Giù morti e ricoveri, ma si valutano parametri più stringenti e una soglia minima di tamponi per guadagnare la zona bianca.
Giù morti e ricoveri, ma si valutano parametri più stringenti e una soglia minima di tamponi per guadagnare la zona bianca.È ormai certo che lo stato d'emergenza sarà confermato a fine luglio per almeno altri tre mesi, e che il governo sta già pensando a riapplicare restrizioni. Della serie l'ora d'aria è terminata, adesso rinchiudetevi a casa, con la scusa della variante Delta che circola (e che altro dovrebbe fare il virus, replicandosi?) si torna a parlare di cambi di colore per alcune Regioni. Con gli attuali parametri, basta superare i 50 casi ogni 100.000 abitanti (a rischio basso o moderato) o la soglia minima di rischio del 40% di occupazione delle aree mediche e del 30% delle terapie intensive. Le prime a sprofondare in zona gialla potrebbero quindi essere Campania, Sicilia, Abruzzo e Marche.In piena stagione estiva, sarebbe un colpo durissimo. Non tanto per le limitazioni che scatterebbero, ma per l'immagine negativa che verrebbe proiettata all'esterno di quelle Regioni sia in ambito nazionale sia all'estero. Se infatti le restrizioni in zona gialla sono «poche», rispetto alla fascia bianca e riguardano gli spostamenti, consentiti verso una sola abitazione privata e una sola volta al giorno a quattro persone (oltre a quelle già conviventi in quella casa), e il numero massimo di commensali al tavolo di bar ristoranti che tornerebbe a essere di quattro, all'aperto e al chiuso, certo sapere che in quel territorio «sono aumentati i contagi» non farebbe piacere ad alcun turista. I vacanzieri penseranno ad altre destinazioni con meno incognite sul fronte sicurezza sanitaria e meno seccature, se sono in gruppo e amano le tavolate. «Se cominciamo a mettere paura alle persone la gente non prenoterà più», ammonisce il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, preoccupato perché «anche solo il possibile effetto annuncio rischia di creare una pioggia di disdette». Senza dimenticare che quando si è in un determinato colore, bisogna rimanerci per almeno due settimane prima di poter sperare in un miglioramento approvato dalla cabina di regia. Tutto questo, solo perché secondo le stime del Cts aumenteranno sempre di più i contagi da variante Delta, che diventerà prevalente. «Temo per fine mese 3-4 volte i contagi che si sono oggi», ha dichiarato il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, aggiungendo - per fortuna - che «il numero di contagi è ancora esiguo e al momento non c'è bisogno di tornare alle zone gialle». Infatti i dati non sono allarmanti. Ieri i nuovi casi di coronavirus sono stati 888 (in crescita dello 0,02%), i nuovi dimessi o guariti 1.529 (+0,04%) e sono sempre in calo i ricoveri in terapia intensiva (-1,86%) così pure i pazienti in isolamento domiciliare (-1,68%). Per questo i governatori chiedono nuovi parametri da applicare, non considerando i casi sintomatici, vista la bassa incidenza di gravi contagiati dalla delta, ma valutando solo l'Rt ospedaliero che tiene conto dei nuovi ricoveri in ospedale per Covid, quindi l'impatto che hanno sul sistema sanitario. Se calcoliamo che ieri, in tutta Italia, ci sono stati appena 15 pazienti con sintomi da coronavirus che sono stati ospedalizzati, è evidente che stiamo parlando di un allarme che non c'è. Gli esperti del Comitato tecnico scientifico si riuniranno forse già oggi, per vedere se è possibile venire incontro alle esigenze delle Regioni rimodulando gli indicatori, e magari abbassando la soglia di rischio per lasciare la zona bianca portandola al 30% in area medica e al 20% in terapia intensiva. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, non sembra molto d'accordo, tutto concentrato a «insistere sulla vaccinazione» e a far aumentare il numero dei tamponi. Misura, quest'ultima, davvero utile assieme al sequenziamento dei genomi virali per individuare e controllare l'evoluzione delle varianti, ma non dimentichiamo che imporre di rafforzare le attività di tracciamento dei casi, come stanno pensando al ministero, diventerebbe un boomerang micidiale per le Regioni. Infatti, se venisse introdotto l'obbligo di effettuare almeno 150 test ogni 100.000 abitanti, sicuramente si riuscirebbero a monitorare la diffusione del virus e della Delta (in attesa di altre varianti), ma così cambierebbe l'Rt, ovvero l'indice di trasmissibilità, e il numero dei positivi. Con i parametri attuali i governatori dovrebbero dire addio alla zona bianca. È evidente che quanti più tamponi fai, tanti più casi individui, però risultare positivi alla Delta non vuole dire finire diritti in ospedale o, ancor peggio, in terapia intensiva. La maggior contagiosità di questa variante non si traduce in un aumento della pressione sui reparti, forse perché colpisce molti più giovani «una fascia di età meno vulnerabile», ricordava di recente Guido Rasi, ex numero uno dell'Ema, l'Agenzia europea del farmaco e consulente del commissario per l'emergenza Covid. Il calo dei ricoveri ce lo sta dimostrando da settimane, nonostante l'aumento dei casi la situazione negli ospedali è sotto controllo. Perciò, se il Cts non cambia indicatori, nessuna Regione correrà a fare più tamponi sapendo che potrà finire in zona gialla. Da quel colore, basta che l'Rt cresca anche di poco e che salga il numero dei positivi per vedersi assegnare nuove restrizioni e precipitare in rosso, saltando l'arancione. Nell'allarmismo crescente e ingiustificato per questa variante Delta, rimane da capire il senso di tornare ad applicare i colori con l'idea di penalizzare una Regione, quando nel passaggio da bianco a giallo le misure in realtà non sono così costrittive. Sempre che ministero della Salute e Cts non stiano pensando a inasprire regole e divieti, rovinandoci del tutto l'estate e il prossimo autunno.
John Elkann (Ansa)
Il tesoro di famiglia nascosto al Fisco fino al 2025, collegato dalle indagini al fondo Private Wealth in Lussemburgo.
content.jwplatform.com
Scioperi a oltranza e lotta politica: dopo aver tubato con Conte e Draghi, il segretario della Cgil è più scatenato che mai.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
L’eurodeputata del Rassemblement National: «Il presidente non scioglie il Parlamento per non mostrare la sua debolezza ai partner europei. I sondaggi ci danno al 33%, invitiamo tutti i Repubblicani a unirsi a noi».
L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.