2018-03-26
        Aggirata la legge grazie a un trucco: la cannabis si vende in tabaccheria
    
 
I fiori della pianta si possono comprare come «oggetto da collezione» e se i clienti li fumano i produttori non sono responsabili. Sfruttando un vuoto normativo, la liberalizzazione procede tra beffe e spallate.La cannabis legale è diventata «oggetto da collezione». Non si può fumare, ma con questa dicitura in etichetta, è venduta in oltre 500 tabaccherie e altrettanti bar, enoteche, esercizi commerciali e siti online. Nel cammino verso la liberalizzazione c'è un propizio vuoto normativo: nessuno vieta la commercializzazione dei fiori della pianta, nessuno definisce l'uso che si può fare. E così il mercato ha trovato la sua formula, nei confini della legge. Oggetto da collezione: puoi comprarla, anche se non viene espressamente venduta per fumarla. Se però, una volta a casa, non la riponi nello scaffale degli oggetti da collezione, ma la fumi tra le tue quattro mura, chi te l'ha venduta non è responsabile.La prima spallata all'uso della cannabis è arrivata con la legge del 2 dicembre 2016 (Gazzetta ufficiale n.304 del 30/12/16), che ha consentito la produzione della canapa industriale a scopo commerciale, a patto che il tasso di tetraidrocannabinolo (Thc), il principio attivo responsabile dello sballo, sia inferiore alla soglia dello 0,2% (entro il limite dello 0,6%). Secondo quanto riportato da Canapaindustriale.it, l'allora ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, aveva dichiarato che la legge per l'Italia apriva «la strada per recuperare la leadership del passato» e «per combattere l'inquinamento, ridurre gli effetti devastanti dell'uomo sul clima e in generale contribuire a creare un modello sostenibile di sviluppo economico». Con l'intento di rilanciare «la coltivazione e la filiera agroindustriale della canapa», la legge ha aperto il mercato a produttori e distributori delle infiorescenze, agli oli di Cbd (cannabidiolo) sostanza dagli effetti rilassanti, agli estratti, fino a prodotti cosmetici per la cura del corpo, intanto. In pratica è diventato possibile coltivare, anche in Italia, cannabis a partire da sementi certificate secondo la normativa europea per garantire il baso contenuto di Thc da commercializzare secondo le norme da definire, da parte del ministero della Salute, entro sei mesi, specifica la legge. Dopo oltre un anno, in attesa di chiarimenti sull'uso, il business della cannabis light (ancora per collezionisti) è in piena espansione con un mercato annuo stimato da uno studio di Easy joint in 44 milioni di euro, 960 posti di lavoro e 6 milioni di entrate fiscali per lo Stato. Sulla rapidità di crescita del settore bastano alcuni numeri. Come riporta Canapaindustriale.it, Easyjoint (canna facile in inglese), tra i primi marchi italiani a produrre e commercializzare infiorescenze di canapa a basso livello di Thc in poco più di due mesi ha venduto circa 100.000 barattoli da 8 grammi di infiorescenze a 17 euro l'uno, per un fatturato di 600.000 euro in pochi mesi. Easyjoint detiene l'85% del mercato, mentre il rimanente è distribuito tra le aziende agricole che producono fiori e semi, come la piemontese Assocanapa che coltiva la varietà Carmagnola, tra le più antiche e pregiate. Non dichiara numeri, ma parla di una «forte espansione del business», Stefano Zanda, uno dei tre titolari di Myjoint, altra fiorente società che, dalla sede di via Montenapoleone a Milano, distribuisce in tutto lo Stivale. «Produciamo solo in Italia», spiega Zanda, «garantiamo alti standard di prodotto, senza muffe o metalli». La produzione è in un centinaio di ettari tra Campania e Puglia. Difficile fare un censimento con il moltiplicarsi di siti che associano l'idea della cannabis anche al benessere, al relax. Così accanto alle infiorescenze, c'è l'olio, la crema, il bagnoschiuma. Il sito Navira.it, dedicato al benessere, spiega che i suoi prodotti per il corpo a base di canapa contengono i cannabidioli (Cbd) che non hanno effetto psicoattivo, ma proprietà antiossidanti, antiinfiammatorie, miorilassanti e antidolorifiche. La società appena entrata nell'ecommerce e con l'idea di sviluppare una catena di negozi a suo marchio (franchising) su tutto il territorio nazionale dichiara di aver raccolto più di 5.000 iscrizioni sul sito in pochi giorni e numerose richieste per aprire un'attività sul territorio. Secondo i fondatori sono più di 400 i negozi dedicati alla vendita della cannabis legale (light). In Italia, dichiara un'analisi di Coldiretti, la coltivazione legale della cannabis a scopo terapeutico e ricreativo, potrebbe generare un giro di affari di 1,4 miliardi e garantire almeno 10.000 posti di lavoro. Il collezionista medio di cannabis light «non è il ragazzino in cerca dello sballo», è un uomo sui trent'anni, dichiarano i fondatori di Navira.it, «in cerca di un momento di relax alla fine di una giornata lavorativa stressante». Del resto, anche per le sigarette lo scopo non è diverso, per alcuni consumatori. Ma il presidente dell'Associazione italiana tabaccai, Giovanni Risso, mette in guardia i suoi colleghi e, in attesa di chiarimenti dal ministero, sconsiglia i tabaccai «dal vendere prodotti a base di cannabis light. Con l'auspicio che qualora si propendesse per la legittimità della vendita, si riconosca ai tabaccai la medesima posizione di chi a oggi si è avventurato sul mercato incurante di divieti o prescrizioni». Attendiamo norme, sempre che nel frattempo il vuoto normativo non si riempia, con altro fumo liberalizzato.
Nella prima mattinata del 28 ottobre 2025 la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari in tutta Italia ed effettuato il sequestro preventivo d’urgenza del portale www.voltaiko.com, con contestuale blocco di 95 conti correnti riconducibili all’omonimo gruppo societario.
Si tratta del risultato di una complessa indagine condotta dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica per l’Emilia-Romagna, sotto la direzione del Pubblico Ministero Marco Imperato della Procura della Repubblica di Bologna.
Un’azione coordinata che ha visto impegnate in prima linea anche le Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica delle varie Regioni e gli altri reparti territoriali della Fiamme Gialle nelle province di Bologna, Rimini, Modena, Milano, Varese, Arezzo, Frosinone, Teramo, Pescara, Ragusa.
L’operazione ha permesso di ricostruire il modus operandi di un gruppo criminale transnazionale con struttura piramidale tipica del «network marketing multi level» dedito ad un numero indeterminato di truffe, perpetrate a danno anche di persone fragili, secondo il cosiddetto schema Ponzi (modello di truffa che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi investitori, a loro volta vittime del meccanismo di vendita).
La proposta green di investimenti nel settore delle energie rinnovabili non prevedeva l’installazione di impianti fisici presso le proprie abitazioni, bensì il noleggio di pannelli fotovoltaici collocati in Paesi ad alta produttività energetica, in realtà inesistenti, con allettanti rendimenti mensili o trimestrali in energy point. Le somme investite erano tuttavia vincolate per tre anni, consentendo così di allargare enormemente la leva finanziaria.
Si stima che siano circa 6.000 le persone offese sul territorio nazionale che venivano persuase dai numerosi procacciatori ad investire sul portale, generando un volume di investimenti stimato in circa 80 milioni di euro.
La Procura della Repubblica di Bologna ha disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo del portale www.voltaiko.com e di tutti i rapporti finanziari riconducibili alle società coinvolte e agli indagati, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.
Nel corso delle perquisizioni è stato possibile rinvenire e sottoporre a sequestro criptovalute, dispositivi elettronici, beni di lusso, lingotti d’oro e documentazione di rilevante interesse investigativo.
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