2023-11-21
Caro generale, è sempre un errore andare in tribunale
La replica del giornalista: «L’ho difesa e continuerò a farlo. Lei è ormai un simbolo, ha ben altri strumenti per tutelarsi».Caro generale Vannacci,lei sa quanta stima ho per le sue idee, per la sua persona e per il suo libro. Continuerò a difenderla in ogni luogo e in ogni modo, come ho fatto finora, contro tutti quelli che fin dal primo momento l’hanno attaccata. E la ringrazio per questa sua lettera che, ancora una volta, dimostra il suo essere persona d’altri tempi. A proposito d’altri tempi: le confesso che mi sarebbe piaciuto assai, novant’anni fa, assistere al duello all’arma bianca, all’alba, in un parco, tra lei e Bersani. Mi sarei proposto volentieri come suo paggetto. In tribunale invece no, il paggetto non glielo faccio. Ed è per questo che le ho scritto quella cartolina che l’ha sorpresa e amareggiata. Lo so, non se l’aspettava. E non se l’aspettavano nemmeno diversi lettori che mi hanno scritto: «Ma come? Te la prendi con Vannacci?». Abbiate pazienza: credo che fra «i concetti e i principi che stiamo perdendo» (parole sue) ci siano, caro generale, anche quelli della sincerità e dell’autonomia di pensiero. Lei ha avuto successo con il suo libro proprio perché ha pensato con la sua testa e l’ha scritto sinceramente. E lo stesso ho fatto io, nel mio piccolo, rivolgendole una critica, proprio perché la stimo e la apprezzo. E penso che il modo migliore per aiutare le persone che si stimano e si apprezzano, anche quando diventano molto importanti, e circondate da molti plaudenti, è dire loro con sincerità quello che si pensa. Le assicuro che, per quel che mi riguarda, non vale solo per lei.È stato lei stesso, se non sbaglio a raccontarmi, durante una pausa nel mio studio televisivo, di un generale che al primo incontro con un nuovo staff diceva di proposito una cosa palesemente sbagliata per vedere chi fosse il primo che glielo faceva notare. Quello diventava subito il collaboratore più fidato. Ecco: le persone che ci sono più amiche, quelle che ci aiutano di più, non sono quelle che applaudono tutto ciò che facciamo. Ma quelle che se vedono qualcosa che non le convince lo dicono senza timore. Serve più una piccola critica che un coro di elogi.Quello che non mi ha convinto delle sue ultime gesta l’ho scritto ieri, e ho poco da aggiungere. Per me lei è un simbolo della libertà di espressione. E i simboli della libertà di espressione hanno gli strumenti per difendersi dagli attacchi verbali senza dover ricorrere ai tribunali, trincerandosi dietro i principi del foro. Ho criticato quando l’hanno fatto i D’Alema e i Renzi, non vedo perché dovrei cambiare idea ora.Che poi le due querele fossero solo l’inizio di una lunga serie, non l’ho detto io ma il suo avvocatone: eventualmente, se la prenda con lui. Ma anche l’idea dei «due colpi mirati» non mi fa impazzire. Colpirne uno per educarne cento lo dicevano persone che non mi piacevano affatto. E che tanto meno, ne sono sicuro, piacevano a lei. Per altro: a querelare Bersani, come lei sa, gli si fa più un favore che altro. E per il mister X sconosciuto, beh, è un po’ da maramaldi: se io avessi dovuto querelare tutti quelli che mi hanno scritto sui social «pezzo di m.» per averla invitata in trasmissione avrei intasato i tribunali…Certo che sono per il rispetto delle regole. Sono per il rispetto delle regole da parte dei ladri di case (tanto che lei mi ha onorato della citazione nel suo libro), per le borseggiatrici, per i delinquenti, per i graffitari. E, come lei, penso che il turpiloquio e l’offesa non aggiungano un contributo al dibattito. Non sono d’accordo però sul fatto che «l’unico modo per ottenere giustizia, oggi, sono le vie legali». Non ci credo perché altrimenti non avrei creduto nel suo libro. È stato lei stesso a dimostrare che i passi decisivi verso un mondo un po’ meno al contrario, purtroppo oggi non si fanno passando dai tribunali, dove invece spesso trionfano ingiustizia e meschinità. Quei passi si fanno difendendo valori e ideali, difendendo radici e tradizioni, onorando bandiera e patria, usando parole forti e dirette. Tutte cose che, come lei ha dimostrato, non si ottengono con le battaglie in tribunale, ma solo con una coraggiosa battaglia delle idee. Dove, mi creda, sarò sempre al suo fianco.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco