2024-09-17
Brucia il Brasile, si fa verde il Sahara ma non è l’uomo che cambia la natura
Il Brasile è piagato da continui incendi che devastano l'Amazzonia (Getty)
C’è Luiz Inácio Lula da Silva e non Jair Bolsonaro al governo e per l’incendio nel Parco nazionale non viene tirata in ballo la politica. Del resto si sta ritirando anche il deserto a causa dei fenomeni celesti che alterano il percorso dei raggi solari.Il Parco Nazionale di Brasilia brucia dopo 145 giorni consecutivi di siccità mettendo in movimento i soccorsi guidati direttamente dal presidente Lula. Insieme alla «first Lady» Janja ha sorvolato la zona toccata dalle fiamme che hanno già distrutto 1.200 ettari, secondo l’Istituto Chico Mendes per la conservazione e la biodiversità (ICMBio).Sul sud del Sahara, invece ci sono ormai da diversi anni piogge di intensità alluvionale che stanno trasformando il deserto nel cuore verde dell’Africa. Difficile vedere in questi fenomeni un cambiamento climatico provocato dall’attività umana. Molto più facile immaginare che le alterazioni siano frutto di fenomeni celesti che hanno alterato il percorso dei raggi solari. Non sarebbe nemmeno la prima volta nella storia dell’umanità: la Groenlandia, se porta questo nome vuol dire che un po’ di tempo fa era una distesa verde e non certo un ghiacciaio.Secondo molti storici (a cominciare da Alessandro Barbero il più famoso dei nostri studiosi del Medio Evo) è probabile che la grande depressione del XIV secolo con il suo carico di povertà e malattie sia frutto di un piccola glaciazione essendo assai improbabile che a quei tempi il calore generato dalle attività umane potesse incidere sull’ambiente. Il fuoco di un camino a stento riscalda una stanza. Il rifiorire dell’attività umana segnata dal Rinascimento sarebbe la conseguenza di una normalizzazione climatica. Difficile stabilire come sono andate le cose non essendoci, in quel tempo studiosi del clima e nemmeno agguerrite associazione «green». Tutto quello che si riesce a capire deriva dalla lettura dei testi conservati dai cronisti dell’epoca.Tutte queste considerazioni non bastano agli estremisti dell’ambiente per dare una spiegazione diversa. La narrazione è sempre perché considerano l’Uomo un elemento di disturbo della natura.Il piagnisteo è inevitabile anche se le fiamme che stanno devastando il Parco di Brasilia sono il frutto di un elemento non sempre prevedibile come la siccità e forse dell’intervento di qualche delinquente. Solo una cosa è certa: se lo stesso incidente fosse accaduto con la presidenza Bolsonaro sarebbe stato certamente trovato il modo per attribuire al suo governo la responsabilità dell’incendio. Al potere, invece, c’è Luiz Inàcio da Silva, beniamino delle sinistre mondiali e quindi non c’è problema. L’assenza della pioggia è colpa del cambiamento climatico provocato dal capitalismo rapace e incurante dell’ambiente cui si aggiunge la mano di qualche malvivente abituato a prosperare in un Paese governato dalle destre.Ancora più importante quello che sta accadendo in Africa. Il deserto del Sahara, nella sua zona meridionale, sta diventando sempre più verde. Come emerge dalle immagini satellitari, la vegetazione è chiaramente aumentata nelle zone del Niger e del Ciad e risulta ancora più rigogliosa appena sopra l’equatore nella Repubblica Centrafricana.Le cause sono due: un anomalo afflusso di pioggia negli ultimi anni in quelle zone e le alterazioni nell’ecosistema. Il trend vede precipitazioni in aumento in una regione che storicamente dovrebbe registrare piogge sotto i 25 millimetri l’anno. A livello generale, si registra uno spostamento più a Nord di quanto accade solitamente della cosiddetta «zona di convergenza intertropicale»: tale migrazione scatena tempeste in Niger, Ciad, Sudan e altri Paesi africani, con alluvioni, rotture di dighe e gravi conseguenze per la popolazione locale.Già nel 2019 si era parlato di vegetazione e Sahara, seppur in altri termini. Un’analisi dei depositi delle polveri ha permesso di ricostruire la storia del clima di quest’area negli ultimi 240.000 anni. L’ipotesi che ne è derivata è che il Sahara cambi radicalmente aspetto ogni 20.000 anni, trasformandosi da un deserto in una pianura verde e viceversa.Nello studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, i ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit) ritengono che tali trasformazioni possano essere dovute ai cambiamenti dell’inclinazione dell’asse terrestre, che periodicamente modificano il modo in cui la Terra riceve i raggi del Sole. La scoperta è importante «per comprendere la storia di questo deserto e in quali tempi è stato ospitale per l’uomo», aveva detto il professore David McGee del Mit. Il Sahara, quindi, non sarebbe sempre stato desolato e arido. Pitture rupestri primitive e fossili scoperti indicano come questo deserto in passato sia stato un’oasi relativamente verdeggiante, dove prosperavano insediamenti umani.
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