2024-07-13
«Campi, servono 100 miliardi in più»
Ettore Prandini (Imagoeconomica)
A Roma l’assemblea mondiale dei mercati contadini pro filiera corta. Appello di Ettore Prandini all’Ue: «Fondi necessari per non farci colonizzare da Cina e Stati Uniti».Contadini di tutto il mondo unitevi. Non c’entra Karl Marx, è invece l’esortazione che giunge dai «mercati degli agricoltori» per contrastare la deriva globalista sostenuta dall’Oms che, spinta dalla Food foundation, vuole imporre la «dieta mondiale» e mitigare l’ideologia green che individua, a torto, nella coltivazione dei campi un fattore inquinante. Argomento usato dalle multinazionali della nutrizione per convincere l’Ue che si possono produrre cibi senza terra; quelli ultraprocesssati, quelli da clonazione di cellule (dalla carne al latte fino ai formaggi) fino ai novel food, insetti, alghe passando ora per le meduse, ultima «leccornia» sdoganata dall’Ue. Contro tutto questi si muovono le organizzazioni agricole dei cinque continenti e anche la Fao che insiste per promuovere l’agricoltura di prossimità. Indispensabile per sottrarre l’Africa dalla depredazione che Cina, Russia e le multinazionali per lo più americane, ma ci sono anche quelle francesi e svizzere, stanno facendo della terra coltivabile. Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, chiama in causa l’Europa: «Servono altri 100 miliardi se non vogliamo soccombere a Cina e Usa. La Pac in Europa vale 386 miliardi di euro in totale fino al 2027. Trentacinque miliardi di euro destinati all’Italia. A chi dice che la Politica agricola comune pesi troppo sul bilancio europeo serve ricordare che negli Usa il Farm bill vale 1.400 miliardi di dollari in dieci anni mentre la Cina attualmente produce il 70% in più dell’intera Unione europea». In Italia qualcosa si è mosso con il decreto Agricoltura approvato due giorni fa che stanzia un supplemento di 500 milioni di euro per le filiere in crisi e per contrastare le minacce: granchio blu, cinghiali, ma anche il fenomeno criminale del caporalato. Senza risorse aggiuntive siamo destinati alla colonizzazione agricola. Per evitarla scendono in campo - è il caso di dirlo - i mercati contadini. Si sono ritrovati a Roma sotto l’egida della World farmer markets coalition, 70 associazioni rappresentative di 60 Paesi: organizzano 20.000 mercati con 200.000 famiglie agricole coinvolte che offrono i loro prodotti a oltre 300 milioni di consumatori. Da queste «associazioni contadine» che a Roma hanno portato i loro prodotti - dall’aceto di banana vietnamita alla patata tuorlo d’uovo danese passando per il gin di alghe canadese o la salsa di kunzea australiana - nasce una proposta alimentare di prossimità che è una trincea anti omologazione. Uno studio di Ipes-food presentato a Roma conferma che «oltre il 70% della popolazione mondiale è alimentata da piccoli produttori e dalle reti di agricoltori che utilizzano meno di un terzo delle terre agricole e delle risorse globali». Il dato diventa decisivo per l’Africa dove i piccoli agricoltori producono l’80% del cibo disponibile per la popolazione subsahariana. Proprio in Africa è stato lanciato il Mami (Mediterranean African markets initiative), finanziato dal nostro ministero degli Esteri e portato avanti dal Ciheam Bari con la collaborazione della World farmers markets coalition e Campagna amica-Coldiretti, che prevede la creazione di una rete di mercati in Tunisia, Egitto, Kenya, Libano e Albania. Si tratta di proporre il modello italiano che è ormai diventato alternativo alla grande distribuzione e una sorta di sistema immunitario che difende dall’inflazione e dalla standardizzazione alimentare. Quasi due italiani su tre (64%) fanno la spesa nei mercati contadini, percentuale che arriva al 93% nel Centro Italia. Campagna Amica con 10.000 aziende e 1.200 mercati contadini sviluppa la distribuzione alimentare di prossimità per 4 miliardi di euro e raggiunge 15 milioni di consumatori soprattutto in Veneto, Piemonte, Toscana, Lombardia ed Emilia Romagna. È il modello che - sostiene Richard McCarthy, presidente della World farmers markets coalition - serve a contrastare la perdita di biodiversità in campagna e di identità a tavola e a impedire che la globalizzazione imposta dalle multinazionali comprima la democrazia alimentare.
Jose Mourinho (Getty Images)