2024-05-11
Il Careggi rinuncia ai bloccanti della pubertà
Dopo l’ispezione ministeriale, l’ospedale fiorentino ferma il farmaco per la transizione dei minori: nel centro non c’erano terapeuti a tempo pieno, come richiesto da Aifa. Intanto, i genitori di ragazzi affetti da disforia sbugiardano i pediatri favorevoli al trattamento.È tornata la legge all’ospedale Careggi di Firenze. La somministrazione di triptorelina, il farmaco che blocca la pubertà nei minori transgender, è stata interrotta a seguito dell’ispezione nella struttura fiorentina, lo scorso 24 gennaio, disposta dal ministro della Salute, Orazio Schillaci. Ispezione, lo ricordiamo, scattata a seguito di un’interrogazione presentata dal deputato di Forza Italia Maurizio Gasparri a fine 2023, nella quale il parlamentare asseriva di aver avuto notizia che, nell’ospedale fiorentino, la triptorelina venisse somministrata ai minori affetti da disforia di genere senza rispettare le procedure dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) che, secondo la determina numero 21756/2019, prima della terapia ormonale prevedono un percorso psicoterapeutico. Aveva ragione: l’ispezione ha in effetti rilevato che «non in tutti i casi di disforia di genere pediatrici trattati all’ospedale Careggi di Firenze (che è il principale ospedale italiano che somministra questo farmaco, ndr) sarebbe stato effettuato il percorso preliminare indicato di psicoterapia prima della somministrazione del farmaco triptorelina». A sostenere l’interrogazione di Gasparri si era aggiunto anche l’esposto presentato alla Procura di Firenze, lo scorso febbraio, dall’avvocato ed esperta di diritto di famiglia e dei minori Annamaria Bernardini De Pace, che aveva coinvolto il ministro Schillaci con la lettera-appello «Salviamo i bambini». Ai primi di marzo della faccenda ha iniziato a occuparsi la magistratura: la Procura di Firenze ha avviato un’indagine esplorativa.Delle criticità riscontrate dopo l’ispezione ministeriale nel reparto del Careggi, dove operano l’endocrinologa Alessandra Fisher e la psicologa Jiska Ristori, Panorama e La Verità hanno parlato diffusamente. La prima riguarda il «non corretto recepimento della determina Aifa, con particolare riguardo all’obbligo di esigere necessariamente il supporto psichiatrico per l’avviamento al trattamento con triptorelina»; la seconda la «non trasmissione dei dati ad Aifa» sui trattamenti di disforia di genere in pazienti minori; la terza, di carattere burocratico, riguarda il «ruolo del neuropsichiatra infantile nell’ambito del percorso di presa in carico e gestione del paziente»: un professionista, insomma, assegnato stabilmente al reparto per seguire i minori. In effetti al Careggi mancano un’équipe e un neuropsichiatra infantile a tempo pieno ed è proprio l’assenza di questa figura, definita dal ministero come «prioritaria», ad aver spinto l’ospedale a sospendere l’uso del bloccante della pubertà.La triptorelina è un farmaco che impedisce agli organi sessuali di svilupparsi e viene somministrata anche a bambini di 9-10 anni. Era stata autorizzata da Aifa nel 2019 per uso off label e distribuita dal Servizio sanitario nazionale a condizione però che, prima della somministrazione, un’équipe multidisciplinare, attraverso analisi psicologica, confermasse la diagnosi di disforia di genere. Questo però al Careggi non è avvenuto: secondo la relazione degli ispettori del ministero, che hanno esaminato 85 casi di pazienti trattati dall’azienda ospedaliero-universitaria, al Careggi si chiedeva direttamente ai bambini come si sentissero, se maschi o femmine, per stabilire l’identità di genere e quindi somministrare il farmaco, senza percorso psicoterapeutico. Secondo Bernardini De Pace, anche i genitori avrebbero le loro responsabilità non riconoscendo ai figli il diritto primario alla libertà: «Quando vedono manifestazioni che esprimono, secondo loro, un orientamento sessuale diverso, per rendere la cosa meno imbarazzante dicono che non è un problema di orientamento sessuale ma di identità sessuale».Com’era prevedibile, alcune associazioni Lgbtq+ hanno gridato alla «psichiatrizzazione» del trattamento, ma è ormai noto che la detransizione in età adulta - che riguarda chi ha cambiato sesso e poi si è pentito - è un fenomeno molto diffuso, oltre che psicologicamente doloroso a livello sociale perché non politically correct. Lo studio più recente, condotto dal Dipartimento della Difesa negli Usa, dove la gender industry è fiorente, parla di due «peccati originali» che sconta la transizione: scarsa sicurezza dei trattamenti e diagnosi affrettate. Come nel caso di Careggi, dove la triptorelina veniva erogata senza psicoterapia. Il mondo arcobaleno è comunque spaccato: Arcilesbica, ad esempio, ha lanciato un appello al ministro Schillaci, firmato da 80 femministe contrarie all’uso del farmaco. EGenerazione D, l’associazione cui aderiscono numerose famiglie con figli disforici, ha inviato una dura lettera alle cinque società scientifiche italiane che si sono precipitosamente appiattite a favore dei trattamenti farmacologici. Le società si sarebbero infatti concesse inspiegabili licenze interpretative rispetto alle evidenze scientifiche internazionali, a cominciare dal rapporto commissionato dall’Nhs inglese della Cass Review, punto di riferimento a livello mondiale per la gestione della disforia di genere. Non è vero, ad esempio, che l’uso dei farmaci è «sicuro ed efficace, senza effetti avversi gravi a lungo termine noti»: l’assenza di effetti noti è dovuta alla mancanza di adeguati follow up e tutti i pediatri europei invitano all’estrema cautela, tranne i nostri. Anche le criticità sull’efficacia di questi farmaci , riscontrate nelle evidenze più recenti, sono state ignorate. Per l’ennesima volta, insomma, la scienza italiana balbetta anziché fare il bene dei cittadini e soprattutto dei minori, come anche la gestione dei vaccini anti Covid ha insegnato.
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