
Assediata dai trattori, la baronessa Ursula von der Leyen fa come Maria Antonietta (ammesso che sia andata così): suggerisce di dare brioches ai contadini arrabbiati. La dimostrazione si è avuta in queste ore. Mentre Giorgia Meloni era a colloquio con la baronessa, il Commissario agricolo, Janusz Wojciechowski, e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e tutti insieme cercavano di rassicurare le organizzazioni agricole sul futuro dei campi europei («Potete contare sull’Ue»), i solerti funzionari di Bruxelles recapitavano a Roma la notifica che la legge italiana firmata dal ministro per la Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, e dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, per vietare vendita e produzione di carne da replicazione cellulare era irricevibile. Insomma, mentre Ursula alle migliaia di trattori che la stringono d’assedio promette sospensione del Green deal agricolo, revisione della Pac, meno burocrazia e soprattutto tutela del guadagno dei contadini, i suoi funzionari si appellano alla burocrazia per fare il più grande favore possibile alle multinazionali della nutrizione, che vogliono produrre cibo senza passare dal via dei campi e dunque dal reddito agricolo.
La bocciatura della legge italiana - arrivata il 29 gennaio - è stata così motivata: «Il testo è stato adottato dallo Stato membro prima della fine del periodo di sospensione previsto dalle direttive europee. La Commissione invita pertanto l’Italia a informarla del seguito dato, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia». Diceva Giulio Andreotti, a pensar male si fa peccato, ma ci si piglia. La ragione è semplice perché ci sono già altri due Stati membri - Francia e Slovacchia - che si apprestano a legiferare con il copia incolla dalla normativa italiana e perché dopo il via libera alla polvere di grilli, nonostante l’Efsa (l’ente che si occupa della sicurezza alimentare) si ostini a negare di aver ricevuto qualsiasi richiesta di autorizzazione per la carne coltivata, il via libera alla bistecca Frankenstein è dietro l’angolo. I reattori in Spagna stanno producendo cellule staminali di vacca a spron battuto, in Olanda e Danimarca con la scusa della ricerca è già pronto il latte sintetico e Israele ha già dato l’autorizzazione alla vendita alla carne coltivata ed è imminente la richiesta all’Europa del permesso di esportazione.
La cosiddetta stampa progressista si è lanciata sul «non possumus» di Bruxelles per dire che la legge di Lollobrigida (che ieri ha dichiarato che «la violenza non è mai giustificabile») è durata quanto un gatto in tangenziale e che l’Itala fa la figura del Paese retrogrado. Non è così, perché il Parlamento italiano quella legge l’ha votata. Se ne originerà semmai un contenzioso di fronte alla Corte di giustizia europea.
Ma il tema è un altro. La legge italiana si basa su un principio di precauzione e c’è un documento sottoscritto da 12 Paesi - oltre all’Italia, Francia e Austria - che impone a Bruxelles di sottoporre l’eventuale via libera alla carne coltivata a referendum popolare e di valutarne l’ammissibilità al commercio non con la procedura riservata agli alimenti, ma con quella assai più lunga e complessa che serve per i farmaci. Quel documento consegnato al Consiglio europeo è un atto politico di fondamentale importanza.
Al centro delle proteste degli agricoltori ci sono proprio tre questioni che impattano sulla legge Lollobrigida-Schillaci. I contadini vogliono un no deciso di Bruxelles ai cibi da replicazione cellulare, chiedono una totale sburocratizzazione della politica agricola e una difesa del reddito. La zootecnia in Europa dà lavoro a 4 milioni di persone e produce il 40% del reddito agricolo, pari a circa 100 miliardi. La Von der Leyen ha detto ai contadini: voi siete la forza dell’Europa, noi siamo con voi. Se si accorgono che sono brioches, la letterina dei burocrati di Bruxelles per l’Europa potrebbe diventare una polpetta avvelenata.






