
L'ex ministro in cerca di un posto al sole esclude dal listone europeista gli azzurri e ciò che resta del partito di Pietro Grasso: «Sarebbe vecchio trasformismo politico». In alternativa, però, punta all'esorbitante bagaglio di voti della Bonino e di Pizzarotti.Non sappiamo se Carlo Calenda abbia letto La Verità, anche se ce lo auguriamo. Ma certo è che, con le sue parole di ieri, sembra rispondere all'editoriale di Maurizio Belpietro, che definiva il suo movimento «un minestrone indigesto».Stiamo parlando dell'ammucchiata in salsa europeista fondata dall'ex ministro allo Sviluppo economico: un carrozzone che mira a riunire sotto l'egida dell'anti populismo tutte le forze che non vedono l'ora di sfrattare Lega e 5 Stelle da Palazzo Chigi. Se si chiamerà Fronte repubblicano o Fronte democratico, poco cambia.L'obiettivo, che definire utopia è riduttivo, è quello di essere la lista più votata delle elezioni europee, con oltre il 30 per cento dei voti. Ebbene Calenda, forse dopo riflettuto sull' editoriale della Verità, ha voluto correggere il tiro. Lo ha fatto dai microfoni di Radio24: «Non credo che debba entrare nel movimento chi cerca alleanze nazionali a destra o a sinistra, con Lega o M5s», spiega, «sennò sarebbe un'operazione di trasformismo politico. Quindi, nello specifico, credo che non debbano entrare Leu e Forza Italia. Non abbiamo fatto un appello per un fronte anti sovranista, ma un manifesto con proposte precise che vanno condivise. Non è una cosa contro, ma una cosa per. Non credo alle ammucchiate contro».Quindi l'ex dirigente d'azienda passato alla politica, dopo aver bocciato la possibile adesione di Silvio Berlusconi e Pietro Grasso, lancia l'invito a Emma Bonino e all'Italia in Comune del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti: «Sono impegnato a costruire questo progetto e a tenere l'unità del partito che si è costruita intorno a questo progetto. Il mio obiettivo non è votare Martina, Zingaretti o Giachetti ma costruire questo movimento», dice Calenda, «siccome ci sono tutti mi piacerebbe andare avanti. Mi piacerebbe anche che +Europa e il movimento di Pizzarotti aderissero».Certo che partire alla conquista di Bruxelles forti dell'appoggio della Bonino e di Pizzarotti sembra un'impresa disperata, degna di Brancaleone alle crociate. Eppure l'ex ministro dei governi Renzi e Gentiloni non nasconde le sue ambizioni, come ha ribadito questa volta a Radio Radicale: «Siamo arrivati a 75.000 adesioni a questo manifesto perché l'Europa è a rischio e insieme a lei anche l'Italia. Noi puntiamo a realizzare gli Stati Uniti d'Europa come termine di un percorso, l'unico che garantisca di poter contare qualcosa nel mondo, una traiettoria che corrisponde all'interesse nazionale ed è per questo che c'è coincidenza fra il destino dell'Europa e quello dell'Italia. Sono impegnato a costruire», continua Calenda, «un fronte per un'Europa rinnovata e dedicherò a questo lavoro tutte le mie energie. Rinnoverò la tessera del Pd ma non andrò a votare alle primarie e sono fiero che con questo lavoro abbiamo contribuito a unire le varie anime del partito ed è la prima volta da molto tempo».In molti, nel suo entourage, sono però rimasti delusi dalla porta chiusa in faccia a Forza Italia, che con la candidatura di Berlusconi può valere molti più voti di quanto non accreditino i sondaggisti. Si stavano creando le condizioni per un inciucio, un Nazareno bis a cui sembrava aver in qualche modo aperto Paolo Romani, senatore di Forza Italia, già ministro e poi capogruppo azzurro a Palazzo Madama, che pareva aver in qualche modo fatto intendere di aprire a una qualche forma di intesa. Ci riferiamo alle sue dichiarazioni nell'intervista rilasciata al Fatto Quotidiano: «Ho letto il manifesto di Calenda e l'ho trovato condivisibile in molte sue parti», e proseguiva, «ho incontrato Calenda prima di Natale, abbiamo parlato della sua operazione politica e ci siamo confrontati sulla necessità di un'alternativa alla prevalenza dei due partiti di governo». Qui sotto trovate una precisazione a riguardo dello stesso Romani.Ma tramontata l'intesa con gli azzurri, cosa resta? Solo uomini del Pd, tra i big contiamo Maurizio Martina e Nicola Zingaretti. Ci sono poi alcuni governatori come Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia Romagna, Sergio Chiamparino del Piemonte, Catiuscia Marini dell'Umbria, Enrico Rossi della Toscana. E ancora una schiera di sindaci: Beppe Sala, primo cittadino di Milano, Virginio Merola di Bologna, Emilio Del Bono di Brescia, Massimo Depaoli di Pavia, Giuseppe Falcomatà di Reggio Calabria, Giorgio Gori di Bergamo. E infine personalità del mondo civile, come Carlo Feltrinelli, Walter Ricciardi e Mario Giro. Una bella ammucchiata, ma ancora poco per sognare gli Stati Uniti d'Europa.
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
La capitale in versione insolita: in giro dal ghetto ebraico a Villa Borghese, tra tramonti, osterie e nuovi indirizzi.
John Lennon e la cover del libro di Daniel Rachel (Getty Images)
Un saggio riscrive la storia della musica: Lennon si ritraeva come il Führer e Clapton amava il superconservatore Powell.
L’ultimo è stato Fedez: dichiarando di preferire Mario Adinolfi ad Alessandro Zan e scaricando il mondo progressista che ne aveva fatto un opinion leader laburista, il rapper milanese ha dimostrato per l’ennesima volta quanto sia avventata la fiducia politica riposta in un artista. Una considerazione che vale anche retrospettivamente. Certo, la narrazione sul rock come palestra delle lotte per i diritti è consolidata. Non di meno, nasconde zone d’ombra interessanti.
Gianrico Carofiglio (Ansa)
Magistrato, politico in quota Pd per un breve periodo e romanziere. Si fa predicatore del «potere della gentilezza» a colpi di karate. Dai banchi del liceo insieme con Michele Emiliano, l’ex pm barese si è intrufolato nella cricca degli intellò scopiazzando Sciascia.
(IStock)
Pure la Francia fustiga l’ostinazione green di Bruxelles: il ministro Barbut, al Consiglio europeo sull’ambiente, ha detto che il taglio delle emissioni in Ue «non porta nulla». In Uk sono alle prese con le ambulanze «alla spina»: costate un salasso, sono inefficienti.
Con la Cop 30 in partenza domani in Brasile, pare che alcuni Paesi europei si stiano svegliando dall’illusione green, realizzando che l’ambizioso taglio delle emissioni in Europa non avrà alcun impatto rilevante sullo stato di salute del pianeta visto che il resto del mondo continua a inquinare. Ciò emerge dalle oltre 24 ore di trattative a Bruxelles per accordarsi sui target dell’Ue per il clima, con alcune dichiarazioni che parlano chiaro.






