2023-09-08
Buzzi in libertà, Procura bacchettata
Salvatore Buzzi (Imagoeconomica)
La Cassazione annulla l’arresto dell’ex ras delle cooperative. Il motivo? Non è stata considerata la quantità di pena già espiata. Impedendo così un percorso riabilitativo.È uscito dal carcere di Catanzaro Salvatore Buzzi, l’ex ras delle cooperative romane ai tempi dell’inchiesta denominata Mondo di Mezzo: i giudici della Prima sezione penale della Corte di Cassazione, definendo «illegittimo» l’ordine di esecuzione della pena di 12 anni e 10 mesi di reclusione, nella sua parte residua, ovvero quella che non era ancora stata scontata (che ammonta a quattro anni e sei mesi), hanno annullato il suo arresto, rimandando gli atti alla Corte d’appello di Roma per il riconteggio. E non sono mancate le bacchettate alla Procura generale. In sostanza, la Procura generale aveva disposto, il 29 settembre 2022, un ordine di carcerazione. Buzzi aveva chiesto la revoca e la Corte d’appello gli ha rigettato l’istanza il 3 novembre, senza tenere conto, come hanno sottolineato i suoi avvocati nel ricorso, della quantità di pena che aveva già espiato. Un dato che avrebbe dovuto, stando ai difensori di Buzzi, trasmettere il pm al magistrato di Sorveglianza, «al fine di provvedere all’eventuale applicazione della liberazione anticipata», e che ha impedito così all’ex ras delle coop di accedere all’affidamento terapeutico-riabilitativo. Buzzi infatti aveva avviato, ricostruì La Verità, un percorso per affrancarsi da una dipendenza dall’alcol e si era rivolto a una comunità terapeutica. Ma la Procura generale si è opposta. Per i giudici della Cassazione, invece, «il pm chiamato a curare l’esecuzione delle pene detentive brevi deve, contestualmente all’ordine di esecuzione, adottare un decreto di sospensione, assegnando al condannato il termine di 30 giorni» per valutare un’eventuale «richiesta di ammissione a una o più misure alternative». Ma la Procura generale non ha trasmesso alla Corte d’appello il conteggio preciso della pena che aveva fatto il pm. E i giudici «si sono riportati a quanto stabilito dal procuratore generale [...] omettendo di vagliare la correttezza del computo effettuato dal pm». Nonostante Buzzi l’abbia «nondimeno», scrivono i giudici, «espressamente contestato». Un controllo che la Procura generale ha ritenuto non di sua competenza. «Erroneamente», sentenziano i giudici della Cassazione. E hanno spiegato che, se al giudice di Sorveglianza spettava «pronunziarsi in merito all’ammissione alla misura alternativa alla detenzione», la Corte d’appello avrebbe dovuto applicare un «controllo di legittimità dell’ordine di esecuzione e della corretta applicazione delle disposizioni in materia di sospensione». Cosa che non è avvenuta. L’assenza del conteggio preciso della pena da scontare ancora (i quattro anni e sei mesi) non ha permesso ai giudici di Sorveglianza di ammettere Buzzi alle misure alternative e quindi di andare in comunità. Ed è finito in carcere a Catanzaro (che ha lasciato mercoledì sera), dove è rimasto per quasi un anno. I difensori di Buzzi hanno ora 30 giorni di tempo per chiedere al tribunale di Sorveglianza di Roma l’esecuzione della pena con la misura alternativa dell’affidamento terapeutico. La Corte d’appello di Roma, invece, ricevuta la decisione della Cassazione, si è rimangiato il provvedimento di carcerazione emesso un anno fa e l’ha dichiarato temporaneamente «inefficace». «Buzzi adesso ha ritrovato la serenità con i suoi affetti ed è in un ambiente sano», ha commentato Umberto Baccolo, membro del direttivo dell’associazione Nessuno tocchi Caino, che ha aggiunto: «Speranza è che l’ennesimo provvedimento sbagliato non possa distruggere la vita di chi è disposto a rispondere per i suoi errori, a iniziare un percorso riabilitativo, che dovrebbe essergli garantito».