2019-02-11
Giovanni Toti: «Cara Lega, voglio diventare il tuo alleato competitivo»
Il governatore della Liguria: «Accanto al Carroccio c'è spazio per una forza di moderati conservatori ed europeisti critici. Ma in questo centrodestra l'abbiamo capito in pochi».Giovanni Toti è il presidente della Regione Liguria. Ma è anche un dirigente politico che da tempo incoraggia Forza Italia a voltare pagina. Gli estimatori dicono: è lucido, prende atto della realtà, può aiutare il suo partito a uscire da un vicolo cieco. I detrattori, specie interni, gli rimproverano una presunta «intelligenza con il nemico», che poi sarebbe Matteo Salvini. Risponde agli uni e agli altri in questa conversazione a tutto campo con La Verità. Presidente, come si sta comportando il governo su Genova? Non è che sono stati più attenti a Sanremo? «Sufficienza piena per le intenzioni. Buona attenzione agli stanziamenti complessivi. Certo, come sempre accade quando si ha a che fare con i 5 stelle, c'è qualcosa di ideologico nell'approccio, a proposito della concessione, delle responsabilità, dei contenziosi. Cose che andrebbero lasciate alla magistratura. Guai quando la magistratura vuole fare politica, guai anche quando la politica vuole fare da magistratura».Che tempistica è immaginabile?«Le aziende coinvolte sono tutte eccellenze, campioni nazionali: Salini Impregilo, Fincantieri, Italferr, Fagioli. Siamo in mano al fior fiore dell'impresa italiana. Hanno firmato un impegno e sono convinto che lo rispetteranno. Da marzo a dicembre la ricostruzione, e ad aprile dell'anno nuovo l'apertura».Il ministro Danilo Toninelli è sul pallone o nel pallone? «Ho sempre riconosciuto al ministro Toninelli onestà e attenzione. Certo, c'è il problema che citavo prima: un quid ideologico, trovare sempre il nemico, l'errore, l'inciucio... Ecco, il governo del cambiamento dovrebbe occuparsi di più - appunto - del cambiamento, essere più pragmatico». Parliamo di politica. Le chiedo di fare lo spin doctor di tutti i protagonisti. Un consiglio a Salvini?«Si è dimostrato un tattico straordinario, è stato capace di interpretare le paure e i bisogni di tanti cittadini. Questa è la condizione necessaria - non so se sufficiente - per fare il leader oggi. Ma serve anche la capacità di trovare soluzioni di lungo periodo, e le architetture politiche per realizzarle. A volte mi pare troppo concentrato sul “giorno per giorno" per pensare a un disegno per il Paese». Non è che si sta occupando troppo di immigrazione e poco di economia?«Ha fatto benissimo sull'immigrazione. Ma ora occorre concentrarsi sul vero tema che è la recessione incombente». Ma reggerà l'intesa con i grillini o la vicinanza con il M5s rischia di diventare tossica per la Lega?«Quella vicinanza è un ossimoro politico. Poi ci sono ossimori che funzionano, come il “ghiaccio bollente" per Marilyn Monroe. Certo, non credo a un divorzio rapido tra Lega e M5s, perché esiste un'opposizione (a volte anche troppo urlata), ma non mi pare in grado di esprimere una visione alternativa».Veniamo ai grillini. Un prezzo da pagare all'inesperienza era inevitabile. Ma non stanno esagerando con l'improvvisazione e il varietà? «Era giusto che i grillini si confrontassero con la prova del governo. Io stesso coniai l'espressione “benevolenza critica" per indicare l'atteggiamento che il centrodestra avrebbe dovuto avere: facciamoli insediare e vediamo che fanno. Speravo che questa esperienza li traghettasse dall'antipolitica a qualcosa di “eversivo" ma contemporaneamente di “salutare". Invece non mi pare che stiano superando la prova. L'unico che incarna un certo standing istituzionale è il premier Giuseppe Conte, che non è parte ma è pur sempre espressione dei 5 stelle. Ma Luigi Di Maio che va dai gilet gialli, il reddito di cittadinanza lanciato senza conoscere la situazione dei centri per l'impiego… Ecco, la velleitarietà del loro programma si è tradotta in velleitarietà dell'azione di governo».Poniamo che alle Europee il M5s abbia un arretramento importante. «Eh, guidare il secondo Paese manifatturiero d'Europa è un giocattolo complicato. Di loro mi infastidisce questo schema binario (buoni contro cattivi, poveri pendolari contro ricchi della Tav, risparmiatori truffati contro finanza pasciuta…). Io penso l'opposto: quel che serve al Paese è tenere insieme le energie positive. Dopo di che, loro hanno sempre navigato tra il 22 e il 27%. Il 32,5% del 4 marzo è stato colpa delle classi dirigenti di centrosinistra e centrodestra che hanno offerto la peggiore immagine di sé: minimizzando i problemi sentiti dagli italiani».E il Pd? Secondo lei i dirigenti hanno capito il rigetto del Paese nei loro confronti? «Lo hanno capito ma non trovano una soluzione. Sanno che il caro estinto c'è, ma non riescono a concludere la cerimonia funebre e elaborare il lutto. Lo stesso Matteo Renzi non ha realizzato quanto profondo sia il gorgo in cui ha affossato il Pd. Prima la prova da cowboy del referendum, poi in qualche modo la redenzione attraverso le sue dimissioni, ma poi di nuovo la pretesa di imporre i suoi uomini, di esserci a tutti i costi… Tutto ciò ha affossato la possibilità di riscossa». E Forza Italia? Non ha esagerato con Forza Merkel-Forza Ppe-Forza Juncker? «Credo sia stato un riflesso condizionato, quasi in antipatia rispetto al Salvini vincitore il 4 marzo. Non c'è stata nei dirigenti l'umiltà di chiedersi il perché. Ciò che ho detto per il Pd resta valido anche qui. Direi che l'“apparato militare-industriale" del centrodestra, tra corte e rendite di posizione, mi ricorda il declino dei grandi imperi, quando nelle capitali non percepivano la disgregazione, o facevano finta di niente. Quanto ai presunti paladini anti egemonia di Salvini, che però non vogliono cambiare nulla, non vogliono mettersi in discussione, sono in realtà i migliori alleati dell'avanzata della Lega». Le sembra convincente un approccio sempre così negativo sul governo? Anche verso la Lega, nei giorni pari bastonate, e nei giorni dispari proposte di alleanza. Non è molto comprensibile…«Assolutamente no. Con la Lega c'è un rapporto profondo strutturato in 25 anni. E come si fa a non capire che alcune esigenze a cui il governo risponde (magari male) sono esigenze reali? Si può dire che il reddito di cittadinanza è declinato male, ma dire che il problema non esista è una follia. Individuare sempre dei nemici invece di collaborare a declinare quelle esigenze in modo corretto è un errore fatale».Le è piaciuta Stefania Prestigiacomo sul barcone?«Nulla di personale, ma credo che la scelta di Stefania abbia creato grande confusione nell'elettorato di centrodestra».E lei che fa? Le attribuiscono intelligenza con il nemico, che sarebbe sempre Salvini…«È l'esatto opposto. Mi spiego. Ritengo Salvini una persona di straordinaria intelligenza e capacità, un amico, e abbiamo fatto insieme battaglie importantissime. Ma proprio perché ho stima di lui, spero che nel centrodestra, accanto alla guida della Lega, ci sia anche un polo moderato e conservatore. Se fossi Salvini, non vedrei Toti come una quinta colonna ma come un alleato competitivo. Le vere quinte colonne sono i dirigenti del centrodestra che non si mettono in gioco, che ripetono apoditticamente teorie non dimostrate sull'invincibilità di Forza Italia, sulla palingenesi che sarà determinata dalla candidatura di Silvio Berlusconi o di altri. Tutto questo in un clima di repressione anche sgradevole di ogni forma di dissenso, e ripetendo che “tutto va bene, madama la marchesa". Ecco, se fossi Salvini, vorrei dirigenti di Forza Italia come questi qui: quelli che dicono “Presidente, ci pensi lei", “Salvini è un fuoco di paglia", “Torneremo…". Ecco, loro non torneranno». Occorrerà un'iniziativa dopo le europee o degli errori si possono correggere prima?«I tempi per le europee sono stretti. Poi tradizionalmente alle europee gli italiani votano con scarso entusiasmo (circa il 60%). Peraltro allora le misure economiche del governo (nel bene, e io credo soprattutto nel male) non avranno dispiegato ancora il loro effetto. Non vedo nel centrodestra molti interlocutori, tranne rari sprazzi di comprensione. Saluto invece il buon dialogo che ho avviato con Nello Musumeci, con cui condividiamo l'idea che serva qualcosa di parallelo ma di diverso rispetto alla Lega. E do atto a Giorgia Meloni di aver intuito per prima questa esigenza…».Ma, a proposito della Meloni, non è un po' stravagante il tentativo di scavalcare Salvini a destra? «Infatti, è quello di cui discuto con lei: vedo davvero difficile incalzare o addirittura superare Salvini a destra. Il vero spazio a cui guardare è un altro: di chi critica l'Europa ma la ritiene comunque irrinunciabile, di chi si era illuso e poi è stato deluso da Renzi, di chi ancora prima era stato sedotto dal “sole in tasca" di Berlusconi ma ora ritiene logora quella proposta dopo 25 anni. Occorre rivolgersi a culture diverse: moderate, cattoliche, liberali, socialiste riformiste. C'è un mondo a sinistra di Salvini e a destra del Pd, per capirci. Invece, non vedo grande margine nel confronto “sovranismo su sovranismo", “acciaio su acciaio"… Pensiamo piuttosto a chi non vede di buon occhio la nazionalizzazione oggi delle autostrade, e magari domani pure delle acque minerali…».
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