2025-07-16
Bruxelles sui controdazi: «Partiranno dal 6 agosto». Nuove sparate francesi
L’Unione, che non riesce a condurre le trattative, nella bozza della lista ha inserito anche Boeing, bourbon e prodotti alimentari. Parigi: «Ricatto, non siamo vassalli».Bruxelles fatica a trovare una quadra sui negoziati commerciali con la Casa Bianca. Lunedì, i ministri del Commercio dell’Ue hanno minacciato contromisure tariffarie per 72 miliardi di euro in caso di fallimento delle trattative. In particolare, gli europei avrebbero intenzione di mettere nel mirino soprattutto la Boeing e il bourbon. A invocare la linea dura in questi giorni è stata specialmente Parigi. «La minaccia degli Stati Uniti di applicare dazi doganali del 30% all’Unione europea è un metodo scorretto che sembra un ricatto e non è all’altezza delle relazioni tra gli Usa e l’Ue. Ricordiamo che tali dazi doganali ridurrebbero drasticamente il potere d’acquisto della classe media americana, che sarebbe la prima vittima di una tale decisione», ha tuonato il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot. «Dobbiamo trovare un accordo: l’Ue è il primo partner commerciale degli Stati Uniti ma non ha intenzione di diventare un vassallo degli Usa».Tuttavia, ieri, sono arrivati segnali più distensivi da Bruxelles. «L’Ue non ha intenzione di procedere con alcuna contromisura commerciale prima del 1° agosto», ha fatto sapere un portavoce dell’Unione europea. Sempre ieri, un team tecnico dell’Ue era diretto a Washington, mentre in serata era previsto un colloquio tra il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, e il Rappresentante commerciale statunitense, Jamieson Greer. Tutto questo significa che, nel blocco dell’Ue, continuano a registrarsi linee contrastanti: all’approccio muscolare di Parigi fa da contraltare la salvaguardia delle relazioni transatlantiche auspicata da Roma. Tutto questo, mentre Berlino sembra essersi ritagliata una posizione mediana tra queste due.«Stiamo parlando con l’Ue», ha confermato ieri Donald Trump, poco dopo aver annunciato di aver raggiunto un accordo commerciale con l’Indonesia: uno dei Paesi che, la settimana scorsa, avevano ricevuto le lettere contenenti la minaccia di dazi, pronti a scattare il 1° agosto. In particolare, l’inquilino della Casa Bianca ha reso noto che Jakarta pagherà un’aliquota al 19% anziché quella originaria del 32%. Ha inoltre precisato di aver «trattato direttamente» con il presidente indonesiano, Prabowo Subianto. L’Indonesia ha anche accettato di acquistare 50 jet della Boeing ed energia statunitense per 15 miliardi di dollari. Ricordiamo che, a inizio luglio, Trump aveva concluso un’intesa anche con il Vietnam. È interessante notare come sia l’Indonesia sia il Vietnam figurino tra i Paesi terzi che Pechino utilizzerebbe per far arrivare le proprie merci negli Stati Uniti, eludendo le barriere tariffarie: un fenomeno, questo, chiamato transshipment.È quindi possibile ipotizzare che la Casa Bianca si stia muovendo per cercare di creare una sorta di «cordone sanitario» attorno alla Cina dal punto di vista commerciale. E proprio la questione cinese rappresenta, se vogliamo, il convitato di pietra nelle trattative tra Washington e Bruxelles: un «dettaglio» che i negoziatori europei ancora faticano a capire. Trump non ha visto di buon occhio il fatto che, negli ultimi due anni e mezzo, Parigi e Berlino abbiano ulteriormente rafforzato i loro legami con Pechino, spingendo l’Ue in alcuni casi a fare altrettanto. Non solo. Secondo Politico, la prossima settimana Ursula von der Leyen dovrebbe recarsi nella Repubblica popolare per il vertice Ue-Cina. Il presidente americano auspica che gli europei allentino i loro rapporti politici ed economici con il Dragone. E la sua minaccia di dazi al 30% contro Bruxelles potrebbe essere uno strumento per effettuare pressioni sull’imminente viaggio cinese del presidente della Commissione Ue.E attenzione. Pechino teme anche le tariffe secondarie al 100% che, l’altro ieri, Trump ha minacciato di imporre a chi acquista prodotti energetici russi, a meno che Mosca non accetti un accordo sull’Ucraina entro i prossimi 50 giorni. La misura, se attuata, colpirebbe principalmente Cina e India, due pesi massimi in seno al blocco dei Brics. L’inquilino della Casa Bianca deve comunque fare attenzione, visto che sta trattando da tempo con Nuova Delhi per concludere un accordo commerciale. Più in generale, Trump teme che i Brics possano procedere con le loro ambizioni di de-dollarizzazione: è anche in quest’ottica che ha recentemente minacciato il blocco con dazi aggiuntivi al 10%. Tale situazione contribuisce a spiegare, almeno in parte, le tensioni tariffarie in corso tra Washington e Brasilia. Il che, andando al di là dei Brics, si interseca geopoliticamente anche con il tentativo di rilancio, accarezzato da Trump, della dottrina Monroe. Proprio ieri, il premier canadese, Mark Carney, ha detto di attendersi che i colloqui commerciali con gli Stati Uniti «si intensificheranno da qui alla fine del mese», ammettendo comunque che un eventuale accordo non eliminerà probabilmente del tutto le tariffe. Dalla scorsa settimana, Ottawa è del resto sotto minaccia di dazi statunitensi al 35%.Al contempo, il presidente americano deve fare i conti con l’aumento dell’inflazione in patria che, a giugno, è salita di 0,3 punti rispetto a maggio, attestandosi al 2,7%. Vari economisti ritengono che l’incremento sia dovuto ai dazi della Casa Bianca e temono che il quadro possa ulteriormente peggiorare. Tuttavia attenzione: nonostante l’aumento, il dato resta più basso rispetto a gennaio 2025, quando l’inflazione era al 3%. Per fare un raffronto, Joe Biden entrò in carica il 20 gennaio 2021, quando il dato era all’1,4%: a giugno di quello stesso anno, l’inflazione salì al 5,4%.