Aggirata la legge grazie a un trucco: la cannabis si vende in tabaccheria

La prima spallata all'uso della cannabis è arrivata con la legge del 2 dicembre 2016 (Gazzetta ufficiale n.304 del 30/12/16), che ha consentito la produzione della canapa industriale a scopo commerciale, a patto che il tasso di tetraidrocannabinolo (Thc), il principio attivo responsabile dello sballo, sia inferiore alla soglia dello 0,2% (entro il limite dello 0,6%). Secondo quanto riportato da Canapaindustriale.it, l'allora ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, aveva dichiarato che la legge per l'Italia apriva «la strada per recuperare la leadership del passato» e «per combattere l'inquinamento, ridurre gli effetti devastanti dell'uomo sul clima e in generale contribuire a creare un modello sostenibile di sviluppo economico». Con l'intento di rilanciare «la coltivazione e la filiera agroindustriale della canapa», la legge ha aperto il mercato a produttori e distributori delle infiorescenze, agli oli di Cbd (cannabidiolo) sostanza dagli effetti rilassanti, agli estratti, fino a prodotti cosmetici per la cura del corpo, intanto. In pratica è diventato possibile coltivare, anche in Italia, cannabis a partire da sementi certificate secondo la normativa europea per garantire il baso contenuto di Thc da commercializzare secondo le norme da definire, da parte del ministero della Salute, entro sei mesi, specifica la legge.
Dopo oltre un anno, in attesa di chiarimenti sull'uso, il business della cannabis light (ancora per collezionisti) è in piena espansione con un mercato annuo stimato da uno studio di Easy joint in 44 milioni di euro, 960 posti di lavoro e 6 milioni di entrate fiscali per lo Stato. Sulla rapidità di crescita del settore bastano alcuni numeri. Come riporta Canapaindustriale.it, Easyjoint (canna facile in inglese), tra i primi marchi italiani a produrre e commercializzare infiorescenze di canapa a basso livello di Thc in poco più di due mesi ha venduto circa 100.000 barattoli da 8 grammi di infiorescenze a 17 euro l'uno, per un fatturato di 600.000 euro in pochi mesi. Easyjoint detiene l'85% del mercato, mentre il rimanente è distribuito tra le aziende agricole che producono fiori e semi, come la piemontese Assocanapa che coltiva la varietà Carmagnola, tra le più antiche e pregiate. Non dichiara numeri, ma parla di una «forte espansione del business», Stefano Zanda, uno dei tre titolari di Myjoint, altra fiorente società che, dalla sede di via Montenapoleone a Milano, distribuisce in tutto lo Stivale. «Produciamo solo in Italia», spiega Zanda, «garantiamo alti standard di prodotto, senza muffe o metalli». La produzione è in un centinaio di ettari tra Campania e Puglia. Difficile fare un censimento con il moltiplicarsi di siti che associano l'idea della cannabis anche al benessere, al relax. Così accanto alle infiorescenze, c'è l'olio, la crema, il bagnoschiuma. Il sito Navira.it, dedicato al benessere, spiega che i suoi prodotti per il corpo a base di canapa contengono i cannabidioli (Cbd) che non hanno effetto psicoattivo, ma proprietà antiossidanti, antiinfiammatorie, miorilassanti e antidolorifiche. La società appena entrata nell'ecommerce e con l'idea di sviluppare una catena di negozi a suo marchio (franchising) su tutto il territorio nazionale dichiara di aver raccolto più di 5.000 iscrizioni sul sito in pochi giorni e numerose richieste per aprire un'attività sul territorio. Secondo i fondatori sono più di 400 i negozi dedicati alla vendita della cannabis legale (light).
In Italia, dichiara un'analisi di Coldiretti, la coltivazione legale della cannabis a scopo terapeutico e ricreativo, potrebbe generare un giro di affari di 1,4 miliardi e garantire almeno 10.000 posti di lavoro. Il collezionista medio di cannabis light «non è il ragazzino in cerca dello sballo», è un uomo sui trent'anni, dichiarano i fondatori di Navira.it, «in cerca di un momento di relax alla fine di una giornata lavorativa stressante».
Del resto, anche per le sigarette lo scopo non è diverso, per alcuni consumatori. Ma il presidente dell'Associazione italiana tabaccai, Giovanni Risso, mette in guardia i suoi colleghi e, in attesa di chiarimenti dal ministero, sconsiglia i tabaccai «dal vendere prodotti a base di cannabis light. Con l'auspicio che qualora si propendesse per la legittimità della vendita, si riconosca ai tabaccai la medesima posizione di chi a oggi si è avventurato sul mercato incurante di divieti o prescrizioni». Attendiamo norme, sempre che nel frattempo il vuoto normativo non si riempia, con altro fumo liberalizzato.
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