2025-09-09
Il boomerang dei diktat pandemici: gli anziani si vaccinano meno
Cala la percentuale di over 65 che scelgono di ricevere l’anti influenzale: lo scorso inverno la copertura è stata solo del 52,5 %. Intanto l’Oms gufa: «La prossima epidemia può scoppiare ovunque e in qualsiasi momento».La copertura della vaccinazione anti influenzale negli over 65 lo scorso anno è risultata la più bassa dalla stagione 2017-2018, quando aveva coinvolto il 52,7% delle persone in questa fascia di età. Nell’inverno 2024-2025 si è vaccinato solo il 52,5 % (l’obiettivo dovrebbe essere + 75%), mentre nella popolazione in generale il dato è salito dal 15,3 % (dello stesso anno) al 19,6%. I cosiddetti anziani (in realtà, la Società italiana di gerontologia e geriatria ha suggerito di considerarli tali a partire dai 75 anni) non sembrano dunque molto preoccupati di prevenire il più diffuso malanno stagionale. Addirittura in Sardegna il vaccino anti influenzale è stato somministrato solo al 37,6% degli over 65; nella Provincia autonoma di Bolzano al 33,4% e in Calabria al 44,3%. Sicuramente assistiamo a una sfiducia nelle iniziative di sanità pubblica, nel caso specifico le campagne vaccinali, e a un’incrinatura del rapporto tra operatore sanitario e paziente nel processo decisionale. Pesante retaggio pure questo dell’assenza di una informazione scientifica durante la pandemia, circa la necessità di vaccinare indistintamente contro il Covid; dell’ingiustificato obbligo per fasce di età e di professione; del perdurante silenzio vergognoso sui possibili eventi avversi. Mentre la tendenza sarebbe quella di proporre un vaccino per ogni virus in circolazione, i cittadini si stanno ribellando all’idea di somministrazioni ripetute, forse inutili quanto dannose. D’altra parte, proprio uno studio finanziato da Pfizer e pubblicato nel settembre di un anno fa su Science, esordiva con la seguente affermazione: «L’influenza rappresenta ancora una sfida significativa a causa dei suoi elevati tassi di mutazione e della scarsa efficacia dei vaccini tradizionali». Certo, obiettivo del colosso farmaceutico è spingere la produzione di anti influenzali a mRna, ma nello studio i limiti dell’immunità protettiva con le attuali dosi raccomandate erano ampiamente evidenziati. L’efficacia degli attuali vaccini autorizzati, «variava dal 10% al 60% tra il 2004 e il 2023», si legge. Una media di efficacia del 40,4%, riscontata negli Stati Uniti nello stesso arco di tempo. Questi dati non sono messi a conoscenza della popolazione, che già avrebbe di che dubitare dell’utilità del richiamo autunnale. Per chi invece si informa, attraverso medici coscienziosi, il dubbio su vaccinarsi o meno diventa ancora più grande. «L’efficacia vaccinale (Ve) delle piattaforme influenzali autorizzate raggiunge solo il 60% negli adulti sani durante una stagione ben abbinata. Questo diminuisce ulteriormente nelle popolazioni vulnerabili, come gli anziani e gli immunocompromessi, lasciando i gruppi demografici chiave vulnerabili a malattie gravi. Pertanto, esplorare strategie che suscitino una risposta immunitaria più protettiva può rappresentare una soluzione alternativa per migliorare la Ve», dicono gli autori. Sicuramente accorciare la finestra tra la selezione del ceppo (attualmente circa 6-9 mesi prima dell’inizio della stagione influenzale) e la vaccinazione potrebbe potenzialmente migliorare la corrispondenza del ceppo. Attualmente, invece, «i virus influenzali accumulano mutazioni negli antigeni proteici di superficie, in particolare nell’emoagglutinina (Ha), l’antigene che guida la produzione di anticorpi protettivi nei vaccini. La presenza di mutazioni dell’Ha nei ceppi circolanti può comportare una significativa riduzione della Ve», precisano i ricercatori. Intanto, gli over 65 alle prese con altre patologie o non vogliono altri inoculi, o non si fidano più dell’anti influenzale. Lo dimostrano i dati molto diversi dalla stagione 2020-2021, quando la copertura aveva raggiunto il 65,3% negli anziani e il 23,7% nella popolazione generale.Sarà dunque dura convincerli a fare anche l’ennesimo richiamo Covid, caldeggiato per la terza età in quanto circola la variante Stratus. Ieri si pubblicavano nuovi allarmi del tutto ingiustificati: «Covid. Nell’ultima settimana oltre 2.000 nuovi casi», salvo poi spiegare che era aumentato il numero dei tamponi. Come dire, facciamo test a tappeto sulla rinite infettiva in autunno, con giornate di pioggia e di nebbia, per poi stupirsi se scopriamo che metà della popolazione ha il raffreddore. Il bollettino fornito da ministero della Salute e Istituto superiore della sanità riporta quanto a incidenza di casi Covid-19, diagnosticati e segnalati nel periodo 28 agosto -3 settembre, «3 casi per 100.000 abitanti». L’occupazione dei posti letto in area medica è pari a 1,2% (760 ricoverati), di quelli in terapia intensiva è pari a 0,3% (27 ricoverati)». Sembrano dati dei quali preoccuparsi?«La prossima pandemia potrebbe scoppiare in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento. Potrebbe essere causata da un virus che conosciamo bene o per qualcosa di completamente nuovo, quello che gli scienziati chiamano patogeno X», ha pensato bene di scrivere su X il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus. Vuole sapere «se saremo pronti quando accadrà».
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.