2022-11-13
Bruxelles vuole risarcire Di Maio con una poltrona
Bruxelles pensa a Giggino come rappresentante degli affari energetici nel Golfo. A giudicare dalle sue scarse competenze e dal flop elettorale sembra una ricompensa per aver eseguito gli ordini. Dopo Paolo Gentiloni e Piero Fassino, prosegue la saga dei trombati di successo. Sergio Mattarella non deve stupirsi se la Ue dalle nostre parti non gode di grande popolarità. Oltre a riempirci di norme assurde, che vanno dalla curvatura delle banane allo stop al motore a combustione interna, l’Europa ci riempie di trombati. L’ultimo sulla rampa di lancio per essere destinato a un importante incarico sotto l’ombrello di Bruxelles, pare sia Luigi Di Maio, indimenticato ministro degli Esteri prima nel governo Conte e poi in quello di Mario Draghi ma, soprattutto, l’uomo a cui si deve l’abolizione della povertà nel nostro Paese. Dopo averne misurato la competenza per cinque anni in diversi ministeri, gli italiani alle ultime elezioni lo hanno premiato con lo zero virgola, rimandandolo nella sua Pomigliano d’Arco senza nemmeno farlo passare da un ripescaggio con il Pd. Impegno civico, la formazione a cui ha dato vita dopo essere uscito insieme a una cinquantina di onorevoli dal Movimento 5 stelle, non è infatti riuscita a eleggere neppure un parlamentare e l’accordo che lo aveva visto candidato all’uninominale per la coalizione di centrosinistra non è servito, perché Di Maio è stato battuto da un grillino.Nonostante il disastro, la sua carriera politica non sembrerebbe conclusa. Dopo essersi dimesso da segretario del partito zerovirgola, l’ex capo politico pentastellato sembra destinato a divenire rappresentante europeo per gli affari energetici nel Golfo, dove il golfo in questione non è quello di Napoli, ma il Golfo persico. Vi sembra una follia? Anche a noi. Innanzitutto perché non ci risulta che Di Maio abbia qualche competenza in fatto di gas e petrolio da giustificare un così importante incarico. Tranne aver fatto la spola nei Paesi africani e mediorientali al seguito delle delegazioni dell’Eni impegnate a trovare alternative ai combustibili importati da Mosca, non ci pare che l’ex ministro degli Esteri abbia titolo per rappresentare, non diciamo l’Italia ma addirittura l’Europa, in una materia così delicata. Dal che, ci viene il sospetto che la designazione risponda ad altre logiche, come quella di ringraziare un fedele esecutore delle politiche europee che non sempre hanno premiato il nostro Paese. Oppure un riconoscimento per le scelte improvvide di un ex ministro, che non di rado ha combinato guai diplomatici, soprattutto in Medio Oriente, di cui si sono avvantaggiati altri Paesi. Insomma, una nomina per aiutare un amico rimasto disoccupato, non certo l’Italia.Del resto, le scelte europee sono a dir poco sorprendenti e quasi sempre in controtendenza con il sentimento degli elettori. Fra i tanti esponenti in materie economiche che l’Italia poteva fornire, a Bruxelles qualche anno fa scelsero Paolo Gentiloni, ex premier a quel tempo trombato alle elezioni del 2018. Il Pd era uscito con le ossa rotte dalla prova del voto, e ad avanzare erano stati i 5 stelle e la Lega, che poi formarono il governo. Vista l’assenza di qualsiasi competenza specifica, nel dicembre del 2019 Ursula von der Leyen lo volle al suo fianco come commissario per gli Affari economici, con i risultati a tutti noti a tre anni di distanza. Tuttavia, in quel caso l’Ue poteva vantare l’attenuante di aver ricevuto il via libera dal governo italiano, che nel frattempo, dopo la rottura della Lega con i 5 stelle, aveva ritrovato nel Pd un puntello, subito compensato con la nomina di Gentiloni.Per quanto riguarda Di Maio, non riusciamo a trovare neppure questa spiegazione, perché siamo certi che il governo Meloni preferirebbe che a rappresentarlo nel delicato incarico ci fosse qualche personaggio di maggiore esperienza. Di Maio, infatti, rischia di fare la fine di un altro trombato eccellente che l’Europa designò in pompa magna. Pensiamo a Piero Fassino, inviato Ue per il Myanmar, di cui nel tempo si sono perse le tracce, salvo vederlo rispuntare per l’ennesima volta nelle liste del Pd per una poltrona in Parlamento. Ma forse, nelle intenzioni di Bruxelles c’è proprio questo: affidare la questione dell’energia a Di Maio per non fare niente. Operazione in cui Ursula von der Leyen e compagni, come si è visto in questi mesi, sono specialisti. Se la baronessa che guida la Ue fosse napoletana, diremmo che come la Marina del Regno delle due Sicilie si sta preparando a fare l’ammuina. Nel qual caso, il guaglione napoletano ci pare l’uomo giusto al posto giusto.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)