fondi per fare della casina il museo del Liberty fossero sbloccati, la maledizione toccò la residenza di Giovanni Torlonia. Per cause non accertate, il 22 luglio 1991 un incendio, alimentato dalle sterpaglie cresciute per l’incuria, mandò definitivamente in fumo i progetti di restauro.
Ma la civetta seppe trasformarsi in fenice, rinascendo dalle ceneri che l’incendio aveva generato. Dopo 8 miliardi di finanziamenti, sotto la guida della Soprintendenza capitolina per i Beni culturali, iniziò la lunga e complessa opera di restauro, durata dal 1992 al 1997. Per la seconda vita della Casina delle Civette, oggi aperta al pubblico come parte dei Musei di Villa Torlonia.
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Oltre quaranta parlamentari, tra cui i deputati di Forza Italia Paolo Formentini e Antonio Giordano, sostengono l’iniziativa per rafforzare la diplomazia parlamentare sul corridoio India-Middle East-Europe. Trieste indicata come hub europeo, focus su commercio e cooperazione internazionale.
È stato ufficialmente lanciato al Parlamento italiano il gruppo di amicizia dedicato all’India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC), sotto la guida di Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Affari esteri, e di Antonio Giordano. Oltre quaranta parlamentari hanno già aderito all’iniziativa, volta a rafforzare la diplomazia parlamentare in un progetto considerato strategico per consolidare i rapporti commerciali e politici tra India, Paesi del Golfo ed Europa. L’Italia figura tra i firmatari originari dell’IMEC, presentato ufficialmente al G20 ospitato dall’India nel settembre 2023 sotto la presidenza del Consiglio Giorgia Meloni.
Formentini e Giordano sono sostenitori di lunga data del corridoio IMEC. Sotto la presidenza di Formentini, la Commissione Esteri ha istituito una struttura permanente dedicata all’Indo-Pacifico, che ha prodotto raccomandazioni per l’orientamento della politica italiana nella regione, sottolineando la necessità di legami più stretti con l’India.
«La nascita di questo intergruppo IMEC dimostra l’efficacia della diplomazia parlamentare. È un terreno di incontro e coesione e, con una iniziativa internazionale come IMEC, assume un ruolo di primissimo piano. Da Presidente del gruppo interparlamentare di amicizia Italia-India non posso che confermare l’importanza di rafforzare i rapporti Roma-Nuova Delhi», ha dichiarato il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea.
Il senatore ha spiegato che il corridoio parte dall’India e attraversa il Golfo fino a entrare nel Mediterraneo attraverso Israele, potenziando le connessioni tra i Paesi coinvolti e favorendo economia, cooperazione scientifica e tecnologica e scambi culturali. Terzi ha richiamato la visione di Shinzo Abe sulla «confluenza dei due mari», oggi ampliata dalle interconnessioni della Global Gateway europea e dal Piano Mattei.
«Come parlamentari italiani sentiamo la responsabilità di sostenere questo percorso attraverso una diplomazia forte e credibile. L’attività del ministro degli Esteri Antonio Tajani, impegnato a Riad sul dossier IMEC e pronto a guidare una missione in India il 10 e 11 dicembre, conferma l’impegno dell’Italia, che intende accompagnare lo sviluppo del progetto con iniziative concrete, tra cui un grande evento a Trieste previsto per la primavera 2026», ha aggiunto Deborah Bergamini, responsabile relazioni internazionali di Forza Italia.
All’iniziativa hanno partecipato ambasciatori di India, Israele, Egitto e Cipro, insieme ai rappresentanti diplomatici di Germania, Francia, Stati Uniti e Giordania. L’ambasciatore cipriota ha confermato che durante la presidenza semestrale del suo Paese sarà dedicata particolare attenzione all’IMEC, considerato strategico per il rapporto con l’India e il Medio Oriente e fondamentale per l’Unione europea.
La presenza trasversale dei parlamentari testimonia un sostegno bipartisan al rapporto Italia-India. Tra i partecipanti anche la senatrice Tiziana Rojc del Partito democratico e il senatore Marco Dreosto della Lega. Trieste, grazie alla sua rete ferroviaria merci che collega dodici Paesi europei, è indicata come principale hub europeo del corridoio.
Il lancio del gruppo parlamentare segue l’incontro tra il presidente Meloni e il primo ministro Modi al G20 in Sudafrica, che ha consolidato il partenariato strategico, rilanciato gli investimenti bilaterali e discusso la cooperazione per la stabilità in Indo-Pacifico e Africa. A breve è prevista una nuova missione economica guidata dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Tajani.
«L’IMEC rappresenta un passaggio strategico per rafforzare il ruolo del Mediterraneo nelle grandi rotte globali, proponendosi come alternativa competitiva alla Belt and Road e alle rotte artiche. Attraverso la rete di connessioni, potrà garantire la centralità economica del nostro mare», hanno dichiarato Formentini e Giordano, auspicando che altri parlamenti possano costituire gruppi analoghi per sostenere il progetto.
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