2022-08-19
Calenda fa il comizio e intanto i renziani corteggiano ancora il centrodestra
Presentato il programma del terzo polo, intervento debordante del leader di Azione. Ma sulla giustizia, Iv lancia segnali precisi.Un programma di ben 56 cartelle, riassumibile in una frase: Draghi resti premier e il Pnrr non cambi di una virgola. È quello presentato al Senato da Carlo Calenda, nelle fresche vesti di front runner del cosiddetto terzo polo e dell’alleanza con Matteo Renzi. Che guarda caso, forse per enfatizzare il «passo indietro» tanto sbandierato nei giorni scorsi, non era presente alla conferenza stampa, preferendo lasciare la ribalta ai colonnelli (per lo più colonnelle) di Italia viva. Il problema però, è che mentre Calenda si produceva in un intervento fluviale, suscitando la viva preoccupazione di chi avrebbe dovuto prendere la parola dopo di lui, l’ex premier non rinunciava a dire la propria su alcuni temi - ad esempio reddito di cittadinanza e giustizia - sui quali la sintonia con l’eurodeputato romano non è del tutto registrata. Al contrario, mettendo insieme alcune enunciazioni di Maria Elena Boschi con quelle del leader Iv, l’impressione è che, a dispetto dell’annuncio calendiano della costituzione di un gruppo unico e di «una grande forza riformista e liberale subito dopo le elezioni», Renzi abbia già cominciato a dettare un’ipotesi di sponda per la nuova legislatura su alcune riforme come il presidenzialismo. Tornando alla lunga allocuzione di Calenda sul programma del terzo polo, che per ora stando ai sondaggi non supera il cinque per cento, l’ex ministro ha affermato che «l’obiettivo è semplice: andare avanti con l’agenda Draghi e con il metodo Draghi, avere possibilmente Draghi come presidente del Consiglio, attuare le riforme del Pnrr. Per noi», ha spiegato, «questa legislatura è uno spartiacque, è la tragica fine della Seconda repubblica degenerata in bipopulismo». Una legislatura terminata in anticipo per questioni personali e non politiche: «Draghi», ha detto, «è caduto per le invidie di Conte, per le voglie di Berlusconi di diventare presidente del Senato e per le paure di Salvini di perdere consensi». A dispetto dei citati sondaggi, però, l’esito delle elezioni è tutt’altro che scontato: «Non esiste il voto utile, perché ci sono in campo quattro coalizioni, non due. La partita è sul proporzionale al Senato e possiamo vincerla rivolgendoci a tutti gli italiani». Immancabile il quotidiano episodio di simil-bullismo nei confronti di Enrico Letta, con cui ribadisce di aver «tentato di fare un’alleanza basata sull’agenda Draghi e non su 18 patti. Voglio dire agli elettori del Pd», ha incalzato, «che cinque minuti dopo le elezioni si rialleeranno coi 5 stelle. Noi invece con Iv abbiamo fatto un accordo per costituire gruppi unici e avviare la costruzione di un grande partito liberale e riformista immediatamente dopo le elezioni». A chi gli fa notare l’assenza dell’ex sindaco di Firenze, Calenda replica con l’annuncio di una «grande iniziativa insieme a Milano», mentre per quanto riguarda le candidature, Calenda conferma che correrà nel collegio Roma 1. Ma come si diceva, l’assenza di Renzi da Palazzo Madama non ha significato certo assenza dal dibattito. Al contrario, il leader di Iv ha detto cose importanti, partendo curiosamente da un punto di divaricazione dalle idee di Calenda: «Abbiamo punti di vista diversi con Calenda», ha sottolineato, «sul reddito di cittadinanza, io sono più tranchant, ma condividiamo il fatto che questa misura voluta da Di Maio, Salvini e Conte non ha funzionato». E anche sul presidenzialismo, Renzi è andato giù certamente in modo più netto del suo «socio»: «Chi dice che è una minaccia per la democrazia afferma che Usa o Francia non sono Paesi democratici, il che è una follia». Non banale, l’ex premier, nemmeno sulla questione della prima ondata del Covid e sulle malversazioni che l’hanno accompagnata, quando si rivolge direttamente a Conte e Letta per chiedergli un parere sulla commissione d’inchiesta «su chi ha rubato» sul coronavirus che lui ha proposto. Se c’è un punto, però, dove Iv ha spinto sull’acceleratore in un modo assolutamente compatibile con alcuni suggestioni di centrodestra, è la giustizia, tanto che la Boschi, dopo aver ricordato con commozione Niccolò Ghedini, ha declinato una serie di proposte in qualche modo sovrapponibili a quelle avanzate nei giorni scorsi da Silvio Berlusconi su questo argomento: «Vogliamo chiarire», ha detto, «che noi stiamo dalla parte del garantismo, questo è fondamentale per ripristinare un rapporto di fiducia tra cittadini e sistema giudiziario che è ai minimi storici. Vogliamo ripartire dalle riforme mancate di questa legislatura. La separazione delle carriere e una riforma più coraggiosa del Csm restano per noi temi centrali. Chiediamo una valutazione effettiva dei magistrati. Abbiamo poi bisogno di ridurre i tempi della giustizia per garantire i diritti dei cittadini e l’operatività delle imprese, vogliamo rivedere la prescrizione». Dulcis in fundo, facendo eco al Cavaliere, la Boschi ha chiaramente affermato di essere «per la inappellabilità delle sentenze di assoluzione».
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