2023-07-25
Ma quante balle ci hanno raccontato sulla Russia
Non so quando la guerra in Ucraina finirà. Nessuno lo sa, neppure coloro che ne scrivono tutti i giorni e nemmeno quanti sono aggiornati quotidianamente sui movimenti delle truppe. Tuttavia, anche se ignoro quando il conflitto cesserà, mi è noto un fatto e cioè che quando arriverà la pace ci sarà molto da scrivere sulla guerra, per raccontare quante balle ci sono state raccontate in questi mesi. Anzi, in questi anni. Come so che ci sarà da fare un resoconto dettagliato delle menzogne e degli errori di valutazione? Perché mi annoto alcune delle più clamorose cantonate che i cosiddetti osservatori indipendenti hanno preso da quando i carri armati di Putin hanno attaccato Kiev. Non so se alcune delle cose che si sono dette e scritte in quelle settimane e nelle molte che sono seguite fossero intenzionali. Se cioè un ufficio della propaganda abbia agito alle spalle dell’opinione pubblica nel tentativo di indirizzarla e di tranquillizzarla. Oppure se certe notizie e determinate analisi siano proprio state frutto di abbaglio. I russi, si sa, sono sempre stati esperti nella disinformatia, anche perché controllano con il pugno di ferro gli organi di informazione. Grazie alla stampa libera, alle centinaia di inviati di guerra schierati da tv e giornali dei Paesi occidentali, probabilmente si pensava che mentre a Mosca le notizie sarebbero state condizionate dalla censura, da noi avremmo saputo tutto quello che c’era da sapere della guerra. Successi e insuccessi al fronte, strategie per fermare la follia dello zar del Cremlino, efficacia delle sanzioni, errori di valutazione eccetera. Invece purtroppo, mi tocca riconoscere che anche nei liberissimi Paesi europei e in generale in quelli democratici sono state spacciate autentiche panzane. Forse gli analisti si sono fatti condizionare, oppure hanno proprio sbagliato i calcoli. Sta di fatto che quasi mai ci hanno preso e a distanza di un anno e mezzo dall’inizio del conflitto, non solo si fa fatica a distinguere il falso dal vero, ma non si capisce in alcun modo che piega abbia preso la guerra e, appunto, quando terminerà.Ho perso il conto delle volte che ho letto articoli in cui si sosteneva che l’esercito di Putin era alla canna del gas, decimato nei ranghi e nel morale, ma soprattutto senza armi né munizioni. Così come ho un lungo elenco di analisi in cui si sosteneva che l’economia russa sarebbe stata messa in ginocchio da questa o da quella sanzione, costringendo la macchina da guerra a fermarsi. A gripparne il motore in realtà non è servita l’esclusione dal circuito Swift - necessario per regolare i pagamenti internazionali - delle istituzioni finanziarie di Mosca. Nonostante vari articoli sul razionamento dei prodotti nei negozi, ai russi non è mancato quasi niente e le catene occidentali che hanno chiuso hanno solo cambiato l’insegna, passando da una proprietà americana o europea a una russa. Anche l’embargo del petrolio non è servito a lasciare senza benzina la macchina militare di Putin: dopo un primo sbandamento, la marcia è ripresa come prima.Sì, è passato un anno e mezzo e quasi tutte le previsioni formulate dai cosiddetti esperti si sono rivelate infondate. Mesi prima erano circolate analisi sull’andamento dell’economia che descrivevano la Russia sull’orlo del tracollo. Ma poi a maggio, all’improvviso ci si è accorti dell’esistenza di falle gigantesche nel sistema delle sanzioni. Le misure che dovevano mettere in ginocchio la Russia in realtà avevano consentito all’economia di Putin di continuare a correre, al punto che il Fondo monetario aveva dovuto rivedere al rialzo di ben 9,4 punti il Pil russo, ossia molto di più della crescita di quello tedesco e inglese. Anche sulla controffensiva si era detto e scritto. Gli ucraini, armati fino ai denti da Europa e America, sembravano pronti a prendersi ciò che Mosca aveva strappato. Ma poi, con il passare delle settimane e dopo gli iniziali articoli pieni di entusiasmo, i cronisti al fronte hanno dovuto rallentare il passo, dimostrandosi più prudenti. L’ultima giravolta riguarda la produzione. Dopo aver detto e scritto che le imprese di Putin erano senza più materie prime, in particolare le industrie degli armamenti, oggi - come ha fatto il Corriere della Sera - si è costretti a riconoscere che le fabbriche di Mosca vanno a pieno regime. Le fotografie dal satellite dimostrano una ripresa delle fabbriche, con emissioni inquinanti in crescita. Così, dopo mesi di giudizi ottimisti, ecco comparirne uno nero come la pece: «il sistema putiniano» ha scritto Federico Fubini, lo stesso che dava per certe le sanzioni dell’Europa contro l’Italia «non è affatto all’ultima spiaggia». Anzi, al contrario sta vivendo una fase che definisce di «keynesismo militare», cioè di espansione. I forni della metallurgia lavorano a pieno ritmo, ma anche le industrie del cemento e dell’energia. Colpa di Pechino, forse anche dell’Arabia, sta di fatto che la Russia pare in grado di produrre più missili di quanti ne sforni l’America. E tutto ciò allontana l’ipotesi di una tregua. Certo, se le previsioni del tempo sono difficili, e lo vediamo in questi giorni, le previsioni sugli sviluppi di un conflitto lo sono ancora di più. Soprattutto se chi scrive si fa spesso prendere la mano. Comunque volevo tranquillizzare tutti voi lettori: come abbiamo fatto con il Covid (e ora con il riscaldamento climatico), terremo l’elenco delle sciocchezze che sono state scritte e poi ve le riproporremo tutte insieme, così potrete giudicare come funziona il sistema dell’informazione e, soprattutto, la cosiddetta stampa libera e i veri propalatori di fake news, come adesso, da quando c’è Facebook, chiamano le balle.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)