2024-12-26
Calcio, la Serie A è ancora indietro rispetto alla Premier League
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I nostri club continuano a essere indietro sul fronte ricavi rispetto alle squadre inglesi o a quelle spagnole. Pesano le incognite sul fronte stadi. In Italia gli esempi virtuosi sono quelli di Atalanta e Napoli, mentre Inter e Juventus fanno ancora fatica. Il Milan si è rialzato economicamente, ma i risultati sportivi non sono ancora all'altezza. La Serie A cerca di riguadagnare terreno rispetto alle altre competizione calcistiche europee. Ma ci riesce con fatica e sugli incassi dei nostri club di calcio continua a pesare l’incognita degli stadi da costruire, vero e proprio miraggio di cui si continua a parlare da anni ma che fino a questo momento non ha visto ancora nulla di concreto. Da anni si parla del tentativo della serie A di avvicinarsi ai ricavi della Premier League inglese, ma di passi avanti ne sono stati fatti pochi. Calcio e Finanza, quotidiano online, ha analizzato nei mesi scorsi i bilanci delle tre big italiane, Milan, Juventus e Inter. I ricavi delle due milanesi sono in crescita, per la prima volta sopra i 450 milioni di euro, mentre è in calo la Juve, soprattutto per via della mancata partecipazione alle coppe europee dell'anno scorso. Il totale dei ricavi sommato è di 1,32 miliardi di euro. Nel solo 2023 il Manchester City aveva registrato ricavi per 826 milioni di euro. Ma anche il Real Madrid, che pur non avendo vinto il campionato spagnolo, ha registrato lo scorso anno 800 milioni di euro. In pratica il doppio rispetto a quelle italiane. E c'è da segnalare che entrambe le squadre appena citate hanno investito sui rispettivi stadi di proprietà. Il Milan è l’unica ad avere un risultato netto in positivo di 4 milioni di euro, mentre l’Inter ha registrato meno 36 milioni e la Juve presenta un passivo di quasi 200 milioni. Chi non se la passa male è il Napoli, che ha chiuso il bilancio 2024 con un utile di oltre 63 milioni di euro. il club partenopeo ha quindi fatto segnare un ulteriore utile record, anche davanti ad Atalanta, Fiorentina, Juventus e Lazio. Più in generale le squadre di Serie A hanno visto diminuire il loro fatturato complessivo da 2.7 a 2.2 miliardi, secondo il sito di scommesse Betaway, con una crescita dei debiti di oltre 300 milioni di euro in soli 12 mesi. L’Inter è comunque la squadra che a fronte di un forte indebitamento, continua a macinare buoni risultati sportivi. A marzo la società è passata da Suning al fondo statunitense Oaktree e le prossime sfide passano proprio per un maggior equilibrio nei conti. Il presidente Beppe Marotta sembra essere sempre più l’ago della bilancia tra vecchia e nuova proprietà. Ma anche in questo caso il futuro passa per un nuovo stadio capace di generare profitti. Paolo Scaroni, presidente del Milan, è intervenuto lo ha ribadito in questi ultimi giorni. «La Serie A perso dei colpi rispetto al passato, non ha tenuto i colpi degli altri campionati, in particolare quello inglese. Basti pensare che i diritti tv all'estero della Premier valgono 2,2 miliardi, noi 200 milioni». Ma soprattutto ha continuato a insistere sul progetto del nuovo stadio di San Siro. «Il progetto su cui stiamo lavorando oggi è il fratello gemello del vecchio progetto su San Siro. Non voglio assolvere la politica, ma va detto anche che in questi anni è cambiata anche la mentalità della gente. In molti dicevano che non volevano buttare giù San Siro e io gli rispondevo se avevano mai visto uno stadio moderno. Di iconico ci sono solo Milan e Inter. Ora la gente vede gli altri stadi europei e vedono strutture bellissime. I milanesi si sono resi conto che San Siro è bellissimo, ma avere un nuovo stadio moderno è meglio». Il progetto di San Donato è passato in secondo piano. «Noi e l'Inter dobbiamo comprare lo stadio e le aree limitrofe, avere i permessi e così via. Stiamo negoziando un contratto con il comune, un contratto che dovrà essere perfetto. Devo dire che ho un certo ottimismo», ha ribadito Scaroni facendo intendere che a primavera forse si inizieranno a mettere giù le basi del nuovo stadio di Milano. Chi sembra essere in linea con il calcio del futuro è l’Atalanta, che a fronte di debiti 133,5 milioni di euro ha avuto lo scorso anno ricavi per 195 milioni di euro. In più i bergamaschi continuano a macinare successi sportivi, sono primi in classifica e hanno già uno stadio di proprietà. La Roma fa fatica in campionato. I Friedkin, proprietari americani, continuano a investire su squadre europee (da poco hanno acquisito l’Everton) ma non sembrano essere molto amati dalla piazza, esattamente come Jerry Cardinale il proprietario del Milan. Nella Capitale non si fanno passi avanti sul fronte stadio, mentre a Milano qualcosa si sta muovendo. Cardinale si è fatto sentire negli ultimi giorni, raccontando che «vincere campionati è un obiettivo importante ma bisogna farlo con intelligenza. L’Inter ha vinto lo scudetto l’anno scorso e poi è andata in bancarotta (il riferimento non è al club ma a Steven Zhang che ha dovuto cedere il passo a Oaktree, ndr)». Parole che non sono piaciute né ai milanisti né agli interisti. Ma che raccontano le difficoltà delle società straniere a investire nel calcio in Italia.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?