2023-09-09
«Il carcere per i bimbi è una bufala. La stretta è sulla gravità dei reati»
Tommaso Foti (Imagoeconomica)
Il capogruppo di Fdi alla Camera, Tommaso Foti: «Nel decreto Caivano, pronto a giorni, la soglia di imputabilità resta a 14. È la punibilità che non partirà più da crimini che oggi prevedono nove anni, ma scenderà a sei».«Quella del carcere per i bambini è ovviamente una bufala». L’effetto strega cattiva di Giorgia Meloni nella favola di Hansel e Gretel dura lo spazio di qualche titolo stiracchiato. A riportare sulla Terra il decreto Caivano è Tommaso Foti, presidente dei deputati di Fratelli d’Italia, che restituisce al provvedimento del governo (che sara presentato fra tre, quattro giorni, dopo un passaggio al Quirinale) il suo naturale perimetro istituzionale. Oltre gli allarmismi da talk show e certe cupe fantasie dell’opposizione.Presidente Foti, che destino hanno i minori che commettono reati?«Chi fa propaganda con lo slogan che Meloni arresta i bambini, in realtà forse li preferirebbe con le pistole in mano. Ma cariche, non a salve. Nessuno ha toccato la soglia di imputabilità dei minori, che in Italia rimane invariata a 14 anni, più alta rispetto a quasi tutti i Paesi d’Europa. In Inghilterra è di 10 anni, in Olanda e Irlanda 12, in Francia e Polonia bastano 13 anni per finire davanti al giudice. Da noi 14 erano e 14 restano».Si parla del decreto Caivano come di una legge molto restrittiva.«La norma detta regole di condotta, si concentra su strutture comportamentali. Non è legata solo all’emergenza perché il fenomeno delle baby gang si sta radicando da tempo in città grandi e piccole. E il decreto tocca comportamenti che lo Stato va a reprimere. Non criminalizziamo nessuno ma non possiamo neppure negare che la società è cambiata: 20 anni fa alcuni reati, per esempio quelli informatici, neppure esistevano. Io appartengo alla generazione Carosello, oggi dobbiamo analizzare la generazione Tik Tok e farci i conti».Dov’è la variazione sostanziale?«Sta nella gravità dei reati. La punibilità non parte più da reati che prevedono nove anni di condanna a salire, ma è stata abbassata a reati punibili da sei anni. La sanzione deve essere un deterrente, in caso contrario dovremmo abolire i codici».Il decreto chiama in causa concretamente i genitori.«Certo, mette il dito sulla responsabilità genitoriale. Oggi se un genitore non manda a scuola i figli ha una sanzione pari a quella di un divieto di sosta: 30 euro. Quando non c’è l’iscrizione alla scuola definita dell’obbligo, la legge prevede la denuncia penale dei genitori con sanzioni fino a due anni di carcere. Ovviamente non significa che vadano in prigione, quella viene riservata dal giudice a reati ben più gravi».Ci può dire di più su questo aspetto?«Nell’educazione dei minori la famiglia è il pilastro centrale. Non si è voluto toccare la punibilità, ma l’ammonimento del questore ai minori da 12 anni in su in caso di rapina e furto aggravati, lesioni gravi, danneggiamenti gravi, e la multa fino a 1.000 euro per i genitori attestano l’attenzione verso una fascia d’età molto delicata e verso le responsabilità famigliari».L’obbligo andrà a toccare anche l’home schooling, l’istruzione domiciliare che in Italia prende piede?«Proprio no. Nessuno pensa di smontare una norma per imporne un’altra. Coloro che intendono dare l’esame da privatisti continueranno a poterlo fare». L’obiezione è: i ragazzi non vanno a scuola perché vivono in contesti di disagio estremo. «Una giustificazione da anime belle. Esercitare la potestà genitoriale è un dovere, anzi un obbligo. In caso contrario devono intervenire gli assistenti sociali. Far convivere tre minori con un genitore ubriaco dal mattino alla sera è un insegnamento? È un rimedio?». Chi cresce in contesti di degrado non ha le stesse opportunità degli altri.«È fondamentale creare presupposti positivi e aumentare le possibilità di riscatto sociale. Ma il rispetto della persona, del bene pubblico e privato devono rimanere inalterati. Il disagio non è una buona ragione per sparare per un parcheggio contestato. Quanto alla giustificazione dei ghetti, le case popolari c’erano anche 60 anni fa. Forse dovrebbero fare mea culpa quegli urbanisti che li hanno creati pensando più al “sol dell’avvenire” che al rispetto della persona».Perché la legge è così osteggiata dal mondo progressista?«Alla sinistra dà fastidio che lo Stato faccia lo Stato con la S maiuscola. Cosa che loro non vogliono fare, perché dal punto di vista elettorale cavalcare il disagio fa comodo. Loro vogliono talmente bene ai poveri che quando vanno al governo ne creano di più».Resta nebuloso il destino dei figli di genitori arrestati e condannati.«Nessuna novità, possono essere allontanati dal nucleo famigliare. È un dovere sociale ed educativo: chi vive in un nucleo famigliare mafioso va lasciato convivere in quell’ambiente con continuità e connivenza forzata? Direi proprio di no, sarebbe disumano». L’accusa di voler reprimere rimane in piedi.«Il vero discrimine è un altro: la sinistra pensa che con un po’ di filosofia si risolvano i problemi dell’umanità. Il centrodestra al contrario sta intervenendo con realismo non contro un’emergenza insorgente, ma contro comportamenti ormai radicati da tempo. Stiamo parlando delle baby gang, di minori che girano con la pistola col colpo in canna».Cambia anche la regola del daspo urbano.«Viene esteso agli over 14 (prima riguardava gli over 18) e va nella direzione della protezione, del controllo sociale nelle aree degradate. Poiché il mondo dello spaccio utilizza sempre più spesso ragazzini come manovalanza, interdire la loro presenza dalle piazze dello spaccio significa tagliare l’erba sotto i piedi ai delinquenti che li sfruttano».Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha detto che è solo di teoria.«Da Sala non accettiamo lezioni, parla lui che ha trasformato i ciclisti in carne da macello con le sue ciclabili. Proprio guardando l’esempio Milano ci accorgiamo che le vittime delle baby gang sono ad ampio spettro: gli anziani seduti sulla panchina, i quarantenni che portano fuori il cane, i giovani non accompagnati. Senza contare i regolamenti di conti o le risse per la supremazia territoriale». Cambiando argomento, si nota una radicalizzazione dello scontro politico su tutto. Dalla sicurezza all’economia. Perfino Paolo Gentiloni da Bruxelles tifa contro.«Nessuno mette in dubbio la terzietà dei commissari europei, ma la partita di Gentiloni è discutibile. Quando è in gioco il destino dell’Italia i veri patrioti si mettono la maglia azzurra e fanno il tifo per il Tricolore, perché giochiamo la stessa partita per ottenere il miglior risultato possibile a beneficio del nostro Paese».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)