2022-11-13
Caso Saman Abbas, il Pakistan collabora: ordine di cattura per i genitori latitanti
«Quarto grado» svela la svolta. Si lavora a un’«estradizione di cortesia», in assenza di trattati tra i due Paesi coinvolti.La soluzione del giallo di Saman Abbas, la diciottenne pachistana scomparsa nel nulla la notte tra il 30 aprile e il primo maggio dell’anno scorso a Novellara, è più vicina: si attende che il governo pachistano comunichi se sarà l’Italia a recuperare in Pakistan i genitori di Saman, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, accusati dalla Procura di Reggio Emilia di concorso in sequestro di persona, omicidio e soppressione di cadavere, o se saranno le autorità pachistane a consegnare i due ricercati in Italia. In ogni caso si tratterebbe di una «consegna di cortesia», raggiunta per via diplomatica, perché non ci sono trattati tra i due Paesi che prevedono l’estradizione. Trattandosi di un primo caso, le autorità pachistane stanno cercando una soluzione che non sia facilmente impugnabile (e che renderebbe nullo lo sforzo che i due Paesi hanno fatto finora).Certo è che venerdì sera, durante Quarto grado, la trasmissione di Rete 4 condotta da Gianluigi Nuzzi, il dirigente della polizia di Stato, Maria José Falcicchia, che coordina la seconda divisione Interpol, ha confermato che «il Pakistan ha valutato di emettere un provvedimento di cattura nazionale». Poi ha aggiunto: «Nelle scorse settimane le autorità del Pakistan hanno recepito la fondatezza delle attività svolte in Italia dai carabinieri di Reggio Emilia e dall’autorità giudiziaria supportata dai servizi di cooperazione di polizia. Dopo una valutazione molto lunga per un caso complicato anche per loro e senza precedenti, hanno deciso di fare propria la red notice, ossia la richiesta di arresto internazionale già nel circuito Interpol, delegando le autorità di polizia del Punjab, regione dalla quale proviene la famiglia di Saman». Il padre e la madre di Saman sono latitanti dal giorno dell’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare che ha colpito anche lo zio, Danish Hasnain (arrestato in Francia), ritenuto l’esecutore materiale del delitto, e i cugini di Saman, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, che dopo essere stati arrestati all’estero si trovano detenuti a Reggio Emilia. Proprio Ijaz in carcere si è lasciato scappare con il suo compagno di cella inquietanti confidenze sulla fine della ragazza. Saman sarebbe stata strangolata dallo zio Danish. Il corpo sarebbe poi stato fatto a pezzi e gettato nel Po, con l’aiuto di un uomo non ancora identificato. La mamma di Saman sarebbe stata allontanata in lacrime dal marito. Successivamente, il cugino e il padre sarebbero tornati indietro, mentre il personaggio ancora senza volto, assieme allo zio e all’altro cugino Nomanhulaq, si sarebbero occupati di trasportare il corpo verso il fiume, in sella a una bicicletta. Particolari che sembrano coincidere anche con le attività preparatorie del delitto, registrate da una telecamera di sicurezza sul retro dell’abitazione degli Abbas.Le confidenze, raccolte dalla polizia penitenziaria, sono finite in due informative dei carabinieri. E tradotte dalla Procura di Reggio Emilia in un capo d’imputazione per i due cugini: «Nottetempo, su indicazione dei genitori si sono prontamente messi a disposizione, sotto l’egida e il coordinamento dell’Hasnain, per sopprimere Saman Abbas, rea di aver trasgredito a precetti religiosi e disonorato (conseguentemente) il nucleo familiare. Dopo averla evidentemente strangolata (con buona probabilità) ne hanno occultato con estrema perizia il cadavere (tanto che dopo giorni di ricerche non è ancora stato ritrovato), dopo aver predisposto tutto quanto la sera precedente». I resti di Saman, nonostante mesi di ricerche anche con l’impiego dei cani, non sono ancora stati trovati.Nel frattempo si è sviluppata la trattativa in Pakistan. E proprio quando la situazione sembrava essersi arenata, le autorità del Punjab sono andate in fibrillazione dopo la pubblicazione di un servizio di Quarto grado, che ha mostrato il padre di Saman partecipare il 27 agosto a una funzione religiosa a Charanwala, il villaggio di origine della famiglia della scomparsa. I giornalisti, quindi, hanno dimostrato che i due Abbas non sono irrintracciabili. «L’Italia ha già chiesto l’estradizione», ha ricordato Falcicchia. Avanzata quando al ministero della Giustizia c’era Marta Cartabia. Ora però finalmente le attività diplomatiche si sono intensificate. «Il Pakistan», spiega la poliziotta, «cita un vecchio trattato del 1972, ma per noi l’estradizione non è esclusa. Non c’è un trattato firmato da entrambi i Paesi ed esiste l’estradizione di cortesia, una consuetudine internazionale che spesso tanti Paesi adottano. Siamo molto fiduciosi per la sensibilità che abbiamo riscontrato dalle autorità pachistane. Sono stati due anni lunghi ma non privi di impegno e di continue attività svolte dall’Interpol e dal nostro esperto di sicurezza presso l’ambasciata in Pakistan». E dopo un recente incontro in India dei vertici di cooperazione internazionale italiani, il generale Giampiero Ianni e il prefetto, Vittorio Rizzi, con le autorità pachistane, la situazione si sarebbe sbloccata. D’altra parte i due genitori sono stati già rinviati a giudizio e il 10 febbraio comincerà il processo.