2022-08-18
Cade la balla del regalo Ue. La Ragioneria di Stato scrive: i soldi del Pnrr vanno ridati
È la conferma che non esiste alcuna pioggia di miliardi e che l’Italia da «percettore netto» tornerà a essere «contributore netto». Senza poter decidere in cosa investire.Ora è arrivata anche la Ragioneria Generale dello Stato (Rgs) a confermare quanto abbiamo più volte scritto su queste colonne: i circa 190 miliardi di investimenti previsti dal Pnrr e finanziati dalla Ue con lo strumento Next Generation Ue (Ngeu) sono da restituire fino all’ultimo centesimo, oltre agli interessi. Non esistono sussidi, sovvenzioni, contributi a fondo perduto, o altri sinonimi di una presunta pioggia di miliardi che ci è stata spacciata come tale a partire dal quel decisivo Consiglio europeo del luglio 2020, dal quale la leggenda narra che il presidente Giuseppe Conte sia tornato con un assegno a dodici cifre per il nostro Paese.L’occasione per fare definitiva chiarezza è stata offerta dal riepilogo dei rapporti finanziari tra l’Italia e la Ue aggiornato al 2021 che, grazie all’incasso dell’anticipo di 24,9 miliardi avvenuto ad agosto 2021, torna a mostrare un saldo positivo di circa 20,4 miliardi. Dato in netta controtendenza rispetto ai saldi ampiamente negativi, oscillanti tra 6 e 8 miliardi, registrati negli ultimi anni.Tale eccezionale saldo positivo origina dal fatto che «dal punto di vista del bilancio europeo, lato Stato membro, tali accrediti (il Ngeu) sono considerati trasferimenti in entrata, in contrapposizione ai versamenti al bilancio Ue, nonostante essi provengano da una separata attività di raccolta fondi sui mercati finanziari da parte della Commissione europea». È tutto qua. Fino al 2026 - qualora riuscissimo a conseguire tutti gli oltre 500 obiettivi previsti semestre per semestre - il saldo finanziario con la Ue sarà gonfiato dagli accrediti di somme che la Ue non riceve a titolo definitivo dagli Stati membri, ma raccoglie indebitandosi sui mercati con l’emissione di titoli.E dopo? Dopo verrà il diluvio dei rimborsi. Per le somme erogate a titolo di prestito, il fatto è perfino intuitivo, infatti la Rgs specifica che «ogni Stato membro dovrà restituire esattamente quanto ricevuto dall’Unione, più una quota trascurabile di interessi». La delusione - per chi ha creduto alla leggenda della pioggia dei miliardi - arriva quando i tecnici del Mef sottolineano che «i contributi ricevuti a titolo di sovvenzioni (grants), invece, saranno restituiti dagli Stati membri attraverso i bilanci futuri, che, oltre alle consuete spese per le politiche Ue, conterranno anche una voce specifica di “rimborso dei prestiti”, in base alla chiave Rnl di lungo periodo». Per essere sicuri che nessuno faccia scherzi, a Bruxelles hanno previsto che gli Stati debbano versare fino al 2% del Rnl (dal 1,4% ordinario).Per comprendere questo passaggio, va specificato che, prima del Ngue, la Ue non aveva autonoma e significativa capacità di indebitamento e le entrate della Ue provenivano dagli Stati membri in proporzione al Reddito nazionale lordo (Rnl, molto vicino ma non uguale al Pil) degli Stati membri (75/80% circa), oltre a entrate minori per dazi doganali e Iva (20% circa). Quelle medesime entrate venivano redistribuite agli Stati in relazione alle specifiche tipologie di azioni (fondi strutturali, Fesr, Fse, ecc…) ciascuna con la propria finalità socio-economica. Va da sé che questo criterio di redistribuzione ha sempre penalizzato l’Italia che è quindi strutturalmente contributore netto. Col Ngeu si è avuto un cambio epocale: le risorse da distribuire non sono più nei limiti di quelle versate dagli Stati, ma la Ue ha potuto indebitarsi e disporre così di risorse aggiuntive. Ma così perde di significato il saldo annuale entrate/uscite con la Ue, in quanto le prime comprendono somme che dovranno essere restituite dopo il 2026, con una base di ripartizione in base al Rnl, che è la stessa che ci ha sempre danneggiato. Se queste sono le premesse, non ha alcun senso affermare che l’Italia nel 2021 è stata beneficiario netto per 20,4 miliardi, se in quel saldo ci sono 24,9 miliardi da restituire dopo il 2026. Il saldo entrate/uscite dovrebbe comprendere solo somme acquisite a titolo definitivo, come accadeva prima del Ngeu, invece oggi confonde mele con pere. Infatti, la Rgs correttamente evidenzia gli effetti di tale illusione contabile e ricorda che «una volta cessati gli effetti finanziari del citato dispositivo, la posizione dell’Italia rispetto al bilancio Ue dovrebbe riprendere il trend di contributore netto».Se depurassimo le entrate dalla componente Ngue, il saldo sarebbe negativo per 4,5 miliardi che, a sua volta già beneficia di maggiori entrate straordinarie per 3,4 miliardi per la rendicontazione finale dei fondi Fesr. Altrimenti il saldo scenderebbe ancora a -7,9 miliardi. Nel 2021 il nostro contributo al bilancio Ue è perfino salito a 20,2 miliardi dai 17 circa del biennio precedente, soprattutto perché versiamo in base al Rnl. E questo deve farci riflettere: quando leggiamo di maggiori spese della Ue, non bisogna dimenticare che il 13% circa è finanziato dall’Italia e quasi sempre torna indietro in misura inferiore.Se, come qui dimostrato, gli investimenti del Pnrr sono finanziati con debito, la loro articolazione avrebbe dovuto essere decisa dal nostro Paese, non dalla Commissione. Perché si tratta, né più né meno, di denaro che i prossimi governi dovranno restituire. Quindi soldi nostri.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)