
L'Ue dà spago al nuovo governo, perché le consegnerà il Paese. Repubblica esulta.Siamo ai saldi di fine nazione! L'Italia si appresta a diventare una provincia dell'Europa e i cittadini saranno spolpati fino all'ultimo euro perché a Bruxelles hanno deciso di farci uno sconto capestro: ci comprano. I passaggi sono tre e ieri ce li ha raccontati la Gazzetta Ufficiale dell'obbrobrio pidistellato: La Repubblica. Cominciamo dal fronte istituzionale. Sulla Verità abbiamo scritto che si sta pensando di far dimettere Sergio Mattarella in anticipo per evitare che il Parlamento faccia salire al Quirinale, con i voti delle Regioni, un «barbaro» della destra o leghista. Repubblica rivela che Pd e grillini stanno pensando di limitare il voto dei rappresentanti regionali per l'elezione del Capo dello Stato. L'ultima trincea per evitare questo scempio della volontà popolare sarebbe la Repubblica presidenziale. Ma c'è di più. Ieri dalle colonne di Repubblica il portoghese Mario Centéno - incassata la laudatio non petita del cronista che lo dipinge come un mago dei bilanci - ci fa sapere come presidente dell'Eurogruppo (è il club dei ministri finanziari dell'Euro che valida i conti pubblici dei diversi Paesi) che visto che ora c'è un governo amico - forse sarebbe meglio dire suddito - dell'Europa, all'Italia può essere fatto uno sconto sui parametri europei. È la flessibilità che serve all'Italia - come ha detto Ursula von der Layen, eletta ai vertici europei dall'inciucio Pd-M5s-Forza Italia - «per rilanciare la sua economia». Del resto anche Sergio Mattarella, che si è fatto premier per un giorno, ha invocato ora e solo ora - col governo amico - una revisione del patto di stabilità. Ma perché sono disposti a farci tanti sconti? Perché hanno tre urgenze e un obbiettivo. Partiamo dall'obbiettivo: eliminare l'Italia come soggetto autonomo dallo scenario economico. Tutti sono convinti che il campione mondiale dell'export sia la Cina. Non è vero. L'Europa esporta per 3,3 trilioni di euro, la Cina solo per 2. E si dà il caso che il secondo Paese manifatturiero d'Europa sia l'Italia. Ma ora la Germania, che ha impostato la sua economia su produzioni rigide (il settore auto ad esempio), va maluccio e mal sopporta di avere un concorrente aggressivo come l'Italia, nonostante i costi esorbitanti di produzione derivanti dal peso della burocrazia e del fisco. Al pari la Francia vuole trasformare il nostro Paese in un supermercato dove comprare a prezzi di saldo le imprese del made in Italy. La revisione invocata da Mattarella del patto di stabilità - come peraltro ha spiegato ieri su La Verità Carlo Pelanda - è l'ennesimo scippo a vantaggio dell'Europa che progetta un maxi-fondo d'investimento finanziato da tutti i paesi dell'euro per la riconversione industriale francotedesca. Tutto questo poggia su tre urgenze: ammortizzare la Brexit, che fa paura più agli eurocrati che non ai britannici; evitare che dalle scadenze europee prossime (dalle elezioni spagnole, alla fragilità del governo di Angela Merkel incalzato dall'avanzata della destra) emerga un' instabilità dell'aerea euro; impedire che i Paesi non euro - a cominciare dal cartello di Visegrad - approfittando anche della recessione in arrivo crescano troppo, mettendo in discussione la moneta unica che, come sappiamo, ha portato vantaggi solo alla Germania a discapito soprattutto dell'Italia (che ha sì mali antichi e difetti strutturali pre euro, ma che da quando c'è la moneta unica ha visto crollare la sua forza economica). Euro più crisi hanno significato il 30 % di perdita di capacità produttiva del Paese e - come ha rivelato il Cpe di Friburgo - gli italiani ci hanno rimesso circa 77.000 euro a testa in 20 anni d'unità monetaria. I valori immobiliari sono crollati (dal 2010 a oggi) del 17,2%, con un aumento del 9,8% della pressione fiscale sulla proprietà, il che fa dire che un'ulteriore patrimoniale sarebbe un esproprio da socialismo realizzato. Una parola definitiva l'ha detta uno studio di Bloomberg che ci ricorda come - tra 1985 e 2001 - il Pil aveva fatto +44% (aumento di 482 miliardi di euro), mentre tra 2002 e 2017 il Pil è salito solo del 2% (pari a 31 miliardi). Anche su fronte export abbiamo pagato l'euro. Se tra 1985 e 2001 era salito del 136,3%, dopo l'euro abbiamo fatto solo il 40,9% in più. E se non basta, possiamo dire che il Pil pro capite è fermo al 1999 (cioè prima dell'euro) e la disoccupazione è vicina la 10%, con la produzione industriale calata del 22%. Pare la favola di Cappuccetto Rosso: nonna Europa perché ci fai lo sconto? Per mangiarti meglio Italietta mia.
        
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Una donna aggredita alle 9 nella frequentatissima piazza Gae Aulenti. Il colpevole arrestato in serata: la sorella l’aveva riconosciuto nel video diffuso dai carabinieri. Dieci anni fa aveva compiuto un atto simile.
        
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Da Guttuso a Fontana, passando per De Pisis e Vedova, allo Spazio Arca di Vercelli un’inedita mostra (sino all’11 gennaio 2026) racconta l’Espressionismo italiano attraverso un nucleo significativo di opere realizzate tra il 1920 e il 1945 e appartenenti alla sezione storica della collezione Giuseppe Iannaccone. Tra capolavori noti e lavori mai esposti prima, in mostra anche una giovane voce dell'arte contemporanea: Norberto Spina.
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Dal Piemonte alla Campania, dal Lazio alla Sicilia, il nostro Paese è il secondo produttore al mondo dopo la Turchia, anche se il 2025 è stato un anno critico. Ottime da mangiare così come sono (meglio se non le spelliamo) oppure per farne creme e liquori.
        José Altafini (Ansa)
    
Il campione: «Le squadre fanno 300 passaggi davanti all’area, è terribile. La Premier è tutto un altro sport. Un giovane deve giocare 4-5 partite di fila, anche se sbaglia. Il Napoli è fortissimo, ma l’Inter lo è di più».






