2020-06-18
Cacciata l’analista Ue che accusava la Cina
Vera Jourová (Dursun Aydemir/Anadolu Agency/Getty Images)
Il report di Bruxelles riguardante la disinformazione collegata alla diffusione del Covid-19 è stato smussato nei toni anti Pechino. Ma non tutti si sono adeguati. L'eurodeputato tedesco Sergey Lagodinsky: «Vergognoso prendersela con chi ha scoperto le irregolarità».Una settimana fa l'Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, spiegava che «la disinformazione ai tempi del coronavirus può uccidere. Abbiamo il dovere di proteggere i nostri cittadini rendendoli consapevoli della diffusione di informazioni false e denunciando i responsabili di tali pratiche». Lo dichiarava presentando la nuova strategia messa in campo dall'Unione europea per fronteggiare la disinformazione da Paesi terzi. «L'Italia è tra i Paesi che sono stati più colpiti dalla infodemia», dichiarava in conferenza stampa Vera Jourová, vicepresidente della Commissione europea con deleghe ai valori e alla trasparenza. E citava, tra le fonti di disinformazione, Russia e Cina: «Abbiamo sufficienti prove per dirlo».L'Unione europea ha deciso dunque di prendere contromisure. Anche, e forse soprattutto, viste le pressioni del Parlamento europeo per un pasticcio combinato dalla diplomazia europea guidata da Borrell a fine aprile. Facciamo un passo indietro. Era uscito, con qualche giorno di ritardo, un rapporto riguardate le fake news e la disinformazione collegate alla diffusione del coronavirus nel mondo. A che cos'era dovuto quel ritardo? Secondo le ricostruzioni del New York Times e di diversi altri giornali, alle pressioni della Cina, che nel documento veniva accusata di pesanti campagne online contro l'Unione europea e gli Stati membri. Infatti, nella versione iniziale pubblicata dal sito Politico Europe, figuravano molte accuse alle autorità di Pechino: «La Cina ha continuato a operare una campagna di disinformazione per dirottare il biasimo sulla diffusione della pandemia e migliorare la propria immagine internazionale. Ha usato tattiche palesi e occulte», si leggeva. È qui che è entrata in gioco la diplomazia cinese, decisa a bloccare quella versione del rapporto. Tra gli ufficiali europei che hanno ceduto alle pressioni, secondo il New York Times, ci sarebbe Lutz Güllner, capo divisione per la comunicazione all'interno della diplomazia europea, cioè l'istituzione guidata da Borrell. «I cinesi stanno già minacciando reazioni, se questo rapporto esce», avrebbe scritto Güllner in un'email diffusa dal quotidiano statunitense. Così la pubblicazione è stata ritardata per permettere agli autori di ammorbidirla e renderla un po' più generiche: sparita, per esempio, una frase sulla «disinformazione globale» a opera della Cina. Ma non tutti avevano apprezzato l'inchino europeo. L'analista Monika Richter si era ribellata alle modifiche apportate per piacere a Pechino e aveva scritto ai suoi superiori dicendo: «L'Unione europea si autocensura per placare il Partito comunista cinese», si legge in un'email vista dal New York Times. E ancora: «tale appeasement costituirà un terribile precedente e incoraggerà simili pressioni in futuro». E, infatti, così è avvenuto pochi giorni dopo, a inizio maggio: la lettera con cui gli ambasciatori dei 27 proponevano più cooperazione alla Cina in occasione dei 45 anni delle relazioni tra Ue e Cina è stata pubblicata dal quotidiano governativo China Daily, ma omettendo le parti in cui viene evocata la questione dell'origine cinese del Covid-19.Ma torniamo a questi ultimi giorni, seguendo la carriera dell'analista. Monika Richter ha lasciato il Servizio europeo per l'azione esterna, cioè la macchina della politica estera europea. L'ha fatto limitandosi a confermare di aver lasciato il posto, senza spiegarne le ragioni. «La posizione dell'analista ceca era diventata molto difficile, dopo che Josep Borrell aveva mosso accuse pubbliche contro di lei prima di indagare su cosa è successo», ha scritto su Twitter l'eurodeputato tedesco Reinhard Bütikofer, portavoce dei Verdi per la politica estera, che ha invitato nuovamente il Servizio a riferire alla Commissione per gli Affari esteri del Parlamento europeo. Un altro eurodeputato, sempre tedesco e sempre dei Verdi, Sergey Lagodinsky ha detto che è «francamente una vergogna per il nostro servizio diplomatico europeo» essersela presa con «chi ha scoperto le irregolarità».Infine, permetteteci una sottolineatura. Ieri la Commissione europea ha pubblicato il suo Libro bianco per rispondere ai sempre più numerosi casi di sussidi stranieri che distorcono il mercato e la concorrenza. Una mossa evidentemente anticinese. Che però mal si sposa con l'uscita di scena di chi aveva rifiutato di inchinarsi a Pechino e che dimostra come l'assenza di una posizione Ue coerente sulla Cina (e, di conseguenza, sugli Stati Uniti) rappresenti una delle più grandi debolezze del cosiddetto «gigante economico, nano politico», incapace di presentare per negoziare a Pechino (e pure a Washington) con una direzione precisa.