2023-11-06
«Sulle pensioni fioccheranno ricorsi»
Alberto Brambilla (Imagoeconomica)
Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali: «Il mancato adeguamento degli assegni sopra i 4.000 euro è ingiusto: lo Stato potrebbe dover reintegrare con interessi. Non si è voluto incidere sulla Fornero. L’Inps rischia buchi».«Se non è peggio della Fornero, poco ci manca. Ho come l’impressione che chi ha scritto la legge di bilancio non abbia parlato con chi voleva sterilizzare gli effetti di quella legge sulle pensioni. E il combinato disposto che si è prodotto tra il mettere mano alla previdenza e gli sconti contributivi può portare l’Inps ad avere meno entrate per 50 miliardi in tre anni». Il giudizio è tranchant anche se proposto come al solito in maniera elegante e pacata dal professor Alberto Brambilla, presidente del centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali, come dire la coscienza critica del welfare italiano.Professore cosa c’è che non va nella legge di bilancio? «Se la guardo dal punto di vista delle pensioni, non c’è coerenza tra la dichiarazione di voler sterilizzare la legge Fornero e quello che si è messo in campo. La Fornero ha due elementi di enorme criticità. Il primo è che separa il trattamento di chi ha una carriera fatta tutta col retributivo o mista, da quello di chi ha avuto una carriera col contributivo e ha cominciato a lavorare dal 1° gennaio 1996. Questa distorsione che non ha eguali in nessun Paese andava sanata. Là dove vige un sistema a ripartizione come da noi – il che significa che chi lavora versa i soldi che servono a pagare gli assegni di chi è in quiescenza – non può esserci una diversità di trattamento. È una questione di equità. Per i giovani non è prevista né l’integrazione al minimo né alcuna maggiorazione sociale. Il secondo elemento che andava sanato è l’adeguamento dell’anzianità contributiva all’aspettativa di vita».Dunque va delusa la promessa di mandare in pensione prima per fare posto ai giovani?«Direi di sì, ma perché non si è voluto incidere sul tema Fornero. Non esiste che si vada in pensione con 67 anni di età e con 43 anni e mezzo di contributi. Si accorsero di questa macroscopica topica, frutto di un’insensata rigidità, già col governo Monti, tant’è che hanno fatto nove salvaguardie e dopo aver approvato la riforma hanno mandato in pensione un milione di lavoratori con la vecchia legge. Bisogna reintrodurre una flessibilità in uscita. Va bene l’Ape, aveva fatto bene Mario Draghi con il limite di 38 anni di contributi, è perfetta quota 102. Ma con questa legge di bilancio sono caduti in una contraddizione che mi preoccupa. Con quota 103, che hanno pure complicato, si risparmia circa un miliardo, ma nel bilancio dell’Inps mancheranno nel 2024 almeno 15 miliardi di entrate contributive. Aver portato al 2,18 la percentuale di contributi per chi arriva a 25.000 euro e a 3,18 quella per chi guadagna fino a 34.900 euro, mentre la quota normale dovrebbe essere del 9,18%, rischia di far mancare all’Istituto le risorse».Lei è critico anche sul taglio dell’adeguamento all’inflazione delle pensioni alte. Perché?«Intanto intendiamoci sul termine alto. Porre l’asticella a 10 volte la pensione sociale significa incidere sugli assegni di chi percepisce meno di 4.000 euro netti. Ma sono le pensioni di dirigenti, di persone che hanno pagato fino all’ultimo per una vita. A queste persone, che magari hanno 80 anni e non possono più fare nulla, si porta via il 10% del loro potere di acquisto, che è un’enormità. Queste categorie si vedono decurtare in dieci anni 120.000 euro: è ingiusto. Sono persuaso che sul mancato adeguamento fioccheranno decine di migliaia di ricorsi e stavolta c’è un’altissima probabilità che lo Stato perda. Dopo si deve reintegrare con tanto d’interessi».C’è quindi uno squilibrio sul versante del welfare?«Sì, c’è da tempo e si perpetua. Noi paghiamo già 4 milioni e mezzo di pensioni d’invalidità su 16 milioni di assegni e tra questi ce ne sono tanti che non hanno versato nulla. La legge di bilancio con l’assegno unico, i 100 euro di Tir (trattamento integrativo del reddito), con l’insistere sull’Isee che è uno degli indicatori più facili da truccare che io conosca, con i diversi bonus rende di fatto sconveniente lavorare in chiaro. Bisognerebbe raddoppiare lo stipendio per rendere il lavoro appetibile. Invece molti preferiscono lavorare in nero e tenersi i benefici».Siamo al reddito di cittadinanza bis?«Non è la follia dei 5 stelle che ci è costata 8 miliardi, ma non c’è del pari nessuna convenienza al lavoro. I soldi andavano messi per dare vantaggio alle aziende che assumono, per aumentare la produttività e gli investimenti. Invece si è scelta una prudenza che rende questa legge di bilancio simile a quelle che l’hanno preceduta. Serviva per esempio una riflessione sulla “silver economy”, sul come rendere produttivi gli anziani. Serviva una fiscalità di vantaggio per la sanità e la previdenza complementari. Ho sotto mano gli statini di Eurostat e ne ricavo che siamo maglia nera per debito pubblico, per deficit e che anche le speranze di crescita sono svanite. All’economia serve una scossa e in questa legge di bilancio, almeno dal lato previdenziale, non c’è».