2019-07-11
Bufale, liti e vicedirettori morosi. Che sta succedendo al «Corriere»?
Federico Fubini, numero due di via Solferino, era «abusivo»: non pagava da 14 anni le quote all'Ordine dei giornalisti. Ma è solo l'ultimo caso imbarazzante capitato in quello che un tempo era il principale quotidiano italiano.E ancora una volta, al Fubini che sbaglia è tutto perdonato. In cambio di un bonifico da 2.500 euro, l'Ordine dei giornalisti ha sanato 14 anni di quote associative non versate e di assai probabile esercizio abusivo della professione, visto che il vicedirettore ad personam del Corriere della Sera era stato cancellato dall'albo per morosità fin dal 2005. In sostanza, i sommi sacerdoti Ferruccio de Bortoli e Luciano Fontana, nel loro custodire il tempio della corretta informazione e dell'eurocentrismo militante, si sarebbero avvalsi di un inviato speciale e di un vicedirettore che non era, almeno formalmente, più titolato né a inviarsi né a vicedirigere un quotidiano che a guidare le cucine del Sant'Ambroeus di Milano. Ma non bisogna accanirsi sui timbri e sulla forma, quando la sostanza è già sufficiente da sola ad appannare i vetri di quel che resta del quotidiano di via Solferino, che ad aprile ha venduto 181.000 copie (-4,8% in un anno), ovvero 15.000 in meno degli abitanti di Brescia, manco di Milano. In poche settimane, abbiamo avuto il caso Caizzi-Fubini sulle presunte bufale del secondo sulla cacciata dell'Italia dal Paradiso dell'euro; l'ammissione dello stesso vicedirettore a se stesso di aver nascosto ai lettori la notizia dei bambini greci morti di Austerity e l'intervista alla valorosa capitana Rackete, concessa però a sua insaputa e mentre era ai domiciliari. Ora, nel convulso mondo dei quotidiani e dell'informazione online, l'infortunio è sempre dietro l'angolo. Però è davvero difficile far finta di nulla quando si ha a che fare con colleghi che hanno la cattedra al posto della scrivania e amano sedere anche in consessi che poco hanno a che fare con la ricerca e la libera redazione delle notizie, come l'Open Society Foundation di George Soros, nel cui board europeo il Fubini errante siede con la sua testa fina e le orecchie ariose. Orecchie ben aperte, sia chiaro, a cogliere ogni minimo movimento dell'alta finanza internazionale su valute e «debito sovrano» (unico caso in cui questo pericoloso aggettivo è ammesso).E proprio in questi giorni, il gruppo posseduto da Urbano Cairo è impegnato a pubblicizzare i suoi master della sua Rcs Academy business school, tra i quali svettano anche i corsi di giornalismo con «il metodo Corriere», affidati, tra gli altri, anche al Fubini. Mentre, dopo anni di informazione all'acqua di rose sugli scandali bancari, dalla fine dello scorso anno Corriere e Banca d'Italia girano insieme la Penisola con dei meravigliosi corsi di «educazione finanziaria». Secondo l'impeccabile logica per la quale se un banchiere polverizza una banca, giustamente si rieduca il risparmiatore truffato. L'ultimo passo falso del Corriere ha invece quasi del surreale, visto che ha per oggetto un'entità allo stato gassoso come il famoso ordine dei giornalisti, regolato da una legge del 1963, ma nato in epoca fascista nel 1925. Oggi, per essere giornalisti bastano un contratto di assunzione a tempo indeterminato, un esame di Stato e il pagamento annuale delle quote, che di solito ammontano a un centinaio di euro abbondanti. Martedì, il Fatto Quotidiano ha scoperto che il valoroso eurocrate di via Solferino era stato cancellato per morosità dal 2005 e quando la collega Gaia Scacciavillani gli ha telefonato, il Furbini ha fatto due cose: un bonifico «tombale» da 2.500 all'Ordine e una minaccia di querela per lesa maestà. Dal canto suo, il presidente dell'Ordine, il giornalista Rai Carlo Verna, incassato il bonifico ha solo apparentemente chiuso questa triste faccenda: «Sarà l'autorità giudiziaria a dover stabilire se c'è stata o meno una violazione dell'obbligo di iscrizione all'Ordine e, quindi, l'esercizio abusivo della professione». Certo, il Fubini errante che esercita (forse) la sua erranza in modo abusivo sarebbe una deviazione nella devianza, anche perché lui fa parte (con altri 39 colleghi di testate perbeniste e luogocomuniste) del gruppo di «esperti internazionali» che l'Ue ha radunato a gennaio del 2108 per sterminare le fake news in cielo, in terra e online. Ma poi il destino cinico e baro ecco che riserva al nostro esperto internazionale alcune amarezze. La prima, a gennaio, quando il suo collega Ivo Caizzi lo accusa pubblicamente di aver propinato ai lettori una gigantesca bufala, nell'autunno precedente, ovvero l'arrivo di una sanguinosa procedura d'infrazione Ue per la manovra del governo Conte sul 2019. Ai primi di maggio, poi, il Fubini si fa intervistare da Tv Sat2000 e, complice l'atmosfera di sagrestia, si pente e si duole di aver appoggiato le peggio manovre della Troika in Grecia: «Avevo visto i dati sull'aumento della mortalità infantile in Grecia, ma non l'ho scritto perché il dibattito in Italia è avvelenato, sarei stato strumentalizzato da chi è contro l'Europa e ostracizzato dagli altri». E a Fubini, tra il diritto dei lettori a essere informati correttamente e il proprio diritto a non essere «ostracizzato» dai poteri forti che frequenta, non ha avuto il minimo dubbio. Ma l'inarrestabile (per i suoi direttori) Fubini è anche uno che teorizza il dovere della nazione della quale ha pur sempre il passaporto in tasca di essere «serva» e non padrona. Qualche giorno fa è andato a La7, a Omnibus, a sostenere che Grecia e Italia sono «province ribelli» dell'Ue. Quanto ai veri ribelli, per esempio la comandante Rackete, il suo giornale ha veduto bene di pubblicare un'intervista prontamente disconosciuta dall'interessata. Chissà se il nostro «esperto internazionale Ue» la metterà nell'elenco delle maggiori fake news del 2019.