2022-08-13
Il Cav: «Se passa il presidenzialismo, via Mattarella». E si scatena la rissa
Silvio Berlusconi (Imagoeconomica)
Silvio Berlusconi dice un’ovvietà: «Il passo indietro del presidente consentirebbe un’elezione diretta che potrebbe rieleggerlo». Ma Enrico Letta attacca: «È autocandidatura, sono pericolosi». E Carlo Calenda insulta: «Non è più in sé».Non può essere propriamente definita una «tempesta in un bicchier d’acqua» la polemica nella quale è caduto Silvio Berlusconi sul presidenzialismo e sulle modalità eventuali di entrata in vigore di una riforma in questo senso. Non lo è perché, in campagna elettorale, non esiste terreno che non sia scivoloso o che non si presti a mistificazioni da parte della batteria mediatica facente riferimento allo schieramento avverso. E così di buon mattino, intervistato da Radio Capital, emittente con i piedi ben saldi nel perimetro del centrosinistra, è arrivata la classica domanda galeotta, ovvero che ammette solo risposte facilmente strumentalizzabili. Nella fattispecie, veniva chiesto all’ex premier una peraltro scontata conferma del suo desiderio di introdurre un sistema presidenziale o semipresidenziale nel nostro Paese: «Io spero che la riforma costituzionale sul presidenzialismo si faccia», ha affermato Berlusconi, «è dal 1995 che ho proposto un sistema presidenziale in un mio discorso. È un sistema perfettamente democratico», ha aggiunto, «che la democrazia la esalta, consentendo al popolo di scegliere direttamente da chi essere governato». Poi il Cavaliere ha aggiunto che nei Paesi che hanno già tale sistema, come ad esempio la Francia, «non sarebbe mai potuto avvenire ciò che è successo da noi, dove da 14 anni non c’è un governo espressione diretta della volontà degli italiani». A quel punto, alla domanda se una volta entrato in vigore il presidenzialismo diventerebbero necessarie le dimissioni del presidente della Repubblica in carica, Sergio Mattarella, Berlusconi ha risposto che «se la riforma entrasse in vigore sarebbero necessarie», specificando, «per andare all’elezione diretta di un capo dello Stato che, guarda caso, potrebbe essere anche lui». La polemica politica si è alimentata in tempi record, immediatamente dopo i lanci di agenzia che «sparavano» una presunta richiesta di dimissioni di Mattarella, senza evidenziare l’apertura all’ipotesi di una sua ricandidatura. Il primo a rispondere all’appello, dopo pochi minuti, è stato il segretario dem, Enrico Letta. «Dopo aver fatto cadere Draghi», ha detto, «vogliono far cadere Mattarella. La richiesta di dimissioni», ha aggiunto, «dimostra che la destra è pericolosa per il Paese». Immancabile il tweet di Carlo Calenda, che ha ipotizzato squilibri di ordine psicologico per Berlusconi, affermando che «non è più in sé», al quale si è accodato il ministro degli Esteri e neomoderato Luigi Di Maio, affermando che «Berlusconi ha dichiarato una cosa inquietante». A quest’ultimo, alcuni parlamentari di centrodestra non hanno mancato di far notare che a inizio legislatura si era spinto a chiedere l’impeachment per Mattarella. Tornando al coro di condanna per Berlusconi, la schiera si è andata man mano arricchendo con il leader del M5s, Giuseppe Conte, secondo cui «il centrodestra ha calato la maschera, ammettendo che la riforma costituzionale in senso presidenzialistico prefigura un semplice un accordo spartitorio: Giorgia Meloni premier, Matteo Salvini vicepremier e ministro dell’Interno, Silvio Berlusconi primo presidente della nuova Repubblica presidenziale, dopo avere ottenuto le dimissioni di Sergio Mattarella». Sempre sul versante pentastellato, anche il presidente della Camera, Roberto Fico, ha voluto sentenziare: «La nostra», ha scritto in una nota, «è una Repubblica parlamentare. Il nostro presidente della Repubblica ha un mandato della durata di sette anni. Qualcuno», ha concluso, «se ne dovrebbe fare una ragione e non trascinare le istituzioni nella campagna elettorale». Non è mancato nemmeno chi, come il segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, nell’area della sinistra radicale, ha riesumato il «Caimano» di morettiana memoria o chi, come l’Anpi ha evocato da par suo l’emergenza democratica e la necessità di un nuovo Fronte democratico nazionale per evitare lo «scardinamento» della Costituzione. Nel perimetro di centrodestra hanno provato a mettere ordine i «colonnelli» di Fdi, Ignazio La Russa e Guido Crosetto. Per il primo «il vero problema è arrivarci al presidenzialismo e tutto il resto passa in secondo ordine», mentre per Crosetto «le regole però si cambiano dialogando». Di fronte alla grandinata di indignazione proveniente da sinistra e al cortocircuito mediatico, Berlusconi ha dovuto fare, all’incirca all’ora di pranzo, una sorta di esegesi di quanto detto in mattinata: «Non ho mai attaccato», ha scritto il Cav, «il presidente Mattarella, né mai ne ho chiesto le dimissioni. Ho solo detto una cosa ovvia e scontata e cioè che, una volta approvata la riforma costituzionale sul presidenzialismo, prima di procedere all’elezione diretta del nuovo capo dello Stato, sarebbero necessarie le dimissioni di Mattarella, che potrebbe peraltro essere eletto di nuovo. Come si possa scambiare questo», ha aggiunto, «con un attacco a Mattarella rimane un mistero. O forse si può spiegare con la malafede di chi mi attribuisce un’intenzione che non è mai stata la mia».
Nicolas Sarkozy e Carla Bruni (Getty Images)