2021-11-03
C’è sempre una scusa per non votare. Questa volta Di Maio si attacca al Pil
Prima lo spread, poi la pandemia, adesso la ripresa dell'Italia che rallenterebbe in caso di scioglimento anticipato delle Camere. La verità è che circa il 70% dei parlamentari non maturerebbe il diritto alla pensione. C'è sempre un buon motivo per non andare a votare. Di solito il più usato è lo spread e dieci anni fa lo si impiegò per far fuori Silvio Berlusconi e sostituirlo con Mario Monti senza passare dalle urne. Poi è arrivato il Covid e, causa pandemia, si è deciso di rinviare una serie di appuntamenti con gli elettori per il rinnovo di alcuni consigli regionali. Archiviato il pericolo della diffusione di nuovi focolai di coronavirus, ecco spuntare il Pnrr, ossia il piano di rinascita nazionale che dovrebbe far tornare l'Italia agli antichi fasti. Luigi Di Maio, per scoraggiare qualsiasi nostalgia di un passaggio al seggio, ha addirittura tirato in ballo il Pil, che in caso di scioglimento anticipato della legislatura e di campagna elettorale soffrirebbe, interrompendo così la ripresa dell'economia.Ma tra tutti questi buoni motivi, pochi hanno il coraggio di dire chiaro e tondo qual è il vero ostacolo che impedisce di restituire la parola ai cittadini. Il problema si chiama quota 70, che non ha nulla a che fare con quota 100, ossia con la misura appena cancellata dal governo Draghi, ma ha comunque molto a che fare con la pensione. Non dei comuni cittadini, ma di quelli che anni fa, appena arrivati in Parlamento, esigevano di essere chiamati semplici cittadini e non onorevoli, ma poi, una volta entrati a Palazzo Madama e a Montecitorio, hanno subito scoperto gli agi di una poltrona dell'emiciclo. L'osservatorio di Carlo Cottarelli, l'economista che si è fatto le ossa e anche la pensione al Fondo monetario internazionale, ha calcolato che su 945 rappresentanti del popolo eletti nel marzo di tre anni fa, 690 sono al primo mandato. In pratica, se la legislatura si concludesse in anticipo, circa il 70 per cento dei parlamentari rimarrebbe a bocca asciutta, cioè non maturerebbe il diritto alla pensione. Il regolamento fissa infatti un periodo minimo per aver diritto al trattamento di quiescenza, ma se non lo si supera i contributi versati vanno in fumo e per un parlamentare con oltre quattro anni di mandato equivale a una somma di circa 50.000 euro. Se poi si considera che gran parte degli onorevoli rischia di non essere rieletta, perché rispetto al 2018 sono cambiate molte situazioni - il numero dei rappresentanti del popolo per prima cosa, dato che il referendum lo ha sforbiciato di un terzo, i consensi di alcuni partiti per seconda - si capisce che sarà molto difficile che la legislatura finisca prima della sua scadenza naturale. Che si voti Mario Draghi alla presidenza della Repubblica, dunque facendo decadere l'attuale governo, o si sfili qualche partito dalla maggioranza (cosa altamente improbabile), il Parlamento andrà avanti fino a marzo 2023, perché così vogliono tutti gli onorevoli, i quali non hanno alcuna intenzione di tornare al vecchio lavoro (per chi lo aveva) e all'anonimato. Il problema in particolare, riguarda i 5 stelle, i quali se domani si andasse al voto verrebbero decimati. Tra dimezzamento dei consensi (dal 32% di tre anni fa oggi i grillini sono quotati poco sopra il 15) e lo sfoltimento dovuto alla riforma costituzionale da loro stessi voluta, i pentastellati che ritornerebbero a Palazzo Madama e Montecitorio sarebbero uno su quattro. Se poi si considera che la stragrande maggioranza è al suo primo incarico (tra i senatori si arriva all'81 per cento), si capisce che nessuno di loro mollerà mai in anticipo il seggio. Del resto Luigi Di Maio, il più governista dei 5 stelle, lo ha detto chiaro, legando la continuazione della legislatura all'andamento del Prodotto interno lordo. Non si può votare neppure se Draghi lascia per andare al Quirinale (come vorrebbero Giorgia Meloni e Matteo Salvini) perché il Pil ne risentirebbe. E questa probabilmente è la sola idea che condivide con Giuseppe Conte dato che i due si detestano. L'avvocato di Volturara Appula, per tranquillizzare i suoi ed evitare strappi o fuoriuscite che lo indebolirebbero più di quanto già non sia, ha detto le stesse cose del ministro degli Esteri. «Dobbiamo spingere al 6 per cento il Pil, dobbiamo continuare ad attuare il Pnrr e l'avvio iniziale è fondamentale: in tutto questo, pensare di eleggere un presidente e un attimo dopo andare a votare, chiunque sia, non è nell'ordine delle cose». Chiaro no? Se anche a qualcuno fosse venuto in mente di usare Draghi come grimaldello per ottenere lo scioglimento delle Camere, se lo scordi, perché noi grillini non ci caschiamo. Conte e compagni, pur di non votare, sarebbero pronti anche a nominare premier Daniele Franco, cioè il ragioniere del presidente del Consiglio. Se fosse necessario a scongiurare le elezioni, qualcuno probabilmente manderebbe perfino Berlusconi al Colle. Così si compirebbe una nemesi epocale: loro, i grillini, lo cacciarono dal Senato e sempre loro potrebbero portarlo al Quirinale. Fantasie improbabili? Con una classe politica ridotta al lumicino, tutto è possibile.